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Shadi Fa e il racconto del suo mantra, ”Non siamo soli”: l’intervista

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Shadi Fa, rapper sardo di Cagliari attivo dal 1997, torna nel periodo più odiato e amato dell’anno con un brano intimo e riflessivo. A Natale, dove milioni di persone soffrono la solitudine, Shadi Fa ci regala Non siamo soli, un flusso di coscienza in chiave black music accompagnato dalla voce della cantante sarda Marzia. Il brano, fuori per Rockwilderz Entertainment e disponibile negli store digitali, esce accompagnato da un piccolo video reel curato da Leo Mase ed è prodotto da Clive Donovan con mix e mastering gurato da Kiquè Velasquez.

Non siamo soli parla del male del nostro tempo: l’insoddisfazione nel non apprezzare le cose che si hanno. Il brano racconta di quanto vorremmo cambiare le cose, di quanto vorremmo migliorare e di come ci si perde di fronte ai momenti difficili senza apprezzare o ricordarsi delle cose che realmente contano. Il brano cerca di lanciare un messaggio positivo e di dare speranza ricordando che esiste l’amore nelle piccole cose e che il mondo può essere un luogo positivo nonostante le difficoltà e le contraddizioni. Oggi su Honiro abbiamo cercato di capire di più sul progetto.

“Non siamo soli” è uscito proprio oggi. Quando lo hai scritto?

Ho scritto questo pezzo nel 2023, verso febbraio, marzo. Era un periodo un po’ buio della mia vita e anche quest’anno è stato un anno molto difficile e la musica è stata molto importante per me. Mi ha salvato, tenuto in piedi.

Il pezzo è molto riflessivo. Qual è il messaggio che vuoi far arrivare?

Il messaggio che alla fine vorrei far arrivare con questa canzone è un messaggio positivo. Potrei dire che il messaggio che lancio è d’amore. Nonostante ci si sente feriti dalle ingiustizie, dalla violenza, dall’indifferenza, dalle mille contraddizioni della vita, nonostante il malessere e le cose brutte che accadono dovremmo cercare di goderci e apprezzare quelle poche cose buone che abbiamo. Apparentemente è un messaggio semplice, ma è davvero difficile concentrarsi sulle cose positive quando si passa un brutto periodo. Ad ogni modo, con “Non siamo soli” volevo dire proprio questo. Spread love is the way, per una speranza di un mondo migliore.

Tu come riesci a vedere la luce in questo buio?

Purtroppo, non sempre riesco a vedere la luce, specie di questi tempi, ma l’unico modo è concentrarsi in quello che realmente conta. La mia forza sono le persone che ho vicino. L’Hip Hop mi ha sempre aiutato molto e diciamo che è la terapia migliore per trovare sempre quegli spiragli di luce in più.

Il brano lo ha prodotto Clive Donovan. Come vi siete conosciuti e come avete deciso di collaborare insieme?


Io e Clive (Andrea Ariu) ci conosciamo da qualche anno. Anche lui è sardo come me e vive qui a Londra. È un ragazzo giovane ed è molto talentuoso come producer. Collabora tanto con tutti noi della Rockwilderz a vari progetti. Era da un po’ che dovevamo fare qualcosa assieme e finalmente ci siamo riusciti.


Non siamo soli esce con un piccolo reel. Come mai non hai voluto fare un videoclip ufficiale?

L’idea di fare il video ufficiale c’era e a dire il vero potrebbe esserci ancora, ma per questioni di tempo, distanza e tutto non volevo far ritardare l’uscita del brano, dovendo aspettare di fare riprese e tutto; quindi, si è optato per un piccolo video reel che è stato più semplice da realizzare.


Stai lavorando a un nuovo disco?

Si sto lavorando al mio nuovo disco. Sono a buon punto e spero di poterlo pubblicare nel 2025. Tutto l’album sarà in collaborazione con Clive Donovan. Saranno tutte sue produzioni, e il pezzo “Non siamo Soli” credo sarà la bonus track del disco.

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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #25

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Un tuffo nel passato che sa di FUTURO, tra visione ed eloquenza. Protagonista della cover digitale Lumiero.

IL PRIMO GRANDE DISCO DI LUMIERO – LUMIERO

Un tuffo nel passato che sa di futuro, tra visione ed eloquenza, tra musicalità e parole incise nel cuore di chi ascolta. Uno dei progetti più rivoluzionari completa una raccolta di immagini che richiamano un mondo che non c’è più, ma di cui vorremmo ancora la sua linfa; il tutto condito dalle sfumature più sincere.

ASTRONAVE – OTTOBRE

Una diatriba con se stessi, ma anche con l’altro, tra sentimenti che spengono e sentimenti che riportano, in un modo o nell’altro, al calore che tanto si brama e che non sempre si riesce ad afferrare, tenere con sé. Sonorità dinamiche e d’impatto fanno da sfondo al vortice motivo dove l’unica arma è surfare.

FACCIAMO A META’ – EUGENIO IN VIA DI GIOIA

Ci sono cose che non si possono comprendere per intero. A volte bisogna proprio vederle ‘’a metà’’. Allo stesso modo, ciò che compone la nostra serenità non lo si vive nella sua interezza, ma un pezzo alla volta, nella sua semplice scansione quotidiana. Un inno a guardare con spontaneità ciò che ci circonda.

MI MANIFESTO – PAN DAN

Un mondo a cui si accede non con formalità o giri di parole, ma facendosi trasportare dalle vibrazioni di un’anima creativa, spontanea, che sperimenta ogni sfaccettatura della vita. Suoni eterei e parole come ‘’vox clamantis in deserto’’ presentano l’interezza dei luoghi interiori più reconditi.

7 MINUTI – KUZU, MONTAG, WISM (MENZIONE SPECIALE)

Sperimentazione e poesia si fondono per un flusso di coscienza fatto di immagini lucide, nitide, che illuminano quei tratti d’umanità di cui siamo fatti e che il sistema cerca di nasconderci. ‘’7 minuti’’ che diventano una colonna sonora di una vita intera, senza ripetizioni, senza ripensamenti.

NESSUNA – ALTEA

Uno dei progetti più freschi del panorama attuale ritorna con un manifesto intimo, profondo, speciale, dove raccontarsi e raccontare il ramificarsi della propria storia. Musica d’oltreoceano e poesie ‘’a cielo aperto’’ sono gli elementi di una realtà vista con occhi sensibili e maturi, senza veli e con una poetica umana.

VOCE – MADA

Quando si esprime con la propria ‘’voce’’ ciò che si cela nella nostra storia e nel nostro essere, non solo c’è una riscoperta, ma anche un unico flusso sonoro: la propria verità. Per quanto il mondo sovrasta la voce, c’è qualcosa di più nel volume della nostra vita. Imparare ad equilibrarlo rende tutto più semplice.

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.

Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.

“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.

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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha

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Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.


BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.

BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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