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“Kleos rappresenta un nuovo inizio musicale e di vita” leggi l’intervista a Irah

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Irah, pseudonimo di Davide Caucci (Napoli, 20 Marzo 1987), è un rapper Italiano, ex componente del gruppo musicale rap Keep it real.
Cresciuto nei quartieri popolari Puteolani provincia di Napoli, muove i suoi primi passi musicali come dj dell’ House music, ed ha sempre amato ricercare nuove sonorità e sperimentare generi musicali diversi, caratteristiche che lo portano man mano ad essere un fan della musica Jazz, soul e RnB. E’ nel 2007 che comincia ad approcciarsi ad una nuova cultura, non solo musicale ma di vita, l’Hip-Hop, ed è cosi che l’anno successivo entra a far parte di una writer’s crew “ECN”. Da questo momento in poi, l’amore per la musica diventa un obiettivo di vita, inizia a comunicare i suoi pensieri più profondi ed è cosi che decide di incidere e pubblicare i suoi primi brani, in questa follia coinvolge dj Slyde (altro compomente dell’ecn crew) il quale per lungo tempo diventerà il suo produttore di fiducia. Già con i primi brani “Napoli in Arte”, “To my brother” e “A forz ra music”, esce fuori la sua forte identità, ama raccontare il suo punto di vista, e a volte lo fa con rabbia e “Ira”.
Il progetto intrapreso con Dj Slyde, coinvolge un altro componente dell’ECN, Wiro, così i tre nel 2012 danno vita ad un “movimento musicale” KIR acronimo di “Keep it Real movement”, successivamente entra a far parte del gruppo Italo.
Con il passar del tempo l’evoluzione personale di Irah incide fortemente sulla sua vita artistica e musicale, avvicinandosi così ad un nuovo modo di comporre i suoi testi e utilizzando nuove soronità.
Esce il suo primo Ep ”Dedico”, in collaborazione con i due produttori dj Slyde e Antonio Senatore, il rapper Wiro e i cantanti Valentina Conte e Sebastian. Contemporaneamente nel collettivo KYR, si lavora ad un importante disco, “Fallo realmente vol.1”, che vede una serie di collaborazioni con i più disparati artisti della scena Hip-Hop locale e internazionale (Dj Uncino, Morfuco, Tonico70, Marcello Coleman, Sabsista, Maeki Maii, Leli K-Lidas…).
Successivamente inizia a collaborare con Italo, per dar vita ad un nuovo lavoro che purtroppo non verrà portato a termine a causa di incomprensioni e continue discussioni con il gruppo che fanno venir meno l’unione che li legava, questi motivi portano Irah a prendere una difficile decisione, quella di lasciare la KIR inizia così la sua carriera da solista. Lo abbiamo contattato per farci quattro chiacchiere, buona lettura!

Ciao Irah, presentati agli utenti di Honiro Journal
Ciao a tutti mi chiamo Davide, in arte Irah sono un rapper cresciuto nei quartieri popolari Puteolani in provincia di Napoli, amo la musica jazz, soul e RnB, e per questo mi reputo un artista a cui piace miscelare vari stili musicali al rap.

Vieni dalla periferia di una città importante, artisticamente parlando, come Napoli. Quanta ispirazione trovi nelle tue canzoni nel contesto urbano partenopeo?
Come disse il grande Pino: “Napoli è mille culure” quindi è facile trovarvi ispirazione, almeno per me è così.
E’ una città che parla di se in ogni aspetto, regalando paesaggi mozzafiato, una storia culturale artistica piena, ed uno stile di vita che non si ritrova altrove.

“Kleos” è l’inizio della tua carriera solista, diciamo la prova del 9. Ti senti pronto a nuotare nell’oceano della musica Italiana?
Più che nuotare nell’oceano della musica Italiana penso che in più occasioni mi ritroverò a far i conti con me stesso mettendomi continuamente alla prova, l’obiettivo é quello di esprimere con realtà ciò che sento componendo brani che abbiano un contenuto significativo cercando di non sfociare nella banalità.

Il singolo è rappato in dialetto napoletano, non credi possa essere un deterrente per chi non lo conosce?
Beh potremmo dire lo stesso per le canzoni cantate in Inglese, non tutti le capiscono eppure vengono apprezzati dal grande pubblico.
Oramai sono tanti gli artisti che hanno utilizzato il napoletano nella propria musica e sono diverse le canzoni che hanno riscosso successo a livello internazionale, quindi non penso che il dialetto napoletano possa essere un deterrente.

“Kleos” è l’inizio di un progetto musicale?
In realtà Kleos per me rappresenta non solo un nuovo inizio musicale ma di vita, e racconta di come ci si possa rialzare dopo una brutale caduta, quindi Kleos non é un punto di arrivo ma di partenza. La base musicale è stata realizzata da Agro, il titolo, invece, prende spunto dalla regina di Egitto Cleopatra, che nel video è stata interpretata dalla bourlesque dancer Roby Roger.

Facciamo un gioco, ci trasformiamo nel genio della lampada e ti diciamo che oggi puoi esprimere 3 desideri, quali scegli?
In questo periodo di crisi non voglio essere avido, mi accontento di due desideri: ossia di arrivare ad un pubblico più ampio e di collaborare con Artisti di spessore !!

Svelaci qualcosa in anteprima
Per il futuro ho intenzione di dedicarmi a dei singoli ben curati, quindi non si parla di un album, ma di un vero e proprio concept. I miei lavori saranno comunque collegati tra di loro per le tematiche trattate, le sonorità utilizzate, creando così una vera e propria storia

Saluti
Un saluto a tutti i lettori di Honiro Journal

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.

Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.

“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.

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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha

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Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.


BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.

BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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Afu-Ra presenta ”The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito”. Un ponte tra New York e l’Italia

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Afu-Ra non ha bisogno di presentazioni. Membro storico della Gang Starr Foundation, voce riconoscibile ovunque e custode di una tradizione che mescola spiritualità, tecnica e consapevolezza, oggi sorprende tutti scegliendo l’Italia come cuore pulsante del suo nuovo progetto: The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito.


L’artista racconta che questa direzione è nata “in modo naturale”, lavorando fianco a fianco con il collettivo italiano Smooke Out, che nel tempo è diventato una vera famiglia. Per Afu-Ra, l’Italia rappresentava un debito creativo mai realmente esplorato: “Mi supportate da sempre. Non avevo ancora fatto un progetto interamente per voi, con i vostri produttori, i vostri artisti, sulla vostra terra. Adesso era il momento.”
E infatti l’EP è un crocevia di talenti. Tra i produttori e gli artisti coinvolti spiccano nomi come DJ Jad (Articolo 31), Inoki, Bunna (Afriche Unite), Smooke Out, Maury B, Moder, Ladycat, MC Shark, Principe, Eugy (Bull Brigade), Kiffa, Dope One, Gianni KG, 1_44_98, gli scratch di Dj Zarra, Zorlak con produzioni firmate anche da DJ Trashnikov, Bella Espo, Fuso e Smooth e, nel brano Fort of Rebellion, le chitarre di Luca Morellato

Un cast multiforme che permette all’EP di spaziare tra hip hop, reggae, elettronica, rock, atmosfere classiche e venature sperimentali, mantenendo però la cifra spirituale e viscerale che da sempre contraddistingue Afu-Ra.
Il titolo racchiude l’essenza del progetto: The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito è la somma delle due anime dell’artista — la ricerca interiore del monaco e la forza istintiva del lupo. È una metafora di equilibrio, vulnerabilità e protezione. “Siamo tutti un po’ monaci e un po’ lupi”, racconta Afu-Ra. “L’Italia stessa ha questo doppio volto: spirituale e selvaggia. È per questo che qui mi sento a casa.”
Più che competere con la sua storia passata — con brani entrati nell’enciclopedia dell’hip hop — Afu-Ra preferisce definire questo EP come un atto d’amore: una scelta di gratitudine, non di confronto.
Un progetto che parla al pubblico italiano, pensato per ispirare e per restituire qualcosa a chi lo ha accompagnato per una vita intera.

Vinili e merch: Un mondo che fa oltre al disco.

Per Afu-Ra The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito non è solo un EP: è un oggetto, un’esperienza, un gesto di presenza fisica. Non stupisce quindi che tutta la parte del merch sia stata pensata come un’estensione naturale del progetto, quasi un rituale da vivere con le mani, con il respiro, con il corpo.
La prima cosa che colpisce è la scelta dei vinili. Afu-Ra non si è limitato a una semplice versione standard: ha voluto due identità visive, due anime che dialogano tra loro proprio come il monaco e il lupo del titolo. Da una parte un vinile nero, solido, essenziale, con quella profondità quasi meditativa tipica del suo immaginario. Dall’altra un vinile ambra, luminoso, caldo, più istintivo. Si possono acquistare separatamente oppure come coppia, e visti insieme sembrano già raccontare una storia prima ancora di metterli sul piatto.
Ma il cuore vero del merch è il Meet & Greet Experience Package, che non è “merchandising” nel senso tradizionale: è un piccolo rito. Chi lo acquista non trova solo gadget o collezionabili, ma entra in un momento personale con Afu-Ra: una lezione di respirazione asiatica, praticata dal vivo, il pomeriggio prima del live o la mattina successiva. È un frammento del suo percorso spirituale condiviso in modo diretto, un modo per capire da vicino l’origine delle energie che hanno dato forma all’EP.
Dentro il pacchetto ci sono anche oggetti fisici pensati come tappe di questo percorso:
un vinile rosso in edizione speciale, il CD, una shopper con grafiche dedicate, e una t-shirt del progetto. Tutto coordinato, tutto legato al concept, tutto costruito perché chi lo prende possa portarsi a casa un pezzo concreto dell’universo di The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito.
È un modo di riportare la musica alla sua dimensione più umana: non solo streaming, ma contatto, atmosfera, presenza. E Afu-Ra, con la calma del monaco e la determinazione del lupo, ha deciso di offrirlo proprio qui, in Italia.

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