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Indra racconta “Sereno” ad Honiro Journal

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Indra ha raccontato a noi di Honiro Journal qualcosa di sé, della sua storia e del suo vissuto, svelandoci il significato di “Sereno”, il suo nuovo brano. Ci ha parlato di come si sia avvicinato alla musica e quali sia il messaggio che vuole mandare grazie a questo pezzo.

Ciao Indra! Presentati ai lettori di Honiro Journal
Salve a tutti lettori di Honiro! mi chiamo Cristian, ho quasi 21 anni e vengo da Parma. 

Ti andrebbe di raccontarci la storia del tuo nome d’arte, come è nato e perché lo hai scelto? 
Indra è il nome che ho scelto per la strada che ho deciso di percorrere. Indra è un’importante divinità della religione induista, significa “Signore” ed è a tutti gli effetti un Dio guerriero. Ma se le mie ragioni di scelta finissero qua, sarebbe una noia mortale. 

Indra infatti è un’entità iraconda, amante delle donne ed è solito ubriacarsi prima delle battaglie. Dopo le sue bevute spesso diventa violento e distrugge ogni cosa lo disturba ma, nonostante ciò è considerato una divinità saggia e viene ammirato e venerato da tantissimi credenti. È anche citato in Naruto, anime giapponese a cui sono particolarmente affezionato. Insomma, mi piace rispecchiarmi in lui, e mi piace pensare di condividere un carattere comune. Indra è colui che per natura va contro tutto ciò che è l’ordine, mi sembra l’essere perfetto quindi a cui ispirarsi per qualsiasi provocazione voglia scrivere nei testi delle mie canzoni. 

Come ti sei avvicinato al mondo della musica? Da che età hai iniziato a pensare di intraprendere questa strada? 
La musica mi ha sempre affascinato, e sono passato dal pensare di non poter mai riuscire a fare una canzone, al pensare invece di poterci provare, qualche anno fa, tra i 18 ed i 19 anni. Ci ho provato, mi sono piaciuti i risultati ed ho deciso di continuare. Facile no? 

Sappiamo che “Sereno” è il tuo nuovo singolo, come mai proprio questo titolo? 
“Sereno” è lo stato d’animo che mi sarebbe piaciuto avere nel periodo di scrittura della canzone. Dato che appunto stavano andando male diverse cose, dalla famiglia, ai primi approcci all’università e a un brutto due di picche ,ad infine il pessimo periodo di quarantena con cui si era costretti a convivere.

Da dove nasce questo brano? C’è stata un’ispirazione particolare? Cosa vuoi che racconti e che trasmetta a chi lo ascolta? 
Questo brano nasce quindi dalla mente di un ragazzo come tanti, stufo di tale periodo, che cerca di liberarsi come meglio può dalle situazioni prima citate. Mi piacerebbe che la mia canzone venga ascoltata immedesimandosi nella mia persona, cosa che penso non sia troppo difficile dato che tutti, chi piú gravi, chi meno gravi, abbia da affrontare dei problemi, delle difficoltà, soprattutto in questo periodo noioso. 

“Pian piano son sereno anche se qualcosa manca” In un momento così difficile come quello che ormai stiamo affrontando da tempo mancano molte cose e riuscire a trovare la serenità e un equilibrio è qualcosa di importante. Tu come ci riesci? Quanto aiuta la musica in questo periodo? 
Penso non sia facile essere completamente sereno. L’essere umano durante la vita si scontra continuamente con situazioni scomode, con dei problemi. E dove non ci sono, molto spesso arriva a crearseli. Io stesso non credo di aver raggiunto la completa serenità, ma ci sto lavorando. 

Sicuramente porsi degli obiettivi e cercare in tutti i modi di rispettarli può aiutare a distrarsi da tutto ciò che è fastidioso. Se ti poni appunto dei buoni obiettivi e fai le giuste scelte, piú avanti verrai sicuramente ripagato e ti sentirai piú sereno! La musica aiuta sempre, ma questo in qualsiasi situazione, esiste una playlist su Spotify per qualsiasi tuo stato d’animo. Se volete stare un po’ piú sereni, la mia canzone è quello che fa per voi! 

“Voglio andare sempre più lontano” ti andrebbe di anticipare a noi di Honiro Journal e ai nostri lettori i tuoi progetti futuri, dove ti piacerebbe arrivare?
Beh sicuramente sono in programma altre canzoni, non intendo fermarmi alla terza. Proverò a buttare fuori idee sempre piú elaborate e apprezzabili, si spera. Mi piacerebbe davvero trovare una strada da percorrere, migliorando e crescendo sempre di piú. Ovviamente mi auguro il meglio, tanta fortuna ed un futuro promettente, come penso faccia chiunque emergente nella mia situazione. Dopo tutto se non ci credi tu a quello che fai, chi ci deve credere per te?

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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

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In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.

Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.

The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.

Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.

Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.

Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.

C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.

Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.

C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.


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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata ”Calma”, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno

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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata Calma, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno per Honiro Label

Come scriveva il buon Pascal, il divertissement ci distrae dalla fatica di vivere il mondo, dalla noia asfissiante e da quelle domande che sanno inglobare i pensieri in una matrioska infinita e spesso fuorviante. Quindi, da qui nasce il desiderio di rimanere dentro la frenesia, che, allo stesso tempo, logora ogni parte della nostra anima. Tra sonorità pop e folk, l’artista compie un delicato viaggio di crescita in cui non si cerca necessariamente una soluzione del paradosso, ma di trovare nella baraonda uno spiraglio di serenità.‘’Ho scritto ‘’Calma’’ volendo comunicare il mio bisogno di essere sempre attivo, fare qualcosa, tenere la mente e il corpo mai fermi, perché anche un breve momento di nulla porta la mia testa a fare pensieri infiniti in loop, che non finiscono mai. Però, allo stesso tempo, vorrei respirare. Vivo dentro un paradosso dal quale non riesco ad uscire, dove rimango con lo stesso caos da cui vorrei scappare’’ – ci racconta l’artista.

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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e ”zero ore di sonno”, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno

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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e zero ore di sonno, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno per Honiro Label e Luppolo Dischi.

Un percorso che non è mai a senso unico, tra la vita di tutti i giorni che teletrasporta le nostre emozioni da un estremo all’altro e il desiderio di andare oltre, immedesimarsi in un dopo che ancora non vediamo, ma che ci spinge sempre a migliorarci, a crescere. Con atmosfere teen pop e una penna marcatamente gen z, sedici riesce a mettere a nudo non solo le sfide che si affrontano nel ‘’diventare grandi’’, ma anche quell’energia che riesce a rendere ogni esperienza unica nel suo genere, che dà la forza di conquistare il mondo.

“0 ore di sonno” è il manifesto della mia età, del mio stile di vita, e della mia musica. Giorni che si mescolano alle notti, ore passate a scrivere canzoni, a vivere, a rincorrere emozioni. Alla mia età ci sono giorni in cui non si dorme, e altri in cui si dorme di giorno per recuperare, perché la notte è troppo piena di idee, pensieri, storie da raccontare. Da una parte racconto l’ansia del futuro, dall’altra la voglia di prendersi il mondo. Abbiamo tutto il tempo e il dovere di farlo. – ci racconta l’artista.

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