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I TOOLBAR CI RACCONTANO IL LORO NUOVO SINGOLO “IGLOO”: “La musica ha anche il compito di far riflettere”
I TOOLBAR sono tornati il 19 luglio con “IGLOO”(Fiabamusic/ADA Music Italy) il loro nuovo singolo disponibile su tutti i digital stores. Questo brano, che anticipa il primo album in uscita della band, unisce sonorità e generi musicali diversi tra loro, dando vita ad un sound che si intreccia sempre più con la narrativa del pezzo.
Chi meglio dei TOOLBAR potevano raccontarci IGLOO? Noi di Honiro Journal abbiamo intervistato il loro frontman!

“Igloo” racconta il conflitto interiore insito nei giovani d’oggi, molto spesso il mondo ci ha fatto diventare “indifferenti”, come si riesce ad avere il coraggio, anche tramite l’arte, di esprimere le proprie idee?
Penso che questo tocchi in particolare le nuove generazioni, c’è chi è più e chi meno cosciente rispetto questa indifferenza. Io ho semplicemente lasciato andare la mia rabbia sui fogli, sentivo di aver bisogno di liberarmi di molte emozioni. “Igloo” prende vita come un singolo che vuole interpretare quella rabbia che abbiamo noi giovani nei confronti delle vecchie generazioni che ci hanno lasciato un mondo “in rovina” e di conseguenza ci hanno lasciato sulle spalle anche il senso di responsabilità di riuscire a cambiare qualcosa. Ciò che possiamo fare con la musica è indubbiamente guardarci dentro e renderci conto che alcune volte anche noi siamo inconsapevolmente artefici di alcune difficoltà della società che combattiamo ogni giorno. Mi spiego meglio, la musica potrebbe servire per esorcizzare il demone della violenza, del protagonismo, per farci rendere conto di come, molte volte, ci sentiamo maledettamente importanti da mettere sempre noi stessi al primo posto.
È importantissimo inoltre che la denuncia non precluda lo stare meglio, su questo argomento ci sarebbero veramente mille punti di vista da analizzare ma credo che, alla fine, sia importante pensare come il segno più significativo che possiamo lasciare a questo mondo sia aumentare la coscienza e consapevolezza delle nuove generazioni, la musica ha anche il compito di far riflettere.
Come si legge nel comunicato stampa, il pezzo è intenso ma allo stesso tempo autoironico. Quanto è importante questa sfumatura nella vostra musica o in generale nella vita?
Ha un ruolo veramente fondamentale, alleggerisce molto la vita di tutti i giorni, se facessimo di tutti i nostri difetti un problema, a quel punto si che sarebbe un problema! Sdrammatizzare una difficoltà o vederla da un punto di vista differente può sempre aiutare. Questo pezzo è anche molto autocritico, la denuncia è abbastanza esplicita, l’autoironia si trova nel modo in cui lo abbiamo musicato e nel modo in cui abbiamo trovato le melodie con l’intenzione che sembrassero colorate, quasi giocose.

Lo stesso titolo del brano, “Igloo” vuole metaforicamente rappresentare la bolla in cui ci si ritrova rinchiusi nei momenti di difficoltà. Come credete che la vostra musica possa aiutare a scoppiare questa bolla, a far evadere dai momenti di difficoltà chi la ascolta?
Una bolla che si è ghiacciata tanto siamo tristi a volte! Mi sono reso conto come, a volte, ci sentiamo troppo importanti, sia nella vita degli altri, sia nella nostra stessa vita, imparare ad aiutare chi sta peggio di noi o chi ne ha bisogno potrebbe sicuramente aiutare a scoppiare questa bolla.
Se non sbaglio c’è anche in programma un progetto più ampio in uscita prossimamente, vi andrebbe di anticiparci liberamente cosa dobbiamo aspettarci?
Sarà molto variopinto, mostrerà tutte le sfaccettature della nostra personalità, compresa la nostra sfacciataggine. Vorrei dire una cosa in particolare: sarà da ascoltare come se fosse l’unico album che faremo uscire.
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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #25
Un tuffo nel passato che sa di FUTURO, tra visione ed eloquenza. Protagonista della cover digitale Lumiero.
IL PRIMO GRANDE DISCO DI LUMIERO – LUMIERO
Un tuffo nel passato che sa di futuro, tra visione ed eloquenza, tra musicalità e parole incise nel cuore di chi ascolta. Uno dei progetti più rivoluzionari completa una raccolta di immagini che richiamano un mondo che non c’è più, ma di cui vorremmo ancora la sua linfa; il tutto condito dalle sfumature più sincere.
ASTRONAVE – OTTOBRE
Una diatriba con se stessi, ma anche con l’altro, tra sentimenti che spengono e sentimenti che riportano, in un modo o nell’altro, al calore che tanto si brama e che non sempre si riesce ad afferrare, tenere con sé. Sonorità dinamiche e d’impatto fanno da sfondo al vortice motivo dove l’unica arma è surfare.
FACCIAMO A META’ – EUGENIO IN VIA DI GIOIA
Ci sono cose che non si possono comprendere per intero. A volte bisogna proprio vederle ‘’a metà’’. Allo stesso modo, ciò che compone la nostra serenità non lo si vive nella sua interezza, ma un pezzo alla volta, nella sua semplice scansione quotidiana. Un inno a guardare con spontaneità ciò che ci circonda.
MI MANIFESTO – PAN DAN
Un mondo a cui si accede non con formalità o giri di parole, ma facendosi trasportare dalle vibrazioni di un’anima creativa, spontanea, che sperimenta ogni sfaccettatura della vita. Suoni eterei e parole come ‘’vox clamantis in deserto’’ presentano l’interezza dei luoghi interiori più reconditi.
7 MINUTI – KUZU, MONTAG, WISM (MENZIONE SPECIALE)
Sperimentazione e poesia si fondono per un flusso di coscienza fatto di immagini lucide, nitide, che illuminano quei tratti d’umanità di cui siamo fatti e che il sistema cerca di nasconderci. ‘’7 minuti’’ che diventano una colonna sonora di una vita intera, senza ripetizioni, senza ripensamenti.
NESSUNA – ALTEA
Uno dei progetti più freschi del panorama attuale ritorna con un manifesto intimo, profondo, speciale, dove raccontarsi e raccontare il ramificarsi della propria storia. Musica d’oltreoceano e poesie ‘’a cielo aperto’’ sono gli elementi di una realtà vista con occhi sensibili e maturi, senza veli e con una poetica umana.
VOCE – MADA
Quando si esprime con la propria ‘’voce’’ ciò che si cela nella nostra storia e nel nostro essere, non solo c’è una riscoperta, ma anche un unico flusso sonoro: la propria verità. Per quanto il mondo sovrasta la voce, c’è qualcosa di più nel volume della nostra vita. Imparare ad equilibrarlo rende tutto più semplice.
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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre
In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.
Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.
“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.
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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha
Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.
BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.
BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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