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Junior Cally: meteora o prossima nuova colonna portante del rap italiano?

Junior Cally “L’unico volto tra le maschere” rappa Junior Cally in Guantanamo, suona un po’ strano detto da qualcuno che canta dietro una maschera antigas non facendosi mai vedere senza. Junior Cally sembra colui che tutti aspettavano da tempo, cosicché numerosissimi fan in pochi mesi hanno iniziato a seguirlo facendo volare le visualizzazioni dei suoi video. Il perché della maschera è una domanda che è nata in molti “È facile colpire l’attenzione dalla copertina- motiva/dice Cally su un post di instagram- ma quando riesci a colpire il cuore di qualcuno con la musica: senza aiuti, senza spinte, senza soldi, beh, direi che lo stai facendo bene davvero”. Junior Cally nasce nella capitale, si appassiona al rap ed inizia a mettersi in gioco da gennaio 2017: “Da quel giorno le cose sono cambiate e cambieranno sempre di più” dice in un’intervista. Il primo singolo firmato Junior Cally è “Alcatraz”, seguito da “Guantanamo” e da altri singoli per arrivare poi a “Strega” uscito il 5 settembre correlato di video che vanta 600.000 visualizzazioni.
L’ultimo singolo di Junior Cally si intitola “Magicabula”, dalla produzione di Theodor Malkova: produttore che possiamo ritrovare nella maggior parte dei singoli di JC.
Questo pezzo rappresenta un dissing a tutti i componenti della scena, pura autocelebrazione “Prendo quel mic, tu prega il Signore, fate i gra-grandi, […], mi chiedi poi il feat, ti killo così male che muore la madre del tuo producer”. Un immenso bisogno di rivincita e di far sapere a tutti di avercela fatta, è questo il fulcro di Magicabula.
Moltissimi artisti provengono dalla capitale e tutti, o quasi, la descrivono esaltandone la bellezza, tutti escluso Junior Cally. Proprio nella stessa Magicabula rappa “Lascio sta Roma alle spalle, tutti ‘sti rapper tutti tentacoli” e scrive qualche tempo fa su Facebook “Roma è un po’ come un carcere, un po’ come guantanamo, tutti ti danno contro se sei l’ultima ruota del carro, appena vedono che stai iniziando a fare i primi numeri, corrono a leccarti il …” Junior Cally: meteora o prossima nuova colonna portante del rap italiano?
Di Claudia Biasci
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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.
Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.
The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.
Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.
Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.
Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.
C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.
Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.
C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.

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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata ”Calma”, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno

Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata Calma, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno per Honiro Label.
Come scriveva il buon Pascal, il divertissement ci distrae dalla fatica di vivere il mondo, dalla noia asfissiante e da quelle domande che sanno inglobare i pensieri in una matrioska infinita e spesso fuorviante. Quindi, da qui nasce il desiderio di rimanere dentro la frenesia, che, allo stesso tempo, logora ogni parte della nostra anima. Tra sonorità pop e folk, l’artista compie un delicato viaggio di crescita in cui non si cerca necessariamente una soluzione del paradosso, ma di trovare nella baraonda uno spiraglio di serenità.‘’Ho scritto ‘’Calma’’ volendo comunicare il mio bisogno di essere sempre attivo, fare qualcosa, tenere la mente e il corpo mai fermi, perché anche un breve momento di nulla porta la mia testa a fare pensieri infiniti in loop, che non finiscono mai. Però, allo stesso tempo, vorrei respirare. Vivo dentro un paradosso dal quale non riesco ad uscire, dove rimango con lo stesso caos da cui vorrei scappare’’ – ci racconta l’artista.
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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e ”zero ore di sonno”, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno

Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e zero ore di sonno, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno per Honiro Label e Luppolo Dischi.
Un percorso che non è mai a senso unico, tra la vita di tutti i giorni che teletrasporta le nostre emozioni da un estremo all’altro e il desiderio di andare oltre, immedesimarsi in un dopo che ancora non vediamo, ma che ci spinge sempre a migliorarci, a crescere. Con atmosfere teen pop e una penna marcatamente gen z, sedici riesce a mettere a nudo non solo le sfide che si affrontano nel ‘’diventare grandi’’, ma anche quell’energia che riesce a rendere ogni esperienza unica nel suo genere, che dà la forza di conquistare il mondo.
““0 ore di sonno” è il manifesto della mia età, del mio stile di vita, e della mia musica. Giorni che si mescolano alle notti, ore passate a scrivere canzoni, a vivere, a rincorrere emozioni. Alla mia età ci sono giorni in cui non si dorme, e altri in cui si dorme di giorno per recuperare, perché la notte è troppo piena di idee, pensieri, storie da raccontare. Da una parte racconto l’ansia del futuro, dall’altra la voglia di prendersi il mondo. Abbiamo tutto il tempo e il dovere di farlo. – ci racconta l’artista.
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