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CanovA ci racconta “Benedetto l’inferno” il suo nuovo singolo con Gianna Nannini e Rosa Chemical: “Voglio creare qualcosa di sorprendente”

E’ disponibile da venerdì 7 gennaio, “BENEDETTO L’INFERNO” (Columbia Records/Sony Music Italy), il nuovo singolo di CanovA feat. Gianna Nannini e Rosa Chemical.
Dopo aver lanciato il suo nuovo progetto artistico con “Sorpresa”, nato dalla collaborazione con Nayt, nonché versione speciale del brano del rapper contenuto nel suo ultimo album DOOM, “Benedetto l’inferno” prende vita dall’incontro tra CanovA, la regina del rock e uno degli artisti più poliedrici e richiesti degli ultimi anni. Il producer ha messo insieme due anime esplosive, a prima vista molto diverse, che hanno generato una traccia passionale e travolgente.
Chi meglio dello stesso CanovA poteva raccontarci la genesi di “Benedetto l’inferno” e tutto il percorso artistico che lo ha portato alla realizzazione di questo suo nuovo progetto? Noi di Honiro Journal lo abbiamo intervistato!

Sappiamo che “Benedetto l’inferno” assieme alla nuova versione di “Sorpresa” è uno dei tasselli che andrà a comporre il grande mosaico del tuo nuovo progetto. Ti andrebbe di raccontarci qual è la tua idea e come è nata l’ispirazione per un lavoro di questo tipo?
L’idea di questo progetto è nata tempo fa. Durante il lockdown del 2020 ho costruito uno studio in casa e questo mi ha portato ad espormi maggiormente sui social, raccontando tecnicamente il mio lavoro e mostrando tutte le sfaccettature della mia professione.
In particolare, ho iniziato due impegni settimanali che sto continuando tutt’ora. Ogni giovedì ascolto i pezzi dei ragazzi che vogliono farmi sentire la loro musica e do loro dei consigli. Ogni martedì invece faccio ascoltare le sessioni originali di Pro Tools dei brani che ho realizzato in passato con artisti come Giorgia, Tiziano Ferro, Marco Mengoni, ecc… Mostro traccia per traccia l’evoluzione della produzione, facendo vedere come si arriva alla versione definitiva del brano.
Queste iniziative mi hanno avvicinato a Maria de Filippi e a collaborare con la scuola di “Amici”. Mi interfaccio a distanza con gli artisti e lavoro alla produzione dei loro brani. Queste esperienze mi hanno fatto capire che in vent’anni di carriera “dietro le quinte” ho curato a 360° molti progetti, ma sempre di altri artisti. Così è nata l’idea di crearne uno tutto mio. In questo lavoro coinvolgerò personalità del mondo musicale con cui ho già collaborato, ma anche artisti con cui non avevo ancora avuto il piacere di lavorare, come è stato con Nayt per la nuova versione di “Sorpresa”.
Come è nata l’idea di far incontrare due anime così diverse come Gianna Nannini e Rosa Chemical nello stesso brano?
Volevo unire in un unico pezzo degli artisti apparentemente molto lontani tra loro, per creare qualcosa di sorprendente e inaspettato. Ho conosciuto Gianna Nannini nel 2006, ho lavorato a diversi suoi dischi. Stavo producendo “Diamante” ed ero in studio con lei e Francesco De Gregori. In quel momento ho avuto l’idea di far ascoltare a Gianna “Polka” di Rosa Chemical, artista con cui avevo collaborato poche settimane prima. Gianna si è innamorata immediatamente della personalità artistica e dei brani di Rosa. Dall’energia del loro incontro si è creato “Benedetto l’inferno”, il brano è nato in sole 4 ore!
CanovA, in “Benedetto l’inferno” Gianna Nannini afferma “devi cadere in basso per tornare più su”. Il tuo lavoro porta sicuramente a grandi soddisfazioni, spesso però molte persone non si accorgono di tutti i sacrifici e le rinunce che sono fondamentali per avere una carriera come la tua. Qual è un aspetto che pensi il pubblico non conosca del tuo lavoro?
Le persone non possono immaginare che si stia, soprattutto per la prima parte di questa professione, moltissime ore in studio al giorno, compreso il sabato e la domenica. C’è tanto da imparare tecnicamente, c’è molto da sacrificare ma, personalmente, essendo sempre stata una grande passione, a me questo non è mai dispiaciuto. Paradossalmente, quando non ero in studio, avvertivo la mancanza di fare musica.
Credo che il pubblico non sappia quanto tempo ci voglia per imparare come registrare propriamente una voce, una chitarra, ma anche semplicemente conoscere l’armonia e saper suonare gli accordi in modo corretto. Arrangiare e accompagnare un brano musicale è il traguardo che arriva dopo un lungo percorso, dopo anni passati ad imparare a conoscere gli strumenti, gli amplificatori. In ogni processo creativo poi, è fondamentale avere una mente più aperta possibile, in modo da poter imparare da tutto e da tutti.

Una carriera come la tua non può che derivare da una grandissima passione, da qualcuno che fa le cose con il cuore. Questa è una cosa che ultimamente si è un po’ persa. Molti giovani fanno cose per farle e non mettendoci davvero sentimento, che consiglio daresti ai ragazzi per inseguire la loro strada con passione? Come si trova o si ritrova questa passione?
La passione si incontra o si rincontra nel tempo. In questo periodo noto che le persone che fanno musica decidono di intraprendere questa strada perché veramente ci credono e veramente nella loro vita vogliono fare questo.
Non c’è momento migliore di oggi per trovare o ritrovare la passione ed imparare da soli, anche da autodidatti. YouTube, ad esempio, è un database formidabile. Certo, bisogna saper scegliere i tutorial validi, ma fino a qualche anno fa piattaforme simili non erano nemmeno a disposizione. Mi sembra un buon periodo per cominciare a cercare e coltivare questa passione.
Io stesso, grazie ai miei canali social, mi imbatto in tantissimi giovani che hanno voglia di esprimersi, di confrontarsi, di far ascoltare la propria musica. Il consiglio che posso dare per iniziare è di acquistare il minimo indispensabile e cominciare a fare musica, ormai abbiamo degli strumenti e dei mezzi che lo permettono.
A proposito di passione, in un mondo ormai così tecnologico e frenetico quanto è importante per un produttore e in particolar modo per te, cercare e mantenere l’aspetto umano della musica, l’emozione?
Penso che siamo riusciti a valorizzare questa importante sfaccettatura della musica durante il lockdown. Nel periodo che ormai tutti conosciamo bene, noi musicisti, come anche tutto il resto del mondo, siamo stati costretti a lavorare e collaborare da remoto. All’inizio in questa modalità si potevano trovare anche dei vantaggi, ma dopo un anno e mezzo di sessioni portate avanti in questo modo, abbiamo molta nostalgia del contatto umano, ci mancano le emozioni che si provano dal vivo, la magia che si respira all’interno di uno studio.
Oggi giorno i ritmi sono fulminei, dopo una media di sei ore il pezzo deve essere pronto, il lavoro in studio è quindi diventato una sorta di performance. Nei brani chiusi a distanza c’è sicuramente molto sentimento, ma penso siano un po’ privi di quell’anima che avrebbero potuto avere se creati dal vivo.
Guardando la lista di tutti i grandi artisti con i quali hai collaborato si prova un’emozione incredibile. Tu che emozione provi a sapere di aver fatto arrivare la tua musica a così tante persone? Che effetto ti fa?
La mia fortuna è stata quella di pensare di fare musica per me stesso, per mia passione e mia esigenza. Il mio lavoro deve tener conto di molti parametri: le tendenze musicali, la struttura delle canzoni e altri aspetti che variano molto con il passare del tempo. Non mi sono mai posto grandi pressioni dal punto di vista artistico ma quando collabori con altri grandi nomi è naturale desiderare che il risultato sia il migliore possibile. Ho sempre creato la musica che mi sarebbe piaciuto sentire, quindi sapere che la ascoltano e la apprezzano anche molte altre persone è un immenso piacere.

CanovA, ci hai raccontato “Benedetto l’inferno” e questo tuo nuovo progetto, volendo riavvolgere il nastro e tornare un attimo agli inizi, Come ti sei avvicinato al mondo della musica? Qual è stato il momento in cui hai compreso che eri sulla strada giusta e che questa sarebbe stata la tua vita?
Gli inizi sono stati a Padova, quando all’età di 10 anni ho deciso di intraprendere un percorso di musica classica. In seguito mi sono iscritto al conservatorio Cesare Pollini dove mi sono appassionato in particolar modo al violino. Ho deciso di convertire l’affitto del mio pianoforte nell’acquisto di una tastiera, e da lì è iniziato il vero e proprio viaggio. Si faceva sempre più viva l’idea di unire la musica alla mia altra passione, l’informatica. A sedici anni ho iniziato a conoscere i primi software e sono riuscito a costruirmi il mio primo, piccolo, studio.
Poco tempo dopo, la voglia di fare musica ha iniziato a crescere sempre di più, nonostante io non fossi nemmeno a conoscenza che questa potesse essere una vera e propria professione. Così, ho incominciato a fare i primi dischi. Poi, casualmente, ho incontrato Leandro Barsotti, che mi ha chiesto se volessi partecipare ad un suo disco. Questo mi ha portato a conoscere Mara Maionchi e Salerno, i primi produttori esecutivi di Leandro. È stato quello il momento in cui ho capito che questa poteva davvero essere la mia strada. A 19 anni, per la prima volta, mi sono ritrovato in un vero e proprio studio di registrazione. Mi sono innamorato ancor di più della musica quando ho capito che sarebbe potuta diventare il mio lavoro.
Ora che sei arrivato dove sei arrivato e dove probabilmente anni fa sognavi di arrivare, c’è qualcosa che ti manca di quando eri all’inizio? Qualcosa di cui hai particolarmente nostalgia?
Provo molta nostalgia nei confronti di Padova, la mia città natale. Quando ci sono tornato, pochi mesi fa, mi ha fatto particolarmente piacere rincontrare tutti i miei amici del liceo e tutte le persone che avevano caratterizzato la mia adolescenza. Da ragazzi si tenta in tutti i modi di “evadere” dal proprio mondo, dal posto in cui si è nati, per raggiungere Milano o altre grandi realtà, ma quando poi questo accade ne nasce una nostalgia molto forte.
Avrei anche l’idea di realizzare, proprio a Padova, un’università della musica e inventare qualcosa di nuovo per i ragazzi che vogliono intraprendere questa strada. Ho notato che ora c’è molto movimento per quel che riguarda questo campo, andrebbe coltivato il talento di molti giovani.
Quali sono gli aspetti delle tue origini che hanno maggiormente influenzato la tua musica? Dato che attualmente vivi a Los Angeles qual è invece la parte del panorama Americano che ti affascina di più? Mi ha influenzato sicuramente la musica con la quale mia madre mi ha cresciuto quindi Battisti, De André, De Gregori, tanti cantautori italiani. Ricordo che, quando avevo all’incirca 15 anni, ascoltavo in particolar modo Jovanotti e Carboni ma anche gli U2 e i Pink Floyd.
Della musica americana mi affascina particolarmente il fatto che si possa fare qualsiasi genere e trovare comunque un pubblico vasto. In Italia, alcune volte, si tende a seguire maggiormente il genere del momento. Quando invece si guardano i Grammy ci si accorge che ci sono premi per ogni stile, spesso anche per generi che noi stessi non conosciamo ma di cui potremmo appassionarci o che, comunque, potrebbero arricchirci. Questo è l’aspetto mi sorprende particolarmente dell’America, l’essere così eclettica. La musica inoltre, qui negli USA non è vissuta come un passatempo o un hobby ma come un vero e proprio percorso, che inizia proprio dalla scuola, con lo studio di uno strumento e l’approfondimento della storia musicale.
CanovA, c’è qualcosa in particolare che vorresti i nostri lettori sapessero di “Benedetto l’inferno” del tuo nuovo progetto, della tua musica o della tua carriera?
Vorrei sapessero che ci saranno altri episodi di questo nuovo progetto, il ritmo spero possa essere un singolo ogni 2 mesi circa. Come è stato per “Sorpresa” e “Benedetto l’inferno” voglio dar vita a brani inaspettati. Voglio unire artisti o concetti che a primo impatto potrebbero sembrare incompatibili tra loro o comunque opposti. Il mio intento è quello di alimentare la curiosità e il rischio nella musica!
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Lord J racconta Su Sennori – intervista

Qualche giorno fa è uscito il disco di un rapper Sardo davvero interessante: Lord J. Per l’occasione, che è stata esattamente nel “giorno della sardegna”, abbiamo pensato di fare qualche domanda su “Su Sennori”.
Su Sennori, con un tappeto sonoro tipicamente rap, miscela il boom bap classico a drill, trap e contaminazioni folk dando vita a un prodotto cross over moderno e originale.
Tutti i brani sono eseguiti completamente in lingua Sarda (per lo più nella variante Campidanese), una delle caratteristiche principali di Lord J, e tutti i brani, oltre a essere stati mixati da Squarta (Cor Veleno) al Rugbeats Studio, sono stati arricchiti da strumenti Sardi suonati dal vivo.
Partiamo da te: come ti sei avvicinato alla musica e al rap? Come hai iniziato a scrivere?
Mi sono avvicinato al rap da bambino nei primi anni 2000 riscoprendo grazie ai miei cugini più grandi rappers come 2Pac e tanti altri big americani rimanendone rapito.
Ho iniziato a scrivere per caso, per divertimento ma ho capito che era una delle maniere più efficaci che avevo per esprimermi non essendo una persona esageratamente loquace ma con tante cose da dire.
Su Sennori è il tuo primo Ep o hai già pubblicato altro in passato?
Ho pubblicato un po’ di brani negli ultimi 10 anni, ma sempre di rado e con sonorità spesso diverse, quello che un po’ li legava è che spesso c’era qualche riferimento alla Sardegna, ma quando ho capito che mi piaceva particolarmente fare rap in Sardo ho sbloccato totalmente la vena creativa.
Tempo fa hai pubblicato il singolo Su Sennori e Faulas. Come mai proprio questi due brani per anticipare il disco?
Rispettivamente uno è il primo brano dell’ep e uno è il brano di chiusura.
Con Su Sennori mi presento e parlo di cosa ho fatto con la musica negli ultimi due anni, riprendendo le sonorità che mi si addicono di più.
Con Faulas chiudo il disco con i cori Sardi e questo brano che è una dedica d’amore alla Sardegna.
Mi dici qualcosa in più sul titolo del disco? Cosa vuol dire e cosa dice del disco stesso?
“Su Sennori” sarei io, il mio nome d’arte in Sardo.
Ma come dico nel brano omonimo, sono quel signore che vuole parlare dell’isola e che gli antenati hanno creato per fare la guerra/rivoluzione per questa terra.
Considerata la qualità del prodotto, come mai la scelta di pubblicare un ep e non un vero disco?
Ti ringrazio innanzitutto. Preferisco fare piccoli step, vorrei che la gente capisse il più possibile quello che abbiamo realizzato e il perché soffermandosi bene sul motivo e le sonorità di questi brani.
Hai in programma qualche data per la presentazione di Su Sennori?
Sì per ora abbiamo 4 date confermate:
02/05 a Mogoro (OR)
03/05 a Pula
05/05 a Sant’Antioco (dove sarò accompagnato da strumentisti)
30/08 a Porto Ferro (SS)
Quali credi che siano i punti di forza di un disco come questo?
Sicuramente il fatto che si distingue da molti prodotti che escono oggi.
È un lavoro coraggioso, ma molto differente da quello che c’è in giro.
Oltre il fatto che è curato sotto molti punti di vista, a livello di suono, avendo una buona qualità e avendo tanti strumenti suonati dal vivo oltre che dei featuring prestanti, e a livello di immaginario perché si lascia poco spazio alla fantasia mostrando tanto della nostra cultura.

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“Scelti”, il nuovo singolo di SOLOSOPHIA, disponibile dal prossimo venerdì 25 aprile

Ci sono brani che si ascoltano e altri che si sentono sulla pelle, come un brivido improvviso nella notte. “Scelti”, il nuovo singolo di SOLOSOPHIA – disponibile dal prossimo venerdì 25 aprile e distribuito da Ada Music Italy – è uno di questi.
Un graffio di blues, il battito incessante del rock e una voce che scivola tra le fiamme della passione, bruciando ogni esitazione. Un urlo nel silenzio, un viaggio in bilico tra il desiderio e l’orgoglio, tra fari spenti e anime accese.
Nel buio della distanza, mentre “gli altri sono spenti”, SOLOSOPHIA accende una scintilla: le chitarre di Tatiana Monteriù tagliano l’aria come lampi elettrici, la batteria di Rocco Pontillo pulsa come un cuore in fuga, mentre Gaetano Mazzitelli tesse le fondamenta con il basso e una produzione che fa vibrare ogni emozione. Il tocco di Sergio Buraggi completa questo quadro sonoro potente e senza filtri.
“Scelti” è un vero e proprio urlo nel silenzio: “ci siamo ritrovati e poi ripersi, nascosti dall’orgoglio dietro alle canzoni”. Il brano parla di connessioni che sfidano il tempo, di fiamme che non si spengono, di amori e sogni che restano anche quando tutto il resto si dissolve. SOLOSOPHIA canta con una voce che non chiede permesso, che travolge e lascia il segno.
Già protagonista di esperienze internazionali, dall’Isle of Wight Festival al palco con Elisa, SOLOSOPHIA ha costruito un percorso in cui ogni nota è vissuta fino in fondo. Nel 2019 ha conquistato il pubblico di The Voice of Italy, portando sul palco la sua personalità unica e il suo timbro inconfondibile. Nel settembre 2024, la sua voce ha risuonato ancora più forte aprendo i concerti dei Tiromancino a Cagliari e Calangianus, dove ha duettato con Federico Zampaglione, confermando la sua capacità di emozionare e coinvolgere. Dopo il suo primo album “Anima Viola”, nel 2025 torna nuovamente a scolpire la sua identità musicale con un mix di energia cruda e profondità emotiva.

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Dj Exy racconta Cronache De Roma – Intervista

Dj Exy, producer e dj romano attivo da anni nella scena e nei locali capitolini, pubblica il suo primo producer album ufficiale e lo fa unendo la nuova e la vecchia scena ma in un progetto ambizioso che vedrà un disco e un documentario raccontare la Roma Hip Hop.
“Cronache De Roma” è un progetto visionario che punta a celebrare l’identità musicale della capitale.
Fra le voci del disco troviamo DJ Stile e DJ Baro, leggende dei Colle der Fomento, Danno (Colle der Fomento), Suarez (Gente di Borgata), Fetz Darko (Giuda Fellas), Mystic One (TruceKlan), Grezzo Esselover, Metal Carter (TruceBoys), il promettente Numi, Zinghero (TruceKlan), Benetti DC, figura storica della scena romana, Spampy, Sgravo e Wiser (Dead Poets), Lord Madness, Denay (Scimmie del Deserto), Er Drago, William Pascal (Do Your Thang) e i fratelli emergenti Yamba e Black Damo. Insieme a questi artisti sono presenti anche le preziose collaborazioni agli scratch di DJ Ceffo (Brokenspeakers), DJ Kimo (TruceBoys) e DJ Snifta (Roma Underground).
Questo album è un omaggio alla cultura hip hop e rappresenta un viaggio che punta a raccontare il “vero suono di Roma”, restituendo autenticità e potenza alle diverse anime dell’hip-hop locale.
Cronache De Roma. Partiamo dal perché hai deciso di pubblicare un disco come questo?
L’idea era di far sentire a tutta Italia la sonorità del Rap Romano e per fare questo dovevo cercare un sound che racchiudesse almeno un po’ di storia di Roma.
Il rap romano ha una storia bella lunga e credo che un qualcosa del genere mancasse da un bel po’ di anni.
Volevo racchiudere a modo mio un pezzo di storia da far sentire alle generazioni di oggi, per far capire da dove siamo partiti, e cos’è Roma.
Ho cercato di racchiudere come in una fotografia un determinato tipo di artisti e di beat. Per lasciare quel velo anni 90 e trasmettere quello che quegli anni hanno trasmesso a me.
Tutto questo è nata anche grazie all’aiuto del mio amico Fetz Darko, che mi ha aiutato a creare e riprendere legami con molti artisti della scena che non vedevo da molti anni.
A proposito di questo … del riprendere i legami. Se non sbaglio sei sparito per un periodo. Cosa ti ha spinto a tornare?
Mi sono sempre chiesto, fin da piccolo, quale sarebbe stato il mio futuro. Ho sempre fatto tanti lavori, fin da quando avevo 13 anni. Ho percorso molte strade, sia giuste che sbagliate. E come tanti, ho fatto errori e cose belle che non mi dimenticherò mai. Ma quando penso a cosa vorrei fare, a cosa mi rende felice, penso che l’unica cosa che mi faccia svegliare la mattina con il sorriso, e la voglia di fare musica. Sono tornato per questo.
Tornando al disco, quali sono le sonorità che possiamo trovare?
Il disco è classico, ma con occhio di riguardo alle sonorità più attuali. Sono cresciuto con la musica Rock e per me ha molta influenza sul fattore produttivo.
Ma nello stesso tempo la musica di Dj Premier, Lord of Underground, Vinnie Paz e molti alti hanno davvero influito.
Infatti, si possono notare questo tipo di influenze. Ho cercato di mescolare un pò tutto il mio bagaglio artistico cercando di dare molta grinta sulle batterie e renderle molto aggressive, proprio come negli anni ’90.
Al disco come hai lavorato?
Ho inviato ai vari artisti i beat e poi abbiamo registrato le voci al Fat Studio di Matteo, un grandissimo amico che mi ha aiutato molto nel lavoro di questo disco. Una volta finita la registrazione della voce, abbiamo fatto un arrangiamento del beat e delle varie modifiche per far mescolare meglio il tutto.
Nell’intro e nel pezzo Cronache de Roma, ho collaborato nell’arrangiamento insieme a Fabio Garzia, in arte Mustrow, che ha fatto un lavoro eccezionale sulle chitarre e sulla parte di basso.
Poi una volta finito, si passava alla parte finale dove lo studio missava e masterizzava il tutto ad hoc.
Questa è stata la parte artistica del disco, ma oltre a questo il lavoro più grosso, è stato anche rendere a proprio agio ogni rapper e cercare di avere il massimo da ogni singolo pezzo.
Una grande mano mi è stata data dalla SelfMade che ha creduto fin dall’inizio al progetto e che mi ha aiutato sia nelle realizzazioni delle registrazioni, sia nella parte organizzativa dei brani.
Ci sono dei pezzi a cui sei particolarmente legato in Cronache De Roma?
Pezzi a cui sono più legato, a dire la verità, non ci sono. Li reputo tutti e 12 dei capolavori.
Potrei dirti che sognavo un intro così da non si sa quanti anni e sapere che è stato realizzato da due dj che ammiro e con cui sono cresciuto mi fa venire i brividi.
Dj Stile e Dj Baro hanno realizzato un intro spettacolare, hanno usato molte voci dei miglior rapper di Roma, facendo degli scratch spettacolari. Senza parlare di Dj Snifra, Dj Ceffo e Dj Kimo, tre pilastri del Djing Romano.
La capacità di tutti i rapper a incastrare rime e rendere ogni traccia unica, mi ha fatto innamorare di tutto il disco, senza nessuna traccia a cui sono particolarmente legato. Sono legato semplicemente a tutto il disco.
Quale differenza pensi possa fare un disco come questo nell’Hip Hop Italiano?
Io spero sempre che un disco del genere possa far avvicinare le nuove generazioni ad un tipo di Hip Hop Underground. La mia speranza è di creare una specie di saga, dove il nuovo si mette a confronto con il più vecchio, facendo vedere le varie sfaccettature di diverse generazioni.
Spoiler. Mi hanno detto che uscirà anche un documentario … mi dici qualcosa in più?
Si abbiamo girato un documentario curato da Alessio Coltella un ragazzo che mi ha dato una grande mano e mi ha aiutato in tutto questo progetto intervistando tutti gli artisti del disco, facendoli parlare di se e di come si sono avvicinati all’Hip Hop.
Volevo dare un volto al disco e non solo la musica. Questi artisti hanno tanto da insegnarci. Era doveroso farli scrivere attraverso le rime, ma anche farli parlare.

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