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Cicco Sanchez ci racconta il suo nuovo singolo “Aria”: “Ho voluto dare spazio all’essenziale”
Disponibile da venerdì 20 settembre su tutte le piattaforme digitali per Ada Music, “Aria” è il nuovo singolo di Cicco Sanchez.
Noi di Honiro Journal avevamo già intervistato l’artista in occasione dell’uscita, tre anni fa, di “Nostalgia Liquida” che si presentava come un progetto che intrecciava tra loro diversi fili narrativi, da quello della malinconia a quello dell’amore, da quello della solitudine a quello dei sogni, ricamando un lavoro unico nel suo genere. A distanza di tempo, le parole chiave della musica di Cicco Sanchez rimangono le stesse, andando ad esplorare con questo nuovo brano un’autenticità particolare. Chi meglio di lui poteva raccontarci “Aria”?
La scelta di un brano in acustico mi è sembrata la ricerca di un’autenticità particolare. Quanto è importante per te, nella musica ma anche nella vita in generale, avere il coraggio di mostrare la propria vera essenza?
Credo che sia una caratteristica personale, intrinseca, un’indole. A prescindere dalla musica, anche nella vita spesso ho deciso di non seguire la massa, quando vedo che il mondo va in un’unica direzione io sono comunque una personalità che non si esclude il fatto di poter prendere altre strade. Per quanto riguarda il singolo nello specifico invece, credo sia stata proprio una questione di creatività stilistica, il brano era talmente tanto personale che abbiamo deciso di non produrlo proprio per attribuire più importanza alle parole, alle melodie, appunto all’essenziale.
“ti parlerò di quando ero sempre a un drink dalla felicità”
cos’è per te la felicità ? Secondo te si raggiunge davvero o e solo un modo per godersi il viaggio? In che modo la tua musica ti rende felice?
Credo che proprio questa domanda sia la chiave di tutto, spesso si interpreta la felicità come un obiettivo, qualcosa da raggiungere, credo invece che questa si celi proprio nel tragitto, penso che ci si debba allenare a godersi ogni avvenimento della vita ed estrapolare da ogni esperienza il buono. Altrimenti se si guarda alla felicità come un traguardo è molto probabile che dopo averla rincorsa per molto tempo si arrivi all’obiettivo così stanchi da non riuscire a godersela a pieno. Secondo me la felicità non è qualcosa che succede ma imparare a vivere e gioire anche delle piccole cose, per me è uscire dallo studio con la consapevolezza di aver scritto una bella canzone ma anche un pranzo la domenica con le persone a cui voglio bene.
“ti vedevo da tutte le parti ma non eri da nessuna parte”
come speri che questo brano possa aiutare a fare una delle cose forse più complicate ovvero affrontare la mancanza?
Posso dirti in che modo ha aiutato me e sperare che sia lo stesso per altri. Con questo singolo mi sono davvero liberato dando voce a ciò che provavo. Quando da ascoltatore ritrovo determinate sensazioni o emozioni nei brani degli altri e capisco che anche persone che non conosco si sono paradossalmente trovate a vivere ciò che ho vissuto anche io, ci si sente indubbiamente meno soli, e credo che questo possa essere un buon obiettivo.
Come si legge nel comunicato stampa questa è una ballad densa di nostalgia.
Tre anni fa, nella tua prima intervista per Honiro Journal, ti chiedevo cosa fosse per te la nostalgia per te e quindi mi sento di riproporti questa domanda anche ora.
La nostalgia fa parte del mio essere, è involontaria, sono nostalgico nei confronti del passato ma, esattamente come ti dicevo tre anni fa, non solo riguardo le cose belle, anche nei confronti di quegli avvenimenti negativi o momenti difficili, pensando che magari avrei potuto fare altro, affrontarli in un modo diverso. La nostalgia non è sempre positiva, va dosata, mi ripeto spesso che non bisogna focalizzarsi troppo nel passato, è importantissimo rendersi conto di quanto sia prezioso il presente e di quanto lo sarà il futuro.
“Aria” esprime il senso di vuoto lasciato da qualcuno che è andato via. Anche il vuoto ha un lato positivo? Paradossalmente secondo te è proprio tentando di colmare questo vuoto che si diventa artisti?
Nel mio caso è stato proprio così ma non solo la musica è una valvola di sfogo, può esserlo un dipinto, uno sport, l’importante è dare un risvolto positivo a sensazioni che ci fanno o ci hanno fatto stare male.
Ti andrebbe di anticiparci qualcosa riguardo i tuoi progetti futuri?
Non posso dire molto sul futuro, posso però assicurare che ho scritto delle canzoni che non vedo l’ora diventino non solo mie ma anche di chi le ascolta!
Solitamente prima di concludere un’intervista domando sempre se c’è qualcosa che non ti ho chiesto che però vorresti che i nostri lettori sapessero
“Aria” è fuori ovunque, da poco anche in radio, sono davvero contento perché è un brano a cui tengo tanto, grazie per chi lo sta ascoltando e diffondendo, ci vediamo ai live!
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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #25
Un tuffo nel passato che sa di FUTURO, tra visione ed eloquenza. Protagonista della cover digitale Lumiero.
IL PRIMO GRANDE DISCO DI LUMIERO – LUMIERO
Un tuffo nel passato che sa di futuro, tra visione ed eloquenza, tra musicalità e parole incise nel cuore di chi ascolta. Uno dei progetti più rivoluzionari completa una raccolta di immagini che richiamano un mondo che non c’è più, ma di cui vorremmo ancora la sua linfa; il tutto condito dalle sfumature più sincere.
ASTRONAVE – OTTOBRE
Una diatriba con se stessi, ma anche con l’altro, tra sentimenti che spengono e sentimenti che riportano, in un modo o nell’altro, al calore che tanto si brama e che non sempre si riesce ad afferrare, tenere con sé. Sonorità dinamiche e d’impatto fanno da sfondo al vortice motivo dove l’unica arma è surfare.
FACCIAMO A META’ – EUGENIO IN VIA DI GIOIA
Ci sono cose che non si possono comprendere per intero. A volte bisogna proprio vederle ‘’a metà’’. Allo stesso modo, ciò che compone la nostra serenità non lo si vive nella sua interezza, ma un pezzo alla volta, nella sua semplice scansione quotidiana. Un inno a guardare con spontaneità ciò che ci circonda.
MI MANIFESTO – PAN DAN
Un mondo a cui si accede non con formalità o giri di parole, ma facendosi trasportare dalle vibrazioni di un’anima creativa, spontanea, che sperimenta ogni sfaccettatura della vita. Suoni eterei e parole come ‘’vox clamantis in deserto’’ presentano l’interezza dei luoghi interiori più reconditi.
7 MINUTI – KUZU, MONTAG, WISM (MENZIONE SPECIALE)
Sperimentazione e poesia si fondono per un flusso di coscienza fatto di immagini lucide, nitide, che illuminano quei tratti d’umanità di cui siamo fatti e che il sistema cerca di nasconderci. ‘’7 minuti’’ che diventano una colonna sonora di una vita intera, senza ripetizioni, senza ripensamenti.
NESSUNA – ALTEA
Uno dei progetti più freschi del panorama attuale ritorna con un manifesto intimo, profondo, speciale, dove raccontarsi e raccontare il ramificarsi della propria storia. Musica d’oltreoceano e poesie ‘’a cielo aperto’’ sono gli elementi di una realtà vista con occhi sensibili e maturi, senza veli e con una poetica umana.
VOCE – MADA
Quando si esprime con la propria ‘’voce’’ ciò che si cela nella nostra storia e nel nostro essere, non solo c’è una riscoperta, ma anche un unico flusso sonoro: la propria verità. Per quanto il mondo sovrasta la voce, c’è qualcosa di più nel volume della nostra vita. Imparare ad equilibrarlo rende tutto più semplice.
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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre
In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.
Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.
“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.
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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha
Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.
BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.
BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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