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JAMIE CI RACCONTA IL SUO NUOVO SINGOLO “MOSTRI”: “Grazie alla musica possiamo sentirci meno soli”
 
																								
Da bambini ci raccontano che i mostri si nascondano dentro l’armadio o sotto il letto, solo poi, crescendo, comprendiamo come, i metaforici mostri, siano siano in realtà quegli avvenimenti, quelle delusioni, quei ricordi o quei sentimenti con cui, a volte, siamo costretti a convivere. Siamo convinti che per dimenticarli sia necessario scappare via, lontano. Eppure, per evadere dalle loro grinfie, a volte basterebbe semplicemente compiere un piccolo gesto: raccontarli.
E’ disponibile su tutti i digital stores “Mostri” il nuovo singolo di Jamie feat Ethos e prod Thierry. Chi meglio di lui poteva raccontarci questo brano? Noi di Honiro Journal lo abbiamo intervistato!

Questo tuo nuovo singolo si intitola “Mostri”, come pensi potremmo sconfiggere i nostri mostri interiori e trasformarli in un elemento che dia inizio ad una rinascita? Come in questo la musica può aiutare?
Con questo brano ho voluto creare un ritratto di quelli che, metaforicamente, credo siano i mostri con cui ognuno di noi deve quotidianamente convivere. Ho deciso di creare questo immaginario per raccontare e dare simbolicamente un volto a tutto ciò che ci fa male(un avvenimento, un ricordo o altro) ma che decidiamo di tenere dentro e non condividere con nessuno. Penso che il primo passo per riuscire a sconfiggere questi mostri sia senza dubbio comprendere come, se non li avessimo mai incontrati, non saremmo mai diventati chi siamo oggi.
Nel comunicato stampa racconti come, in fondo, molte volte sia proprio la notte a farci apprezzare la luce, come quindi siano proprio i momenti di sconforto o i mostri a farci apprezzare poi gli avvenimenti belli. C’è un aspetto che hai iniziato ad apprezzare proprio grazie alla passione per la musica? Qualcosa di cui non ti eri mai accorto prima o a cui non attribuivi così tanto valore?
Penso sia proprio la possibilità di comunicare, di rivolgermi ad un pubblico e parlare con qualcuno. Prima di appassionarmi alla musica, difficilmente mi esprimevo riguardo esperienze particolarmente personali. Evitavo di affrontare determinate tematiche anche con i miei amici o le persone a me vicine, ora invece sono riuscito a dare voce a quel dolore che avevo dentro, scoprendo anche un aspetto che mi ha sorpreso molto, ovvero che in moltissimi altri miei coetanei avvertivano proprio ciò che provavo anch’io. In poche parole quindi, potremmo dire che la musica ci faccia sentire meno soli.

Credi che queste fragilità che hai citato possano diventare dei punti di forza?
Assolutamente si, ricollegandoci alla domanda di prima, creando musica ho capito di non essere l’unico a provare determinati sentimenti. La solitudine quindi, paradossalmente può aiutare. La forza delle nostre fragilità si cela proprio nel comprendere di non essere gli unici ad averne.
All’interno delle strofe c’è una metafora molto bella, “ho pezzi di cuore, come gli origami”. A volte, nella vita, si fa tantissimo per gli altri ma ci si ritrova ugualmente con, tra le mani, solamente un cuore spezzato. Quanto è importante per te, tramite la musica ma anche in generale, fare del bene indipendentemente dalla speranza che ci torni indietro qualcosa?
Volendo dare una risposta più sincera possibile, credo sia veramente difficile non rimanerci male. Però, per imparare a fare del bene senza aspettarsi nulla in cambio, penso che essere sereni nella propria individualità sia sicuramente fondamentale. Spesso aiutare altri quando non ci sentiamo bene noi stessi in primis si rivela poco costruttivo, quando invece diventa genuino, autentico, allora probabilmente ci sentiremo meglio anche in prima persona.
Sappiamo che il singolo è in collaborazione con Ethos e prodotto da Thierry, non posso quindi non chiederti come sia stato lavorare con loro!
Lavorare con Ethos e con Thierry è stato veramente molto bello e spontaneo. Ho conosciuto Ethos ai casting di XFactor e da lì, confrontandoci, abbiamo capito di condividere davvero molti pensieri e idee, così siamo rimasti in contatto, ci siamo scritti diverse volte e ci eravamo ripromessi di collaborare.
Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? Ti andrebbe di anticiparci liberamente qualcosa riguardo i tuoi prossimi progetti artistici?
“Mostri” sarà parte di un progetto più grande, i prossimi brani saranno affini alle tematiche che ho affrontato in questo pezzo, ovvero la dimensione della salute mentale. Molto probabilmente ogni singolo sarà caratterizzato da un mood e un tono diverso, magari tendente più al pop.
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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #19 – #20
 
														Recuperiamo la scorsa settimana di FUTURO in aggiunta alle uscite di quella attuale per immergerci in un unico flusso musicale e introspettivo dentro il quale poter ritrovarsi e non perdersi.
15 MINUTI – 5070
Trasversale, poliedrico, senza confini sonori: 5070 riesce ad entrare nei nostri ‘’15 minuti’’ esistenziali, dandogli un occhio poetico, di sincera comprensione. In una realtà instransigente, bisogna imparare a donarsi riguardo, prima di compiere un passo che può far andare avanti, come indietro.
PITA GYROS – EMILI KASA
Ricordi vividi che non hanno bisogno di essere mistificati, ma di essere raccontati per quello che sono, nel bene o nel male, dall’inizio alla fine (due momenti che hanno lo stesso sapore). Una voce graffiante e indelebile che permea il cuore di ascolta, non destabilizzando, ma confortando, provando a salvarlo.
NON FA MALE – FUCK POP
Senza indugi, senza mezzi termini e con un linguaggio inconfondibile, come loro sanno fare: il collettivo più alternativo d’Italia torna non per ribaltare gli schemi, ma per definirne di nuovi. Anche ciò che crolla addosso, alla fine, non crolla del tutto; e ciò che non crolla del tutto, ‘’non fa male’’. Si può sempre ricominciare.
ROMANTICA – EVA BLOO
Delicatezza minimalista che si avvicina ad atmosfere poetiche e consapevoli, alla ricerca di una serenità tanto agognata e che appare sempre più impercettibile, poco tangibile. Ma è proprio dentro il frastuono della ‘’pausa’’ dal mondo esterno che si ritrova il punto di partenza, un nuovo mondo interno.
UMANA – BRUCHERO’ NEI PASCOLI
Tra distopia e utopia, tra bisogno di fuggire e bisogno di rimanere: una sperimentazione sonora e concettuale che riporta il senso dell’umano alla sua essenza più urgente, più vera. I contrasti pendono un colore differente, un sapore più rivoluzionario e illuminante.
WENDY – HENNA
Un canto di libertà, sincera espansione ed espressione di se stessi, dove recuperarsi, dove stabilire la propria casa. Con lo scorrere inesorabile delle esperienze e della memoria, l’unico modo per sentirsi vivi, veri, è quello di legarsi profondamente con gli attimi che riempiono la nostra vita in toto.
ABRACADRABA – LUPOFIUMELEGGENDA
Una formula magica che infrange nella frenesia della quotidianità e la sua apparenza, le sue contraddizioni, ma anche i suoi stimoli, in un modo o nell’altro. Sì, il mondo, per quanto sia distruttivo a volte, ci offre la possibilità di poter scegliere chi e cosa può salvarci.
NON SEI TE – TAMI’, UALE
A volte gli occhi degli altri su di noi, sui nostri gesti, le nostre vite, sanno essere pesanti, difficili da sopportare. Tuttavia, esiste un confine sottile tra l’affetto e l’accondiscendenza; e chi ci sta veramente accanto non vuole che perdiamo la bussola, bensì sprona a seguirne la direzione.
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”Morningstar”, il disco che segna la rinascita di Alex Cortez
 
														”Morningstar” è molto più di un titolo: è una dichiarazione d’intenti, un simbolo di accettazione, crescita e consapevolezza. Dopo anni di silenzio discografico, Alex Cortez torna con un progetto che parla la lingua della verità — quella che nasce dall’esperienza, dai fallimenti, dalle contraddizioni e dalle rinascite personali. Il rapper trevigiano sceglie di non semplificare, ma di scavare a fondo, costruendo un percorso che si ascolta come un racconto e si vive come una riflessione.
Con la produzione curata da James Cella e featuring mirati che arricchiscono la narrazione, Morningstar diventa un viaggio sonoro nel quale il boom bap incontra la scrittura adulta, intima e lucida. Cortez non insegue i trend né le playlist, ma la propria verità — quella di un artista che accetta le ombre, dialoga con i demoni interiori e li trasforma in musica.
Abbiamo parlato con lui del significato del titolo, del rapporto con il pubblico e della necessità di tornare a scrivere dopo anni. Quello che emerge è un artista più maturo, libero e coerente, che con Morningstar ci ricorda che ogni fine può essere solo l’inizio di una nuova fase.
Perché hai scelto di intitolare il disco Morningstar e non con un titolo più “diretto”?
Mi piace pensare che l’arte, quindi anche la scrittura, crei un percorso che non sia per forza troppo chiaro, diretto come dici. Mi piace che nel lavoro di un artista ci sia sempre uno spazio ampio da interpretare anche secondo i canoni di chi guarda o in questo caso ascolta. Il Titolo racconta una storia, un concetto. Morningstar è un riferimento e parola dopo parola nel disco sta all’ascoltatore creare i suoi frames, i suoi collegamenti, cercare anche di capire davvero chi è la persona che ha realizzato il pezzo o il disco nella sua interezza.
Quanto ha contato James Cella nel dare forma definitiva al suono del progetto?
Da uno a 100? 1000! Ci conosciamo da un sacco di tempo e non abbiamo mai lavorato insieme. Credo, almeno da parte mia, si sia innescato un meccanismo virtuoso da subito. Lui mi mandava i beat (tutti fighissimi) e io non potevo far altro che scrivere o pensare ad adattare ciò che avevo scritto ai suoi tappeti. In aggiunta a questo, alla parte di produzioni che è fondamentale, anche in studio lui è davvero capace, un fenomeno. Il mixaggio dei pezzi mi ha colpito. Quando ho sentito il disco intero mixato gli ho detto “ma sono io? Cos’è questa figata?”. Lui è super umile ma per me è uno dei produttori più bravi in Italia.
C’è un filo conduttore tra i tuoi vecchi lavori e questo nuovo capitolo?
No nessuno. L’unico riferimento è il remix, anzi… il rework di “Da dove vengo” (beat by ConcreteBeatz e scratch di Dj Tech). Ho voluto lasciare solo quello perchè in realtà era un pezzo che in Pulp Fiction (2006) era rimasto molto in secondo piano ma mi è sempre piaciuto molto. Lo stesso Iso Concretebeats che aveva curato la produzione di allora ha creato il beat per il remix e mi è piaciuto molto quindi l’abbiamo inserito. Ovviamente è fuori dal percorso di Morningstar ma è una citazione del passato che mi rende molto felice e soddisfatto.
Come vivi oggi il rapporto con il pubblico dopo tanti anni di distanza?
Sono molto più disinteressato. Non in senso negativo però. Ora che penso di essere abbastanza cresciuto non faccio più le cose per appagare gli altri ma per sentirmi bene. Quindi accolgo le critiche e ne faccio tesoro, come ho sempre fatto, ma non mi sconvolgono mai. I complimenti, quando ci sono, li prendo e m’imbarazzo perché sono fatto così. Nessuno dei due cambia il mio percorso o le mie idee, continuo a fare o dire quello che mi fa o che mi fa star bene.
C’è una poesia di Rudyard Kipling che ho tatuato su una gamba. Si chiama “If” (Se). C’è un verso che sento molto mio: “Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina E trattare allo stesso modo questi due impostori”. Ecco, credo dica tutto… Due impostori, sia il trionfo che la rovina, ma aggiungo io anche le critiche e i complimenti.
“Non un finale” chiude il disco ma sembra aprire a una nuova fase. È un indizio sul tuo futuro artistico?
In realtà parla di tutt’altro ma il fatto che il titolo era questo ho pensato fosse divertente metterlo in fondo proprio per darmi eventualmente una nuova chance. Ogni volta che faccio un disco penso sia l’ultimo, questo poi dopo mille anni non credevo nemmeno di essere in grado di portarlo a termine come progetto e invece? Eccomi qua. Quindi: no, non un finale. Non dico nulla, non voglio crearvi ma soprattutto crearmi aspettative. Intanto continuo a scrivere, non si sa mai!
In un’epoca di release veloci e hit da playlist, come pensi che verrà accolto un album così personale?
Devo essere sincero, penso non benissimo. Ma è un disco personale e anche venisse accolto male è necessario accettare il responso, per me è stato un bisogno ed una necessità farlo e spero che qualcuno lo colga e si appropri di questo suo potere purificante e catartico che ha avuto per me. Onestamente non credevo nemmeno che Incompleta, che è uscita come singolo a febbraio, venisse capita e accolta così caldamente visto l’argomento di cui tratta e in quel caso mi sono sorpreso, spero di sorprendermi ancora con Morningstar.
Hai parlato di accettazione, di errori, di rinascita. C’è stato un momento preciso in cui hai capito che eri pronto a tornare?
Si, dopo i mille messaggi e commenti che ho ricevuto in seguito all’uscita di Incompleta di cui ti parlavo sopra. Tutto completamenti inaspettato. Parlo di una dolorosa perdita, di un amico che se n’è andato. Ero sicuro che per quanto tramettesse emozionalità fosse molto legata a me e al mio vissuto per cui non trovasse molti consensi. Del resto, l’ho scritta per me in primis, in modo molto egoistico se vuoi, per omaggiare il mio grande amico scomparso.
Ecco, dopo Incompleta ho capito che c’è un pubblico ampio che è disposto ad ascoltare rap, classico? Boombap? Chiamalo come vuoi! A patto però che racconti storie, emozioni, riflessioni in cui si può rispecchiare. Questa per me è stata la scintilla e mi sono convinto di fare un piccolo ma spero rilevante lavoro in tale senso.
Se questo disco fosse un film, quale sarebbe?
Un film non lo so. I miei precedenti dischi si chiamano “Pulp Fiction” e “Giovani, Carini, Disoccupati” quindi sarei stato molto facilitato in questa domanda. Questo potrei dirti che visto il nome potrebbe rifarsi alla serie “Lucifer”, direi che le contraddizioni del protagonista ben si sposano alla linea del disco. Io però al contrario di lui non vado in giro alla ricerca di assassini o cattivi vari. Custodisco i miei demoni dentro di me e cerco di farli lavorare nella giusta direzione.
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La forza di un legame che finisce e la fragilità di ”quello che non so”, il nuovo singolo di ioemeg
 
														La forza di un legame che finisce e la fragilità di quello che non so, il nuovo singolo di ioemeg, in uscita il 24 ottobre per Honiro Label.
Le parole possono diventare carezze e pugnali, allo stesso tempo, dando ad un rapporto un colore differente, una sfumatura in continuo divenire. L’uno cerca di intuire ciò che si cela nell’altro, anche i minimi gesti che danno un segnale di quello che sta per succedere. Ma, alla fine, rimane solamente l’ansia dell’incertezza, l’angoscia di una fine o di come l’amore può proseguire. Agli occhi della logica ciò che non si conosce fa paura, soprattutto quando si lascia andare un pezzo di noi, ma i sentimenti e le sensazioni direzionano sempre scelte che vale la pena compiere.‘
’quello che non so’’ è una storia che finisce o qualcuno che se ne va, mentre resta un vuoto pieno di presenze: oggetti, gesti, ricordi che continuano a parlare. Chi custodisce le tracce degli altri scopre che ciò che conta non è ciò che resta fuori, ma ciò che vive dentro. Nel brano cerco di dare voce a una generazione fragile, riflessiva e resiliente, capace di trasformare la perdita in consapevolezza e la nostalgia in forza. E forse il mettersi a nudo che tanto spaventa diventa una salvezza’’ – ci racconta l’artista.
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