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“Luna Storta”, la lacrima che ha fatto traboccare il vaso di Dorian Kite

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Fotografare un determinato momento della propria vita, non è mai semplice. È questo il focus del nuovo singolo di Dorian Kite, “Luna Storta”, uscito lo scorso martedì 7 Luglio e accompagnato da oggi da un video ufficiale diretto da Trash Secco.

Luna Storta – racconta Dorian Kite – riguarda un determinato periodo della mia vita: parla di due dipendenze, una legata ad un amore dolce-amaro e una legata ad alcune sostanze che assumevo. Queste due dimensioni mi davano una specie di equilibrio che credevo fosse buono, ma era tutta un’illusione per me. Ho deciso di scrivere un testo molto personale ma nel quale tutti potessero riconoscersi, perché la sofferenza è un qualcosa che ognuno di noi vive a suo modo”.

Di fatto, quindi, l’artista mette in luce una dimensione di equilibrio illusorio tra le notti passate sopraffatto dalle sostanze e quelle con una donna che gli ha lasciato solamente una relazione marcia. Il brano, apparentemente triste, nasconde in sé una forte energia, data sicuramente dalla scelta di un sound trap-edm. Cruciale, come racconta lo stesso Dorian Kite, l’incontro con una figura che ha segnato una vera svolta nel suo percorso artistico:

Da quando ho conosciuto il mio giovane manager, Mario Pellegrini, sento che il mio progetto è finalmente quadrato. Non mi sento più solo. Credo che nella musica ci sia bisogno di una personalità dionisiaca come la mia e una apollinea come quella di Mario. E ora finalmente sono pronto a percorrere la mia nuova strada”.

Accanto a Mario, anche la figura di Gabriele Formiconi è sicuramente importante in questa crescita: “Ci tengo a ringraziare anche Gabriele Formiconi per la grande dedizione e disponibilità al progetto nella realizzazione dei tre video-narrazioni promozionali che abbiamo pubblicato su Instagram per raccontare ancor meglio Luna Storta prima della sua pubblicazione”.

La declinazione artistica di “Luna Storta”, trova il suo compimento anche grazie al video ufficiale diretto e realizzato da TrashSecco, che Dorian Kite descrive così: “TrashSecco è un artista che ho sempre stimato e il fatto che lui abbia sin da subito apprezzato la mia musica è stato veramente bello. Ascoltando tutti i miei brani, è stato lui stesso a dirmi ‘puntiamo su Luna Storta, ne verrà fuori un bell’ibrido” .

Protagonista di quello che di fatto è un vero e proprio mini-film girato tra il Villaggio Globale e la casa del regista stesso, è la giovane Carlotta Carboni. La figura di questa donna, legata a quella di Dorian Kite e all’immaginario cupo del video, conferiscono al clip uno stile decisamente decadente. 

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Nel disordine della quotidianità è buona cosa andare sul sicuro come ”Fiori e Alici”, il nuovo singolo di Rasmo e Jekesa, in uscita il 20 giugno

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Nel disordine della quotidianità è buona cosa andare sul sicuro come Fiori e Alici, il nuovo singolo di Rasmo e Jekesa, in uscita il 20 giugno per Luppolo Dischi e Honiro Label.

Ci sono dinamiche della nostra routine che non possiamo cambiare e non possiamo controllare, per cui spesso rimaniamo delusi e affranti dal risvolto di situazioni e rapporti umani. Eppure, se guardiamo bene, in un semplice sguardo, gesto, un bel panorama, si annida il punto di vista a cui spesso non facciamo attenzione, ma che può rivoluzionare la nostra attitudine alla vita di tutti i giorni. E forse, nella leggerezza c’è qualcosa di più profondo.La canzone è un flusso di pensieri che ruota intorno all’idea di “Fede” (sia come nome proprio che come concetto), che diventa un’ancora quando tutto il resto sembra crollare. La canzone esprime un mix di malinconia, e disillusione ma cerca piccoli appigli nella quotidianità, come l’amicizia, la musica e i ricordi. C’è una forte componente emotiva legata a un amore complicato,“il più bel guaio”, e una vita vissuta in bilico tra momenti di sconforto e il desiderio di leggerezza’’ – ci racconta l’artista.

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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #4

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La quarta settimana di uscite è un vero e proprio tuffo in acque che non danno pace all’afa della malinconia e dei ricordi distruttivi, ma che sanno rinfrescare la nostra linfa vitale, giorno dopo giorno. Nella consapevolezza di ciò che diamo al mondo e di ciò che siamo, proviamo a solcare impronte non per la storia degli altri, ma per la nostra storia, dentro la quale, forse, qualcuno prova a tracciare i lineamenti delle sue esperienze, immedesimandosi. A volte, il confine tra il sogno e l’ansia del FUTURO è sottile, ma noi ne siamo l’equilibrio. Protagonista della nuova cover digitale è la formidabile Luzai.

DREAMILINER RMX – LUZAI

Atmosfere cupe che diventano sinergia pure con la sublime sperimentazione eelettronica che ci fa godere la rivisitazione del brano di Venerus con stupore e pura ipnosi. Un’esperienza onirica dove le parole diventano immagini di ricordi di amori sfumati e vite ancora da esplorare.

CROCCANTE – PROTOPAPA

Una danza ‘’croccante’’ e leggera e il desiderio di lasciare andare i contorni tossici della quotidianità, dando spazio alla frenesia della disco, quella bella: cassa dritta e self confidence in compagnia di Bruno Bellissimo, Hey Cabrera! e Hard Ton. L’estate non poteva cominciare meglio, che dite?

LUCE – SAINTESS

Uno dei nuovi volti del mondo R&B più affascinanti, che avvicinano il calore e la delicata rassicurazione della ‘’luce’’ con i contrasti delle nostre ombre, quelle che sanno far male, ma sanno anche renderci migliori, in un certo senso. Qui sorge il mantra, il monito: sii ciò che ti dà più ‘’luce’’.

RAP WORKOUT – GIO FOG

Esercizio di stile che rivitalizza il classico in chiave attuale e fresca, all’interno di una metrica che riesce a permeare i meandri del pensiero più contorti e più profondi. Il rap c’è ancora, eccome! E non c’è solo grazie ai rapper, ma anche a chi di quel rap ne ha colto l’essenza.

ZAGARA – FRANCAMENTE

Solennità e disincanto tra sacro e profano, tra mondi diversi che si vivono quotdianamente nell’esperienza e nella storia di Francamente. Tra sperimentazione e un pop che ricalca il sublime incontro tra world e fusion alla Stromae, ‘’Zagara’’ è il vero sapore spontaneo della libertà.

BRIXIA – SIDY

La propria storia impressa nel cammino, lo ‘’slow living’’ della provincia e la voglia di futuro diventano gli ingredienti principali di una narrazione incalzante, intima, senza veli, alla ricerca dei molteplici frammenti di noi stessi smarriti tra i desideri e gli ostacoli da affrontare.

RISE – FRANCESCO FISOTTI, LAURYYN (MENZIONE SPECIALE)

Elettronica e nu jazz si mescolano in maniera armoniosa alla vocalità di Lauryyn in un buon gusto d’oltreoceano che rende elegante e poetica la malinconia, il contorcersi dei pensieri che, alla fine, diventano suoni pronti ad esorcizzare qualsiasi cosa.

L’ALTARE – ALEC TEMPLE

Predominante quel panorama ancestrale e tribale che accompagna un’idea di elettronica fresca e coinvolgente, divinizzando ogni lato umano, dal più oscuro al più splendente. In un mondo dove i posti sono pochi e i protagonisti sono tanti, chi firma le pagine di storia non impugna alcuna penna.

FILLER – I GIOCATTOLI, KAUFMAN

Ritornano quelle atmosfere rivisitate di un indie ormai diventato itpop, tra suoni ricercati e bisogno di andare oltre all’apparenza, a trovare un senso ‘’necessario’’ nell’interiorità delle cose. Il ‘’filler’’ può sfiorare la bellezza, ma mai accarezzarla.

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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

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In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.

Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.

The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.

Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.

Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.

Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.

C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.

Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.

C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.


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