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Bijou Vanguard, la Pantera Nera in esclusiva per Honiro Journal

Ha da poco pubblicato “Pantera Nera”, il suo ultimo singolo, e ora è molto determinata a spingere questo suo nuovo progetto. Bijou Vanguard è un’artista molto particolare, a cui noi abbiamo fatto qualche domanda per conoscerla meglio.

Voglio iniziare dalle origini. Le tue: mi racconti il tuo percorso musicale?
Nella mia famiglia d’origine mio padre credeva che non fossi quella destinata ad essere una cantante perchè ero troppo intelligente per questo tipo di percorso. avrei potuto fare l’avvocato magari la giornalista ma non la cantante. compiuti 19 anni ho lasciato l’università, ho lavorato un paio di anni come cameriera e commessa. avevo circa 22 anni quando ASPREN, producer di Novara, mi ha proposto di creare un gruppo hip hop, “Sin City Money” .. Abbiamo proposto il nostro ep all’etichetta “Do it yourself” sono state selezionate due canzoni “Fai come Belen” e “Sextoys” che ci hanno permesso di collaborare al progetto di “Steve Forest” un album che raggruppava vari artisti della scena hip hop, dai “Gemelli Diversi” ai “Club Dogo.” per il singolo “Fai come belen” abbiamo collaborato con “Fabrizio Corona”, firmando anche con la sua agenzia poiché “molto affascinato dal mio atteggiamento ribelle”.. a suo dire. subito dopo il suo arresto la nostra carriera ebbe una battuta d’arresto, il gruppo si sciolse poco prima ed io decisi di andare avanti con la mia carriera solista. Nel 2015 esce il mio primo singolo :”Luci” ,che mi porta ad esibirmi sul palco di “Dj on stage”. nel 2017 esce il secondo singolo estratto dal mio album “Afropolitan” : “Resta”.
“Pantera Nera”, il tuo ultimo singolo, è un brano che puoi definire “manifesto” per la tua musica?
Non credo di poter definire “Pantera Nera” un manifesto! insomma, non esprime neanche un quarto della visione che ho del mondo, quindi non credo che sia un manifesto ma bensì un anticipazione di ciò che vi aspetta.

Tornando al tuo percorso, hai una storia veramente molto particolare. Quali sono stati gli avvenimenti che ti hanno cambiato la vita?
Andare via di casa. L’ho fatto a 19 anni .sappiamo bene che per la società italiana, è presto e io ho fatto questo salto nel buio con solo due persone al mio fianco all’inizio, il mio partner e mia sorella ed è stato davvero molto difficile entrare nel mondo degli adulti senza un adulto a guardarti le spalle. ma sono stata fortunata …
Donne e Hip-Hop: qual è l’opinione della Pantera Nera?
Una volta ho odiato “Paola Zuckar” perchè diceva che il rap non è un gioco per donne. cazzo, credo che ogni donna decida per sè, scoprendo i propri limiti e non devono esserci queste discriminazioni di genere dato che in più occasioni nella storia le donne hanno dimostrato di poter fare cose che si pensava non potessero fare. le donne nella scena rap italiane sono molto più famose di me ma sono molto meno toste di me quindi fama o no, se i rapper sono tutti dei king, io sono “La Regina dei Re!!”.
Curiosità: un artista “old school” e uno “new school” con cui collaboreresti?
Direi nessuno perchè non sono il tipo che ama vivere di luce riflessa, ma se devo scegliere vado per Jovanotti artista “old school” mainstream per la sua fluidità artistica; Luchè, invece, come artista “new school” perchè è un “Rudeboy”.
Momento spoiler! Cosa farà Bijou Vanguard nei prossimi mesi?
Farò sempre e solo ciò che sono ispirata a fare, non intendo più nascondermi e per adesso il mio obiettivo è arrivare a più persone possibili. se volete sapere di più vi conviene seguirmi!
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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.
Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.
The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.
Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.
Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.
Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.
C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.
Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.
C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.

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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata ”Calma”, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno

Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata Calma, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno per Honiro Label.
Come scriveva il buon Pascal, il divertissement ci distrae dalla fatica di vivere il mondo, dalla noia asfissiante e da quelle domande che sanno inglobare i pensieri in una matrioska infinita e spesso fuorviante. Quindi, da qui nasce il desiderio di rimanere dentro la frenesia, che, allo stesso tempo, logora ogni parte della nostra anima. Tra sonorità pop e folk, l’artista compie un delicato viaggio di crescita in cui non si cerca necessariamente una soluzione del paradosso, ma di trovare nella baraonda uno spiraglio di serenità.‘’Ho scritto ‘’Calma’’ volendo comunicare il mio bisogno di essere sempre attivo, fare qualcosa, tenere la mente e il corpo mai fermi, perché anche un breve momento di nulla porta la mia testa a fare pensieri infiniti in loop, che non finiscono mai. Però, allo stesso tempo, vorrei respirare. Vivo dentro un paradosso dal quale non riesco ad uscire, dove rimango con lo stesso caos da cui vorrei scappare’’ – ci racconta l’artista.
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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e ”zero ore di sonno”, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno

Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e zero ore di sonno, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno per Honiro Label e Luppolo Dischi.
Un percorso che non è mai a senso unico, tra la vita di tutti i giorni che teletrasporta le nostre emozioni da un estremo all’altro e il desiderio di andare oltre, immedesimarsi in un dopo che ancora non vediamo, ma che ci spinge sempre a migliorarci, a crescere. Con atmosfere teen pop e una penna marcatamente gen z, sedici riesce a mettere a nudo non solo le sfide che si affrontano nel ‘’diventare grandi’’, ma anche quell’energia che riesce a rendere ogni esperienza unica nel suo genere, che dà la forza di conquistare il mondo.
““0 ore di sonno” è il manifesto della mia età, del mio stile di vita, e della mia musica. Giorni che si mescolano alle notti, ore passate a scrivere canzoni, a vivere, a rincorrere emozioni. Alla mia età ci sono giorni in cui non si dorme, e altri in cui si dorme di giorno per recuperare, perché la notte è troppo piena di idee, pensieri, storie da raccontare. Da una parte racconto l’ansia del futuro, dall’altra la voglia di prendersi il mondo. Abbiamo tutto il tempo e il dovere di farlo. – ci racconta l’artista.
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