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Dj Bront x Honiro Journal, tra novità importanti e progetti futuri
Ci eravamo già sentiti a gennaio e in poco tempo il percorso artistico di Dj Bront ha già subito nuove interessanti sterzate. A Maggio è diventato campione italiano DMC Battle For Supremacy, e lo scorso Sabato (il 28 Settembre) è stato a Londra a fare i mondiali. Inoltre a Luglio è diventato campione italiano della Killa Combat Scratch. In pratica ha vinto le maggiori competizioni per Dj di quest’anno.
E noi abbiamo voluto recuperare qualche altra chicca su di lui.
Dall’ultima intervista hai raggiunto altri importanti traguardi,l’ultimo lo scorso Luglio vincendo il primo premio della Killa Combact Scratch (l’importate gara di freestyle creata nel 2006 da Dj Skizo) vuoi parlarci di ciò che è accaduto in questi mesi?
Sono stati mesi in cui mi sono allenato parecchio! Dopo aver partecipato al Mondiale IDA a Cracovia mi aspettavano a Maggio il DMC Italy, che ho vinto, e appunto la Killa Combat Scratch. Preparare due gare nazionali non è facile perché richiedono molta preparazione e sono felice di essere riuscito a dare il massimo in entrambe le situazioni e portare a casa il titolo. Per la Battle For Supremacy del DMC Italy ho dovuto preparare delle routine da 90 secondi in cui alternavo beatjuggle a scratch, mentre la KCS è una gara di improvvisazione, quindi mi sono allenato su diversi generi musicali a fare scratch freestyle!

Nel 2015 avevi già partecipato a questa competizione come è cambiato il tuo approccio a distanza di anni?
C’è stato un percorso dietro alla vittoria della KCS. Nel 2015 avevo iniziato da circa 1 anno a fare gli scratch quindi entrare nelle Finali Italiane per me era già una figata pazzesca! Inoltre quell’anno le Finali erano alla Festa della Musica di Milano, quindi uno show con molto pubblico ed in una bella cornice. Questo mi ha aiutato perché dopo quella esperienza così diretta ho superato la “paura” di esibirsi davanti ad un pubblico e mi sono trovato molto a mio agio su tutti i palchi che ho calcato più avanti. L’anno dopo riuscii a riconfermarmi alle Finali Italiane con un 4° posto in mezzo a Dj sempre più esperti di me e che erano sui giradischi da più tempo. Nel 2017 mi sono preso un anno di pausa e quando son tornato nel 2018 sono riuscito a raggiungere il podio con il 3° posto. Infine quest’anno sono riuscito ad arrivare 1° e vincere, è stata una soddisfazione enorme! Credo che l’approccio sia sempre stato lo stesso, cioè avere il dente avvelenato e non smettere mai di allenarsi fino a raggiungere l’obiettivo!
Oltre al mondo delle gare sei diventato anche Dj di Real Talk Italy presiedendo anche alla serata live al Carroponte. Come ci si sente dopo tanti sforzi e traguardi raggiunti a trovarsi finalmente a lavorare in una serata di questo calibro?
Con Real Talk abbiamo portato avanti tanti progetti, partendo dagli Street con artisti come l’Elfo o Sensei e dagli Studio con Beba o Massimo Pericolo, fino ad arrivare alla realizzazione di Real Talk Cypher Vol.1 che è davvero un progetto in cui ho messo il cuore realizzando tutti i mixaggi e gli scratch. Al Carroponte c’erano almeno un 3000 persone ed una serie di artisti affermati davanti a me, quindi è stata una grande emozione far parte dell’evento, ma mi sono trovato a mio agio sul palco anche perché ormai con le gare sono riuscito a farmi la pelle dura. E’ stato un punto di arrivo a coronamento di un anno ricco di soddisfazioni, ma anche un nuovo punto di partenza per portare avanti nuovi progetti con Real Talk e non solo!
Cosa ti sentiresti di dire a un giovane ragazzo alle prime armi che vuole approcciare a questo mondo e intraprendere questa carriera?
Mi hanno scritto diversi ragazzi interessati al mondo del djing, io credo che il mondo del giradischi sia bello perché molto meritocratico. Il giradischi ti restituisce esattamente ciò che gli hai dato. Quindi a chi è alle prima armi consiglio di mettersi a studiare questo strumento musicale, possibilmente affiancarsi a qualcuno che conosce le basi così da imparare più in fretta e non porsi dei limiti. Oggi sei in uno sgabuzzino a provare le basi dello scratch, domani chissà dove ti può portare un giradischi!
Hai partecipato anche al DMC World. So che è un successo a cui tieni parecchio, ci vuoi parlare di questa esperienza?
Con la vittoria del DMC Italy a Maggio ho avuto la possibilità di partecipare al campionato mondiale DMC per la Battle For World Supremacy. Il DMC è la più importante organizzazione sopratutto nell’ambito gare essendo attiva dal 1985! La finale si è svolta a Londra ed erano presenti oltre 20 nazioni diverse, è stato bellissimo poter rappresentare l’Italia e confrontarsi con Dj da tutto il mondo.
Di soddisfazioni ne stai avendo una dopo l’altra, c’è ancora qualche sassolino nella scarpa che vorresti toglierti per sentirti pienamente soddisfatto?
Ma guarda le soddisfazioni che mi son tolto si ripagano da sole di eventuali sassi nelle scarpe da togliere. Personalmente ho vinto in meno di 1 anno le 3 maggiori competizioni per Djs (IDA, DMC, KCS) ed è stato un traguardo che ho raggiunto per primo quello del “triplete”. Non l’ho fatto per avere dei tornaconti economici o di successo, ma l’ho fatto per l’amore della musica e del turntablism.. Tuttavia penso che meriteremmo più visibilità, più credito, come avviene all’estero dove le serate vengono sponsorizzate e spinte al pari di quelle di rapper o musicisti. Spero che un giorno arriveremo anche in Italia ad avere la fetta di torta che ci meritiamo.
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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #19 – #20
Recuperiamo la scorsa settimana di FUTURO in aggiunta alle uscite di quella attuale per immergerci in un unico flusso musicale e introspettivo dentro il quale poter ritrovarsi e non perdersi.
15 MINUTI – 5070
Trasversale, poliedrico, senza confini sonori: 5070 riesce ad entrare nei nostri ‘’15 minuti’’ esistenziali, dandogli un occhio poetico, di sincera comprensione. In una realtà instransigente, bisogna imparare a donarsi riguardo, prima di compiere un passo che può far andare avanti, come indietro.
PITA GYROS – EMILI KASA
Ricordi vividi che non hanno bisogno di essere mistificati, ma di essere raccontati per quello che sono, nel bene o nel male, dall’inizio alla fine (due momenti che hanno lo stesso sapore). Una voce graffiante e indelebile che permea il cuore di ascolta, non destabilizzando, ma confortando, provando a salvarlo.
NON FA MALE – FUCK POP
Senza indugi, senza mezzi termini e con un linguaggio inconfondibile, come loro sanno fare: il collettivo più alternativo d’Italia torna non per ribaltare gli schemi, ma per definirne di nuovi. Anche ciò che crolla addosso, alla fine, non crolla del tutto; e ciò che non crolla del tutto, ‘’non fa male’’. Si può sempre ricominciare.
ROMANTICA – EVA BLOO
Delicatezza minimalista che si avvicina ad atmosfere poetiche e consapevoli, alla ricerca di una serenità tanto agognata e che appare sempre più impercettibile, poco tangibile. Ma è proprio dentro il frastuono della ‘’pausa’’ dal mondo esterno che si ritrova il punto di partenza, un nuovo mondo interno.
UMANA – BRUCHERO’ NEI PASCOLI
Tra distopia e utopia, tra bisogno di fuggire e bisogno di rimanere: una sperimentazione sonora e concettuale che riporta il senso dell’umano alla sua essenza più urgente, più vera. I contrasti pendono un colore differente, un sapore più rivoluzionario e illuminante.
WENDY – HENNA
Un canto di libertà, sincera espansione ed espressione di se stessi, dove recuperarsi, dove stabilire la propria casa. Con lo scorrere inesorabile delle esperienze e della memoria, l’unico modo per sentirsi vivi, veri, è quello di legarsi profondamente con gli attimi che riempiono la nostra vita in toto.
ABRACADRABA – LUPOFIUMELEGGENDA
Una formula magica che infrange nella frenesia della quotidianità e la sua apparenza, le sue contraddizioni, ma anche i suoi stimoli, in un modo o nell’altro. Sì, il mondo, per quanto sia distruttivo a volte, ci offre la possibilità di poter scegliere chi e cosa può salvarci.
NON SEI TE – TAMI’, UALE
A volte gli occhi degli altri su di noi, sui nostri gesti, le nostre vite, sanno essere pesanti, difficili da sopportare. Tuttavia, esiste un confine sottile tra l’affetto e l’accondiscendenza; e chi ci sta veramente accanto non vuole che perdiamo la bussola, bensì sprona a seguirne la direzione.
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”Morningstar”, il disco che segna la rinascita di Alex Cortez
”Morningstar” è molto più di un titolo: è una dichiarazione d’intenti, un simbolo di accettazione, crescita e consapevolezza. Dopo anni di silenzio discografico, Alex Cortez torna con un progetto che parla la lingua della verità — quella che nasce dall’esperienza, dai fallimenti, dalle contraddizioni e dalle rinascite personali. Il rapper trevigiano sceglie di non semplificare, ma di scavare a fondo, costruendo un percorso che si ascolta come un racconto e si vive come una riflessione.
Con la produzione curata da James Cella e featuring mirati che arricchiscono la narrazione, Morningstar diventa un viaggio sonoro nel quale il boom bap incontra la scrittura adulta, intima e lucida. Cortez non insegue i trend né le playlist, ma la propria verità — quella di un artista che accetta le ombre, dialoga con i demoni interiori e li trasforma in musica.
Abbiamo parlato con lui del significato del titolo, del rapporto con il pubblico e della necessità di tornare a scrivere dopo anni. Quello che emerge è un artista più maturo, libero e coerente, che con Morningstar ci ricorda che ogni fine può essere solo l’inizio di una nuova fase.
Perché hai scelto di intitolare il disco Morningstar e non con un titolo più “diretto”?
Mi piace pensare che l’arte, quindi anche la scrittura, crei un percorso che non sia per forza troppo chiaro, diretto come dici. Mi piace che nel lavoro di un artista ci sia sempre uno spazio ampio da interpretare anche secondo i canoni di chi guarda o in questo caso ascolta. Il Titolo racconta una storia, un concetto. Morningstar è un riferimento e parola dopo parola nel disco sta all’ascoltatore creare i suoi frames, i suoi collegamenti, cercare anche di capire davvero chi è la persona che ha realizzato il pezzo o il disco nella sua interezza.
Quanto ha contato James Cella nel dare forma definitiva al suono del progetto?
Da uno a 100? 1000! Ci conosciamo da un sacco di tempo e non abbiamo mai lavorato insieme. Credo, almeno da parte mia, si sia innescato un meccanismo virtuoso da subito. Lui mi mandava i beat (tutti fighissimi) e io non potevo far altro che scrivere o pensare ad adattare ciò che avevo scritto ai suoi tappeti. In aggiunta a questo, alla parte di produzioni che è fondamentale, anche in studio lui è davvero capace, un fenomeno. Il mixaggio dei pezzi mi ha colpito. Quando ho sentito il disco intero mixato gli ho detto “ma sono io? Cos’è questa figata?”. Lui è super umile ma per me è uno dei produttori più bravi in Italia.
C’è un filo conduttore tra i tuoi vecchi lavori e questo nuovo capitolo?
No nessuno. L’unico riferimento è il remix, anzi… il rework di “Da dove vengo” (beat by ConcreteBeatz e scratch di Dj Tech). Ho voluto lasciare solo quello perchè in realtà era un pezzo che in Pulp Fiction (2006) era rimasto molto in secondo piano ma mi è sempre piaciuto molto. Lo stesso Iso Concretebeats che aveva curato la produzione di allora ha creato il beat per il remix e mi è piaciuto molto quindi l’abbiamo inserito. Ovviamente è fuori dal percorso di Morningstar ma è una citazione del passato che mi rende molto felice e soddisfatto.
Come vivi oggi il rapporto con il pubblico dopo tanti anni di distanza?
Sono molto più disinteressato. Non in senso negativo però. Ora che penso di essere abbastanza cresciuto non faccio più le cose per appagare gli altri ma per sentirmi bene. Quindi accolgo le critiche e ne faccio tesoro, come ho sempre fatto, ma non mi sconvolgono mai. I complimenti, quando ci sono, li prendo e m’imbarazzo perché sono fatto così. Nessuno dei due cambia il mio percorso o le mie idee, continuo a fare o dire quello che mi fa o che mi fa star bene.
C’è una poesia di Rudyard Kipling che ho tatuato su una gamba. Si chiama “If” (Se). C’è un verso che sento molto mio: “Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina E trattare allo stesso modo questi due impostori”. Ecco, credo dica tutto… Due impostori, sia il trionfo che la rovina, ma aggiungo io anche le critiche e i complimenti.
“Non un finale” chiude il disco ma sembra aprire a una nuova fase. È un indizio sul tuo futuro artistico?
In realtà parla di tutt’altro ma il fatto che il titolo era questo ho pensato fosse divertente metterlo in fondo proprio per darmi eventualmente una nuova chance. Ogni volta che faccio un disco penso sia l’ultimo, questo poi dopo mille anni non credevo nemmeno di essere in grado di portarlo a termine come progetto e invece? Eccomi qua. Quindi: no, non un finale. Non dico nulla, non voglio crearvi ma soprattutto crearmi aspettative. Intanto continuo a scrivere, non si sa mai!
In un’epoca di release veloci e hit da playlist, come pensi che verrà accolto un album così personale?
Devo essere sincero, penso non benissimo. Ma è un disco personale e anche venisse accolto male è necessario accettare il responso, per me è stato un bisogno ed una necessità farlo e spero che qualcuno lo colga e si appropri di questo suo potere purificante e catartico che ha avuto per me. Onestamente non credevo nemmeno che Incompleta, che è uscita come singolo a febbraio, venisse capita e accolta così caldamente visto l’argomento di cui tratta e in quel caso mi sono sorpreso, spero di sorprendermi ancora con Morningstar.
Hai parlato di accettazione, di errori, di rinascita. C’è stato un momento preciso in cui hai capito che eri pronto a tornare?
Si, dopo i mille messaggi e commenti che ho ricevuto in seguito all’uscita di Incompleta di cui ti parlavo sopra. Tutto completamenti inaspettato. Parlo di una dolorosa perdita, di un amico che se n’è andato. Ero sicuro che per quanto tramettesse emozionalità fosse molto legata a me e al mio vissuto per cui non trovasse molti consensi. Del resto, l’ho scritta per me in primis, in modo molto egoistico se vuoi, per omaggiare il mio grande amico scomparso.
Ecco, dopo Incompleta ho capito che c’è un pubblico ampio che è disposto ad ascoltare rap, classico? Boombap? Chiamalo come vuoi! A patto però che racconti storie, emozioni, riflessioni in cui si può rispecchiare. Questa per me è stata la scintilla e mi sono convinto di fare un piccolo ma spero rilevante lavoro in tale senso.
Se questo disco fosse un film, quale sarebbe?
Un film non lo so. I miei precedenti dischi si chiamano “Pulp Fiction” e “Giovani, Carini, Disoccupati” quindi sarei stato molto facilitato in questa domanda. Questo potrei dirti che visto il nome potrebbe rifarsi alla serie “Lucifer”, direi che le contraddizioni del protagonista ben si sposano alla linea del disco. Io però al contrario di lui non vado in giro alla ricerca di assassini o cattivi vari. Custodisco i miei demoni dentro di me e cerco di farli lavorare nella giusta direzione.
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La forza di un legame che finisce e la fragilità di ”quello che non so”, il nuovo singolo di ioemeg
La forza di un legame che finisce e la fragilità di quello che non so, il nuovo singolo di ioemeg, in uscita il 24 ottobre per Honiro Label.
Le parole possono diventare carezze e pugnali, allo stesso tempo, dando ad un rapporto un colore differente, una sfumatura in continuo divenire. L’uno cerca di intuire ciò che si cela nell’altro, anche i minimi gesti che danno un segnale di quello che sta per succedere. Ma, alla fine, rimane solamente l’ansia dell’incertezza, l’angoscia di una fine o di come l’amore può proseguire. Agli occhi della logica ciò che non si conosce fa paura, soprattutto quando si lascia andare un pezzo di noi, ma i sentimenti e le sensazioni direzionano sempre scelte che vale la pena compiere.‘
’quello che non so’’ è una storia che finisce o qualcuno che se ne va, mentre resta un vuoto pieno di presenze: oggetti, gesti, ricordi che continuano a parlare. Chi custodisce le tracce degli altri scopre che ciò che conta non è ciò che resta fuori, ma ciò che vive dentro. Nel brano cerco di dare voce a una generazione fragile, riflessiva e resiliente, capace di trasformare la perdita in consapevolezza e la nostalgia in forza. E forse il mettersi a nudo che tanto spaventa diventa una salvezza’’ – ci racconta l’artista.
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