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NAMELESS DA RECORD, super edizione 2024 e ANNUNCIATE LE DATE PER IL PROSSIMO ANNO

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Edizione da record questa del 2024 per quello che è diventato senza dubbio uno appuntamento must, immancabile, per gli amanti della musica ovvero il NAMELESS FESTIVAL.

Oltre 100 artisti ospitati sul palco tra venerdì 14 e domenica 16 giugno tra cui JUSTICE, ANGELINA MANGO, DEADMAU5, CHASE & STATUS, DJ SNAKE, ANNALISA E TONY EFFE, oltre 90 mila presenze in 3 giorni con un pubblico provenuto da Italia, Europa e America, sono queste le parole d’ordine del NAMELESS FESTIVAL che chiude la sua decima edizione confermando i trend dell’anno precedente e annunciando anche le date per il 2025 (31 maggio, 1 e 2 giugno)

I palchi del nameless, esattamente come il suo pubblico, non si sono vestiti solo di tricolore, tanti sono stati infatti gli artisti anche internazionali che si sono esibiti tra i cinque palchi differenti suddivisi per generi musicali (JD stage, il NAMELESS TENT by MOLINARI, il LIVE STAGE by GARNIER FRUCTIS, il RED BULL UNFORSEEN e l’HEINEKEN THE OFFLINE EXPERIENCE). La line up completa della prima giornata vedeva: Ahadadream, Alesso, Angelina Mango, Ava, Bad Boombox, Benny Benassi, Boys Noize, Camo & Krooked, Cassö, Clara, EDMMARO, Greg Willen, Hybrid Minds, Il Pagante, Il Tre, Justice, K Motionz, Koven, Luca Agnelli, Maddix, Marlon Hoffstadt, Sally Cruz, Silent Bob & Sick Budd, Slings e Vale Pain. 

Per poi passare il testimone il 15 giugno a Bello Figo, Boro, Chase & Status (dj set), Claptone, David Penn, Deadmau5, Diss Gacha, EDMMARO (nottelunga), Eiffel 65, Eptic, HOL!,Imanu, Kenya Grace (live), Kungs, Level Up, Low Steppa, Miles, Naska (live), Nello Taver, Pino D’Angiò, Riva Starr, Rudeejay, Sam Divine, Steve Angello, Subtronics, Tony Boy e Wooli.

Durante i tre giorni del festival si percepisce quello che senza dubbio è uno dei punti di forza del Nameless ovvero come questo evento riesca, oltre ad unire generi musicali diversi tra loro, dalla tecno alla trap, dal pop al latin, ad unire e accomunare tutti coloro che sono presenti con uno stesso, contagioso, mood.

Quello che è ancor più straordinario è infatti il clima che si respira al Nameless, che si stia sotto palco o si stia camminando per la location, si avverte chiaramente la sensazione di essere, in un qualche modo, connessi a persone a cui si passa semplicemente affianco, gente che arriva dall’altra parte del mondo o d’Italia con cui non ci si era mai incontrati prima, percependo un legame, quello del linguaggio universale della musica. Ad impreziosire tutto ciò contribuisce sicuramente la suggestiva location dell’evento e l’organizzazione impeccabile per un festival di questo calibro, in poche parole su questo nulla da dire ma, tutto attorno, tanto da cantare. Riguardo ciò, è vero che alcune cose sono intangibili, eppure messo piede al Nameless si comprende anche tutta la passione e l’impegno che gli addetti ai lavori hanno dedicato all’evento per la sua buona (ottima) riuscita.

Siamo molto contenti di questa decima edizione, che ha confermato i trend dell’anno scorso nonostante l’annullamento, a causa del maltempo, della serata inaugurale dedicata ai residentidichiara alberto fumagalli, CEO and founder di Nameless festival mi sento di poter dire che abbiamo raggiunto l’obiettivo preventivato ovvero migliorare il più possibile i servizi, ponendo al centro la soddisfazione e i bisogni del pubblico per realizzare il Nameless più bello di sempre. Siamo già al lavoro per l’edizione 2025, anno in cui sono certo che alzeremo ancor di più l’asticella dell’esperienza festival nel nostro paese”

La domenica conclusiva del festival è descrivibile come una vera e propria esplosione di energia, nel tardo pomeriggio, sotto il mainstage la domanda era diventata è solo una, quando quando quando quando arriva Annalisa?”

Non passa molto tempo e, anche a decine di metri di distanza, si inizia a sentire un “ho visto lei che bacia lui che bacia lei che bacia me” urlato dal pubblico sottopalco che suggerisce l’indubbia presenza dell’artista e del suo corpo di ballo. Dopo hit come “Movimento Lento”, “Bellissima” e “Sinceramente”, l’entusiasmo del pubblico comunque non termina, perché sul LIVE STAGE by GARNIER FRUCTIS sta per salire un’altra artista donna che sta dominando il panorama musicale italiano femminile. Dopo alcune tra le sue tracce più celebri, come l’iconica “Bando”, un presentimento inizia ad attraversare il pubblico e presto, quello che era solo un desiderio, viene concretizzato: sul palco ora, ad accompagnare ANNA si alternano anche LAZZA e CAPO PLAZA.

Ma non è finita, sul palco del Nameless si aggiunge un altro artista indubbiamente colonna portante del panorama urban attuale. Immancabile infatti TONY EFFE con brani come “Miu Miu”, “BOSS” ma anche “SORRY” e la hit estiva “SESSO E SAMBA” con GAIA che sta scalando le classifiche ed è già nelle cuffie di chiunque.

Il tutto, si conclude con fuochi d’artificio, spettacolo di droni e il pensiero, anzi la certezza, che il nameless si riconfermi uno tra gli appuntamenti più attesi e apprezzati a livello italiano e internazionale.

A fine serata, compiuto il primo passo per incamminarsi verso l’uscita del festival, oltre che dalla folla si è accompagnati dalla desiderio di rivivere un evento del genere. E questo, ha solo una risposta, ovvero 31 maggio, 1 e 2 giugno 2025. Il Nameless è infatti già pronto a ripartire, confermando che anche la prossima edizione si terrà tra i comuni di Annone Brianza, Molteno e Bosisio Parini (LC).

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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #19 – #20

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Recuperiamo la scorsa settimana di FUTURO in aggiunta alle uscite di quella attuale per immergerci in un unico flusso musicale e introspettivo dentro il quale poter ritrovarsi e non perdersi.

15 MINUTI – 5070

Trasversale, poliedrico, senza confini sonori: 5070 riesce ad entrare nei nostri ‘’15 minuti’’ esistenziali, dandogli un occhio poetico, di sincera comprensione. In una realtà instransigente, bisogna imparare a donarsi riguardo, prima di compiere un passo che può far andare avanti, come indietro.

PITA GYROS – EMILI KASA

Ricordi vividi che non hanno bisogno di essere mistificati, ma di essere raccontati per quello che sono, nel bene o nel male, dall’inizio alla fine (due momenti che hanno lo stesso sapore). Una voce graffiante e indelebile che permea il cuore di ascolta, non destabilizzando, ma confortando, provando a salvarlo.

NON FA MALE – FUCK POP

Senza indugi, senza mezzi termini e con un linguaggio inconfondibile, come loro sanno fare: il collettivo più alternativo d’Italia torna non per ribaltare gli schemi, ma per definirne di nuovi. Anche ciò che crolla addosso, alla fine, non crolla del tutto; e ciò che non crolla del tutto, ‘’non fa male’’. Si può sempre ricominciare.

ROMANTICA – EVA BLOO

Delicatezza minimalista che si avvicina ad atmosfere poetiche e consapevoli, alla ricerca di una serenità tanto agognata e che appare sempre più impercettibile, poco tangibile. Ma è proprio dentro il frastuono della ‘’pausa’’ dal mondo esterno che si ritrova il punto di partenza, un nuovo mondo interno.

UMANA – BRUCHERO’ NEI PASCOLI

Tra distopia e utopia, tra bisogno di fuggire e bisogno di rimanere: una sperimentazione sonora e concettuale che riporta il senso dell’umano alla sua essenza più urgente, più vera. I contrasti pendono un colore differente, un sapore più rivoluzionario e illuminante.

WENDY – HENNA

Un canto di libertà, sincera espansione ed espressione di se stessi, dove recuperarsi, dove stabilire la propria casa. Con lo scorrere inesorabile delle esperienze e della memoria, l’unico modo per sentirsi vivi, veri, è quello di legarsi profondamente con gli attimi che riempiono la nostra vita in toto.

ABRACADRABA – LUPOFIUMELEGGENDA

Una formula magica che infrange nella frenesia della quotidianità e la sua apparenza, le sue contraddizioni, ma anche i suoi stimoli, in un modo o nell’altro. Sì, il mondo, per quanto sia distruttivo a volte, ci offre la possibilità di poter scegliere chi e cosa può salvarci.

NON SEI TE – TAMI’, UALE

A volte gli occhi degli altri su di noi, sui nostri gesti, le nostre vite, sanno essere pesanti, difficili da sopportare. Tuttavia, esiste un confine sottile tra l’affetto e l’accondiscendenza; e chi ci sta veramente accanto non vuole che perdiamo la bussola, bensì sprona a seguirne la direzione.

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”Morningstar”, il disco che segna la rinascita di Alex Cortez

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”Morningstar” è molto più di un titolo: è una dichiarazione d’intenti, un simbolo di accettazione, crescita e consapevolezza. Dopo anni di silenzio discografico, Alex Cortez torna con un progetto che parla la lingua della verità — quella che nasce dall’esperienza, dai fallimenti, dalle contraddizioni e dalle rinascite personali. Il rapper trevigiano sceglie di non semplificare, ma di scavare a fondo, costruendo un percorso che si ascolta come un racconto e si vive come una riflessione.
Con la produzione curata da James Cella e featuring mirati che arricchiscono la narrazione, Morningstar diventa un viaggio sonoro nel quale il boom bap incontra la scrittura adulta, intima e lucida. Cortez non insegue i trend né le playlist, ma la propria verità — quella di un artista che accetta le ombre, dialoga con i demoni interiori e li trasforma in musica.
Abbiamo parlato con lui del significato del titolo, del rapporto con il pubblico e della necessità di tornare a scrivere dopo anni. Quello che emerge è un artista più maturo, libero e coerente, che con Morningstar ci ricorda che ogni fine può essere solo l’inizio di una nuova fase.

Perché hai scelto di intitolare il disco Morningstar e non con un titolo più “diretto”?
Mi piace pensare che l’arte, quindi anche la scrittura, crei un percorso che non sia per forza troppo chiaro, diretto come dici. Mi piace che nel lavoro di un artista ci sia sempre uno spazio ampio da interpretare anche secondo i canoni di chi guarda o in questo caso ascolta. Il Titolo racconta una storia, un concetto. Morningstar è un riferimento e parola dopo parola nel disco sta all’ascoltatore creare i suoi frames, i suoi collegamenti, cercare anche di capire davvero chi è la persona che ha realizzato il pezzo o il disco nella sua interezza.


Quanto ha contato James Cella nel dare forma definitiva al suono del progetto?
Da uno a 100? 1000! Ci conosciamo da un sacco di tempo e non abbiamo mai lavorato insieme. Credo, almeno da parte mia, si sia innescato un meccanismo virtuoso da subito. Lui mi mandava i beat (tutti fighissimi) e io non potevo far altro che scrivere o pensare ad adattare ciò che avevo scritto ai suoi tappeti. In aggiunta a questo, alla parte di produzioni che è fondamentale, anche in studio lui è davvero capace, un fenomeno. Il mixaggio dei pezzi mi ha colpito. Quando ho sentito il disco intero mixato gli ho detto “ma sono io? Cos’è questa figata?”. Lui è super umile ma per me è uno dei produttori più bravi in Italia.


C’è un filo conduttore tra i tuoi vecchi lavori e questo nuovo capitolo?
No nessuno. L’unico riferimento è il remix, anzi… il rework di “Da dove vengo” (beat by ConcreteBeatz e scratch di Dj Tech). Ho voluto lasciare solo quello perchè in realtà era un pezzo che in Pulp Fiction (2006) era rimasto molto in secondo piano ma mi è sempre piaciuto molto. Lo stesso Iso Concretebeats che aveva curato la produzione di allora ha creato il beat per il remix e mi è piaciuto molto quindi l’abbiamo inserito. Ovviamente è fuori dal percorso di Morningstar ma è una citazione del passato che mi rende molto felice e soddisfatto.


Come vivi oggi il rapporto con il pubblico dopo tanti anni di distanza?
Sono molto più disinteressato. Non in senso negativo però. Ora che penso di essere abbastanza cresciuto non faccio più le cose per appagare gli altri ma per sentirmi bene. Quindi accolgo le critiche e ne faccio tesoro, come ho sempre fatto, ma non mi sconvolgono mai. I complimenti, quando ci sono, li prendo e m’imbarazzo perché sono fatto così. Nessuno dei due cambia il mio percorso o le mie idee, continuo a fare o dire quello che mi fa o che mi fa star bene.
C’è una poesia di Rudyard Kipling che ho tatuato su una gamba. Si chiama “If” (Se). C’è un verso che sento molto mio: “Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina E trattare allo stesso modo questi due impostori”. Ecco, credo dica tutto… Due impostori, sia il trionfo che la rovina, ma aggiungo io anche le critiche e i complimenti.


“Non un finale” chiude il disco ma sembra aprire a una nuova fase. È un indizio sul tuo futuro artistico?
In realtà parla di tutt’altro ma il fatto che il titolo era questo ho pensato fosse divertente metterlo in fondo proprio per darmi eventualmente una nuova chance. Ogni volta che faccio un disco penso sia l’ultimo, questo poi dopo mille anni non credevo nemmeno di essere in grado di portarlo a termine come progetto e invece? Eccomi qua. Quindi: no, non un finale. Non dico nulla, non voglio crearvi ma soprattutto crearmi aspettative. Intanto continuo a scrivere, non si sa mai!


In un’epoca di release veloci e hit da playlist, come pensi che verrà accolto un album così personale?
Devo essere sincero, penso non benissimo. Ma è un disco personale e anche venisse accolto male è necessario accettare il responso, per me è stato un bisogno ed una necessità farlo e spero che qualcuno lo colga e si appropri di questo suo potere purificante e catartico che ha avuto per me. Onestamente non credevo nemmeno che Incompleta, che è uscita come singolo a febbraio, venisse capita e accolta così caldamente visto l’argomento di cui tratta e in quel caso mi sono sorpreso, spero di sorprendermi ancora con Morningstar.

Hai parlato di accettazione, di errori, di rinascita. C’è stato un momento preciso in cui hai capito che eri pronto a tornare?
Si, dopo i mille messaggi e commenti che ho ricevuto in seguito all’uscita di Incompleta di cui ti parlavo sopra. Tutto completamenti inaspettato. Parlo di una dolorosa perdita, di un amico che se n’è andato. Ero sicuro che per quanto tramettesse emozionalità fosse molto legata a me e al mio vissuto per cui non trovasse molti consensi. Del resto, l’ho scritta per me in primis, in modo molto egoistico se vuoi, per omaggiare il mio grande amico scomparso.
Ecco, dopo Incompleta ho capito che c’è un pubblico ampio che è disposto ad ascoltare rap, classico? Boombap? Chiamalo come vuoi! A patto però che racconti storie, emozioni, riflessioni in cui si può rispecchiare. Questa per me è stata la scintilla e mi sono convinto di fare un piccolo ma spero rilevante lavoro in tale senso.


Se questo disco fosse un film, quale sarebbe?
Un film non lo so. I miei precedenti dischi si chiamano “Pulp Fiction” e “Giovani, Carini, Disoccupati” quindi sarei stato molto facilitato in questa domanda. Questo potrei dirti che visto il nome potrebbe rifarsi alla serie “Lucifer”, direi che le contraddizioni del protagonista ben si sposano alla linea del disco. Io però al contrario di lui non vado in giro alla ricerca di assassini o cattivi vari. Custodisco i miei demoni dentro di me e cerco di farli lavorare nella giusta direzione.

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La forza di un legame che finisce e la fragilità di ”quello che non so”, il nuovo singolo di ioemeg

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La forza di un legame che finisce e la fragilità di quello che non so, il nuovo singolo di ioemeg, in uscita il 24 ottobre per Honiro Label.

Le parole possono diventare carezze e pugnali, allo stesso tempo, dando ad un rapporto un colore differente, una sfumatura in continuo divenire. L’uno cerca di intuire ciò che si cela nell’altro, anche i minimi gesti che danno un segnale di quello che sta per succedere. Ma, alla fine, rimane solamente l’ansia dell’incertezza, l’angoscia di una fine o di come l’amore può proseguire. Agli occhi della logica ciò che non si conosce fa paura, soprattutto quando si lascia andare un pezzo di noi, ma i sentimenti e le sensazioni direzionano sempre scelte che vale la pena compiere.

’quello che non so’’ è una storia che finisce o qualcuno che se ne va, mentre resta un vuoto pieno di presenze: oggetti, gesti, ricordi che continuano a parlare. Chi custodisce le tracce degli altri scopre che ciò che conta non è ciò che resta fuori, ma ciò che vive dentro. Nel brano cerco di dare voce a una generazione fragile, riflessiva e resiliente, capace di trasformare la perdita in consapevolezza e la nostalgia in forza. E forse il mettersi a nudo che tanto spaventa diventa una salvezza’’ – ci racconta l’artista.

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