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DARRN ci racconta il suo nuovo singolo “NOBODY”: “Ho voluto che questo brano fosse un viaggio introspettivo”

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Con la pubblicazione dei due singoli “PAPI” e “NOBODY”(M.A.S.T./Believe Digital), DARRN ha trascinato l’ascoltatore in un vero e proprio viaggio introspettivo all’interno del suo universo musicale.

Grazie a questo suo nuovo brano, Dario Schittone, questo il nome all’anagrafe dell’artista, vuole raccontare come, per cambiare ciò che ci circonda non sia sempre necessario cambiare anche noi stessi, ma si possa anche semplicemente esplorare una nuova versione della propria personalità, resettando la negatività del passato.

Chi meglio di DARRN poteva raccontarci “NOBODY”? Noi di Honiro Journal lo abbiamo intervistato!

DARRN, essendo la prima intervista con Honiro Journal inizierei chiedendoti da che idea nasca il tuo nome d’arte

Ho dei cugini americani, lo zio di mio padre si è trasferito anni fa negli USA.Quando a 17 anni sono andato per la prima volta a trovarli per loro era strano chiamarmi “Dario” e la pronuncia americana li portava a pronunciare il mio nome “Darren” perché lo adattavano automaticamente alla loro lingua. Sono stato lì quasi due mesi, questo mi ha portato ad abituarmi ad essere chiamato con questo nome e così, quando sono tornato in Italia, ho voluto che diventasse anche il mio nome d’arte.

All’interno del comunicato stampa si legge come, tramite questo singolo, tu voglia “resettare il passato”. Dimenticare del tutto il nostro passato è forse impossibile poiché è parte della nostra storia e, molte volte, è proprio ciò che ci ha dato l’opportunità di arrivare ad essere chi siamo. Credi si possano trarre anche aspetti positivi dal proprio passato?

All’interno del singolo affermo di non essere cambiato, di voler semplicemente resettare il mindset, le abitudini. Ognuno di noi, negli anni, ha avuto momenti in cui performava di più e momenti di difficoltà. A volte la vita, a causa ti tanti motivi o avvenimenti, ti porta a modificare alcune abitudini, io ad esempio non sono cambiato, ho semplicemente iniziato a fare musica con una nuova mentalità, molto più propositiva e anche più curiosa.

Un ulteriore punto chiave del singolo è senza dubbio il desiderio di ritrovare l’amore per se stessi. Solitamente l’amore viene sempre raccontato nelle vesti di un’emozione che dedichiamo ad un’altra persona, a qualcuno di esterno a noi, come credi invece si possa imparare ad amare anche se stessi?

Questo è l’aspetto su cui ho lavorato maggiormente negli ultimi due anni. Inizialmente davo tante cose per scontate, poi sono ripartito da me stesso, ho voluto incominciare a mettermi in dubbio, non mi piaceva accettarmi semplicemente per ciò che ero. A volte, a causa di tantissime motivazioni diverse ed intrecciate tra loro, paradossalmente iniziamo ad apparire anche in un modo che non ci rappresenta. Nell’ultimo anno e mezzo sono successe molte cose, mi sono trasferito da Roma a Milano perché ho voluto cambiare aria, soprattutto per quel che riguarda l’aspetto musicale. La musica non sono solamente le canzoni, ma anche come vivi, il mindset, l’ambiente in cui sei. Io ho sempre fatto musica per sperimentare, per stare bene con me stesso, a Roma ero molto ispirato ma mi accorgevo facilmente di come, rimanendo lì, impedivo ad un determinato flusso dell’universo musicale di toccarmi. Qui a Milano invece entri costantemente in contatto con realtà, musicisti e tanto altro, è molto stimolante tutto ciò.

Ascoltando il singolo e leggendo il comunicato stampa si comprende la tua volontà di resettare la negatività. Come pensi che la musica possa aiutarci in questo e, in particolare, in che modo la tua musica vuole aiutare in questo?

Questa domanda mi piace molto perché spesso mi chiedo a cosa serva o comunque quale sia il senso della mia musica, in che modo le mie canzoni si differenzino dai brani di altri. Penso che la differenza risieda proprio nel processo creativo, nella genesi della musica. Personalmente ho sempre lavorato d’improvvisazione, dando vita a testi e singoli in modo estremamente spontaneo. Anche le persone con cui collaboro sono molto autentiche in questo, penso quindi che il punto forte di ciò che faccio sia l’emotività, il mio desiderio con la musica di andare a scavare, anche grazie alla prosa non solo grazie alla voce, nel vissuto di chi mi ascolta.

All’interno del videoclip del brano, si nota subito l’ambientazione in un teatro. Ha un significato particolare per te, vuole essere una metafora per comunicare qualcosa di specifico?

L’idea di questi drappi è nata grazie all’immaginario di un piccolo palcoscenico, ho voluto appositamente che fosse un’ambientazione intima e non un grande teatro per trasmettere l’idea di una metafora molto più introspettiva. La scelta del palcoscenico vuole rappresentare come, simbolicamente, siamo sempre noi stessi ad essere il nostro pubblico, siamo proprio noi in primis a giudicare, bene o male, il nostro valore. Credo che le migliori idee siano spesso generate dall’istinto, dalla spontaneità. A questo bisogna sempre associare un processo creativo, ma non bisogna nemmeno mai dimenticarsi di mettere il cuore in ciò che si fa.

Sappiamo che con NOBODY continua il tuo viaggio introspettivo iniziato in PAPI. Ti andrebbe di anticiparci liberamente qualcosa riguardo i tuoi obiettivi futuri? Questi due singoli faranno parte di un progetto più ampio?

Il 2024 è iniziato con un progetto già concluso a livello di processo creativo ma ancora inedito per quanto riguarda la pubblicazione. Poi un domani, magari in autunno, mi piacerebbe anche far uscire un disco in inglese. Mi affascina l’idea, ovviamente con le dovute tempistiche, di attraversare anche un periodo di maggior respiro internazionale.

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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #25

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Un tuffo nel passato che sa di FUTURO, tra visione ed eloquenza. Protagonista della cover digitale Lumiero.

IL PRIMO GRANDE DISCO DI LUMIERO – LUMIERO

Un tuffo nel passato che sa di futuro, tra visione ed eloquenza, tra musicalità e parole incise nel cuore di chi ascolta. Uno dei progetti più rivoluzionari completa una raccolta di immagini che richiamano un mondo che non c’è più, ma di cui vorremmo ancora la sua linfa; il tutto condito dalle sfumature più sincere.

ASTRONAVE – OTTOBRE

Una diatriba con se stessi, ma anche con l’altro, tra sentimenti che spengono e sentimenti che riportano, in un modo o nell’altro, al calore che tanto si brama e che non sempre si riesce ad afferrare, tenere con sé. Sonorità dinamiche e d’impatto fanno da sfondo al vortice motivo dove l’unica arma è surfare.

FACCIAMO A META’ – EUGENIO IN VIA DI GIOIA

Ci sono cose che non si possono comprendere per intero. A volte bisogna proprio vederle ‘’a metà’’. Allo stesso modo, ciò che compone la nostra serenità non lo si vive nella sua interezza, ma un pezzo alla volta, nella sua semplice scansione quotidiana. Un inno a guardare con spontaneità ciò che ci circonda.

MI MANIFESTO – PAN DAN

Un mondo a cui si accede non con formalità o giri di parole, ma facendosi trasportare dalle vibrazioni di un’anima creativa, spontanea, che sperimenta ogni sfaccettatura della vita. Suoni eterei e parole come ‘’vox clamantis in deserto’’ presentano l’interezza dei luoghi interiori più reconditi.

7 MINUTI – KUZU, MONTAG, WISM (MENZIONE SPECIALE)

Sperimentazione e poesia si fondono per un flusso di coscienza fatto di immagini lucide, nitide, che illuminano quei tratti d’umanità di cui siamo fatti e che il sistema cerca di nasconderci. ‘’7 minuti’’ che diventano una colonna sonora di una vita intera, senza ripetizioni, senza ripensamenti.

NESSUNA – ALTEA

Uno dei progetti più freschi del panorama attuale ritorna con un manifesto intimo, profondo, speciale, dove raccontarsi e raccontare il ramificarsi della propria storia. Musica d’oltreoceano e poesie ‘’a cielo aperto’’ sono gli elementi di una realtà vista con occhi sensibili e maturi, senza veli e con una poetica umana.

VOCE – MADA

Quando si esprime con la propria ‘’voce’’ ciò che si cela nella nostra storia e nel nostro essere, non solo c’è una riscoperta, ma anche un unico flusso sonoro: la propria verità. Per quanto il mondo sovrasta la voce, c’è qualcosa di più nel volume della nostra vita. Imparare ad equilibrarlo rende tutto più semplice.

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre

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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.

Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.

“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.

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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha

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Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.


BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.

BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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