Connect with us

News

I FRENÈSYA ci raccontano il loro EP “SESTO SENSO”: “Questo progetto vuole ricordare l’importanza di vivere ascoltando e ascoltandosi”

Pubblicato

il

E’ disponibile dal 1 marzo su tutte le piattaforme digitali “SESTO SENSO” il nuovo singolo dei FRENÈSYA. Questo brano rappresenta solamente il primo tassello del progetto artistico del duo, che si evolverà prendendo sempre più forma nei prossimi mesi.

“SESTO SENSO” è un viaggio introspettivo alla ricerca e alla scoperta delle proprie sensazioni, di ciò che ci fa sentire vivi. Chi meglio dei FRENÈSYA poteva raccontarci questo brano? Noi di Honiro Journal li abbiamo intervistati!

Sappiamo che “Sesto Senso” è il primo brano di un progetto all’interno del quale ogni pezzo racconterà uno dei cinque sensi. Qual è stato il pensiero che vi ha portato a scegliere proprio questo tema? C’è stato un evento o un motivo scatenante che vi ha portato a questa idea?

Diciamo che quando quest’estate abbiamo iniziato a scrivere nuovi brani, ma ancora non sapevamo bene che forma avrebbero preso, se semplici singoli o un progetto d’insieme. Finché a un certo punto nelle prime canzoni scritte è come se si fosse manifestato un filo conduttore, che era lì nascosto, ma allo stesso tempo davanti ai nostri occhi. Ogni canzone, nel titolo e nel modo di raccontare storie, portava il focus su uno dei sensi. Così abbiamo deciso di continuare questo cammino e completare il racconto chiudendo un ep di sei tracce. Il concept di questo nuovo progetto vuole dare importanza al vivere la vita, le esperienze, le relazioni con il mondo circostante a pieno. Infatti vivendo in un’epoca piena di caos, spesso tendiamo anestetizzarci perché troppo spaventati dalla potenza delle emozioni. Quindi ogni canzoni in questo ep vuole proprio cambiare lo sguardo, e ricordare l’importanza di vivere ascoltando, e ascoltandosi, dando valore ad ogni tipo di sensazione, anche quella apparentemente più piccola.

Come si può leggere nel comunicato stampa, “Sesto Senso” racconta di quel filo rosso che ci lega inspiegabilmente a qualcun altro, che ci connette in un modo non razionale a qualcuno a cui vogliamo incredibilmente bene. Quale pensate sia il filo rosso che vi lega al vostro pubblico, la connessione che si instaura tra voi e chi vi ascolta?

Crediamo che la nostra musica trovi nella dimensione live la sua massima espressione. È lì che riesce ad emergere quell’energia che ne completa il significato, proprio grazie alla relazione che solitamente si instaura col pubblico, tra balli a ritmo di cassa dritta e momenti più emotivi cantati insieme. Al di là dei live quello che cerchiamo di fare con la nostra musica è raccontare storie, senza trascurare l’aspetto della sperimentazione dal punto di vista più musicale. Per questo ultimamente stiamo lavorando a “progetti”, che racchiudano più canzoni in dialogo tra loro. Che possano far viaggiare il pubblico insieme a noi attraverso suoni, melodie e parole. Parole che evocano immagini a volte più astratte, a volte estremamente concrete in cui speriamo il pubblico si rispecchi.

nella mia testa corri come vuoi, lasci le impronte e scappi quando puoi ma dimmi se ti cerco dove vai” che importanza hanno per voi, nel processo creativo della vostra musica ma anche nella vostra vita personale, i ricordi? Quanto sono preziosi?

I ricordi sono vita. Sono come dei mattoni che si accumulano dentro di noi e che danno forma man mano alla nostra esistenza. Per noi sono essenziali. Siamo persone molto riflessive e molto attaccate ai ricordi. Tra l’altro essendo fratelli ne abbiamo condivisi tanti, e avendo cinque anni di differenza spesso è bello raccontarsi i diversi punti di vista. Ad ogni modo, da cantautori è davvero potente poi potergli dare forma attraverso la musica. E quindi giocarci, modellarli per creare scenari che avremmo desiderato ma mai realizzati, o magari per rivedere immagini rimaste attaccate alla nostra mente, o semplicemente per elaborare qualcosa di inconcluso dentro di noi.

senti adesso il mio cuore è offline” in che modo la vostra musica vuole riportare il cuore di chi l’ascolta online invece che offline?

Sicuramente con l’energia. Ad esempio anche se “Sesto Senso” è una canzone introspettiva, attraverso la frenesia delle melodia, della produzione e delle parole, vuole portare a galla quella confusione che si prova nel vivere un legame con qualcuno tanto potente quanto astratto. Una connessione che sopravvive anche quando tra le mani non ti resta nulla. E ci si trova in sospeso tra la gioia e il dolore. Ecco noi vogliamo esorcizzare le emozioni, anche quelle che a volte ti fanno sentire offline, condividendo le nostre storie attraverso una musica travolgente che faccia esternare ogni emozione. Che faccia sentire online i cuori di chi la ascolta.

Vi andrebbe di anticiparci liberamente cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? Quali sono i vostri obiettivi, speranze, come si evolverà il vostro progetto?

Sicuramente pubblicare questo ep entro il prossimo natale, e portare in giro la nostra musica su più palchi possibili in tutta Italia. Il nostro sogno è quello di far arrivare il nostro amore per la musica ovunque e di condividere tutto questo sempre con più persone.

Solitamente prima di concludere un’intervista chiedo sempre se c’è qualcosa che non vi ho chiesto (riguardo la vostra musica, voi stesse, il vostro progetto artistico…) che però ci terreste a far sapere ai nostri lettori

Quello che vorremmo dire è che, essendo fratelli, condividiamo questo rapporto con la musica praticamente da sempre. Ovviamente il rapporto lavorativo, specialmente nella scrittura, col tempo si è evoluto e si sta evolvendo. Crescendo si impara a confrontarsi, a scambiarsi idee. Però la novità di questo progetto sarà proprio nella presenza di diverse collaborazioni. Scrivere insieme ad altri artisti può essere davvero stimolante, entrare in connessione con altre forme di creatività è importante, e siamo contenti di averlo fatto. Non vediamo l’ora di farvi sentire tutto. A prestissimo!

Condividi sui social
Continua a leggere

News

FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #19 – #20

Pubblicato

il

Recuperiamo la scorsa settimana di FUTURO in aggiunta alle uscite di quella attuale per immergerci in un unico flusso musicale e introspettivo dentro il quale poter ritrovarsi e non perdersi.

15 MINUTI – 5070

Trasversale, poliedrico, senza confini sonori: 5070 riesce ad entrare nei nostri ‘’15 minuti’’ esistenziali, dandogli un occhio poetico, di sincera comprensione. In una realtà instransigente, bisogna imparare a donarsi riguardo, prima di compiere un passo che può far andare avanti, come indietro.

PITA GYROS – EMILI KASA

Ricordi vividi che non hanno bisogno di essere mistificati, ma di essere raccontati per quello che sono, nel bene o nel male, dall’inizio alla fine (due momenti che hanno lo stesso sapore). Una voce graffiante e indelebile che permea il cuore di ascolta, non destabilizzando, ma confortando, provando a salvarlo.

NON FA MALE – FUCK POP

Senza indugi, senza mezzi termini e con un linguaggio inconfondibile, come loro sanno fare: il collettivo più alternativo d’Italia torna non per ribaltare gli schemi, ma per definirne di nuovi. Anche ciò che crolla addosso, alla fine, non crolla del tutto; e ciò che non crolla del tutto, ‘’non fa male’’. Si può sempre ricominciare.

ROMANTICA – EVA BLOO

Delicatezza minimalista che si avvicina ad atmosfere poetiche e consapevoli, alla ricerca di una serenità tanto agognata e che appare sempre più impercettibile, poco tangibile. Ma è proprio dentro il frastuono della ‘’pausa’’ dal mondo esterno che si ritrova il punto di partenza, un nuovo mondo interno.

UMANA – BRUCHERO’ NEI PASCOLI

Tra distopia e utopia, tra bisogno di fuggire e bisogno di rimanere: una sperimentazione sonora e concettuale che riporta il senso dell’umano alla sua essenza più urgente, più vera. I contrasti pendono un colore differente, un sapore più rivoluzionario e illuminante.

WENDY – HENNA

Un canto di libertà, sincera espansione ed espressione di se stessi, dove recuperarsi, dove stabilire la propria casa. Con lo scorrere inesorabile delle esperienze e della memoria, l’unico modo per sentirsi vivi, veri, è quello di legarsi profondamente con gli attimi che riempiono la nostra vita in toto.

ABRACADRABA – LUPOFIUMELEGGENDA

Una formula magica che infrange nella frenesia della quotidianità e la sua apparenza, le sue contraddizioni, ma anche i suoi stimoli, in un modo o nell’altro. Sì, il mondo, per quanto sia distruttivo a volte, ci offre la possibilità di poter scegliere chi e cosa può salvarci.

NON SEI TE – TAMI’, UALE

A volte gli occhi degli altri su di noi, sui nostri gesti, le nostre vite, sanno essere pesanti, difficili da sopportare. Tuttavia, esiste un confine sottile tra l’affetto e l’accondiscendenza; e chi ci sta veramente accanto non vuole che perdiamo la bussola, bensì sprona a seguirne la direzione.

Condividi sui social
Continua a leggere

News

”Morningstar”, il disco che segna la rinascita di Alex Cortez

Pubblicato

il

”Morningstar” è molto più di un titolo: è una dichiarazione d’intenti, un simbolo di accettazione, crescita e consapevolezza. Dopo anni di silenzio discografico, Alex Cortez torna con un progetto che parla la lingua della verità — quella che nasce dall’esperienza, dai fallimenti, dalle contraddizioni e dalle rinascite personali. Il rapper trevigiano sceglie di non semplificare, ma di scavare a fondo, costruendo un percorso che si ascolta come un racconto e si vive come una riflessione.
Con la produzione curata da James Cella e featuring mirati che arricchiscono la narrazione, Morningstar diventa un viaggio sonoro nel quale il boom bap incontra la scrittura adulta, intima e lucida. Cortez non insegue i trend né le playlist, ma la propria verità — quella di un artista che accetta le ombre, dialoga con i demoni interiori e li trasforma in musica.
Abbiamo parlato con lui del significato del titolo, del rapporto con il pubblico e della necessità di tornare a scrivere dopo anni. Quello che emerge è un artista più maturo, libero e coerente, che con Morningstar ci ricorda che ogni fine può essere solo l’inizio di una nuova fase.

Perché hai scelto di intitolare il disco Morningstar e non con un titolo più “diretto”?
Mi piace pensare che l’arte, quindi anche la scrittura, crei un percorso che non sia per forza troppo chiaro, diretto come dici. Mi piace che nel lavoro di un artista ci sia sempre uno spazio ampio da interpretare anche secondo i canoni di chi guarda o in questo caso ascolta. Il Titolo racconta una storia, un concetto. Morningstar è un riferimento e parola dopo parola nel disco sta all’ascoltatore creare i suoi frames, i suoi collegamenti, cercare anche di capire davvero chi è la persona che ha realizzato il pezzo o il disco nella sua interezza.


Quanto ha contato James Cella nel dare forma definitiva al suono del progetto?
Da uno a 100? 1000! Ci conosciamo da un sacco di tempo e non abbiamo mai lavorato insieme. Credo, almeno da parte mia, si sia innescato un meccanismo virtuoso da subito. Lui mi mandava i beat (tutti fighissimi) e io non potevo far altro che scrivere o pensare ad adattare ciò che avevo scritto ai suoi tappeti. In aggiunta a questo, alla parte di produzioni che è fondamentale, anche in studio lui è davvero capace, un fenomeno. Il mixaggio dei pezzi mi ha colpito. Quando ho sentito il disco intero mixato gli ho detto “ma sono io? Cos’è questa figata?”. Lui è super umile ma per me è uno dei produttori più bravi in Italia.


C’è un filo conduttore tra i tuoi vecchi lavori e questo nuovo capitolo?
No nessuno. L’unico riferimento è il remix, anzi… il rework di “Da dove vengo” (beat by ConcreteBeatz e scratch di Dj Tech). Ho voluto lasciare solo quello perchè in realtà era un pezzo che in Pulp Fiction (2006) era rimasto molto in secondo piano ma mi è sempre piaciuto molto. Lo stesso Iso Concretebeats che aveva curato la produzione di allora ha creato il beat per il remix e mi è piaciuto molto quindi l’abbiamo inserito. Ovviamente è fuori dal percorso di Morningstar ma è una citazione del passato che mi rende molto felice e soddisfatto.


Come vivi oggi il rapporto con il pubblico dopo tanti anni di distanza?
Sono molto più disinteressato. Non in senso negativo però. Ora che penso di essere abbastanza cresciuto non faccio più le cose per appagare gli altri ma per sentirmi bene. Quindi accolgo le critiche e ne faccio tesoro, come ho sempre fatto, ma non mi sconvolgono mai. I complimenti, quando ci sono, li prendo e m’imbarazzo perché sono fatto così. Nessuno dei due cambia il mio percorso o le mie idee, continuo a fare o dire quello che mi fa o che mi fa star bene.
C’è una poesia di Rudyard Kipling che ho tatuato su una gamba. Si chiama “If” (Se). C’è un verso che sento molto mio: “Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina E trattare allo stesso modo questi due impostori”. Ecco, credo dica tutto… Due impostori, sia il trionfo che la rovina, ma aggiungo io anche le critiche e i complimenti.


“Non un finale” chiude il disco ma sembra aprire a una nuova fase. È un indizio sul tuo futuro artistico?
In realtà parla di tutt’altro ma il fatto che il titolo era questo ho pensato fosse divertente metterlo in fondo proprio per darmi eventualmente una nuova chance. Ogni volta che faccio un disco penso sia l’ultimo, questo poi dopo mille anni non credevo nemmeno di essere in grado di portarlo a termine come progetto e invece? Eccomi qua. Quindi: no, non un finale. Non dico nulla, non voglio crearvi ma soprattutto crearmi aspettative. Intanto continuo a scrivere, non si sa mai!


In un’epoca di release veloci e hit da playlist, come pensi che verrà accolto un album così personale?
Devo essere sincero, penso non benissimo. Ma è un disco personale e anche venisse accolto male è necessario accettare il responso, per me è stato un bisogno ed una necessità farlo e spero che qualcuno lo colga e si appropri di questo suo potere purificante e catartico che ha avuto per me. Onestamente non credevo nemmeno che Incompleta, che è uscita come singolo a febbraio, venisse capita e accolta così caldamente visto l’argomento di cui tratta e in quel caso mi sono sorpreso, spero di sorprendermi ancora con Morningstar.

Hai parlato di accettazione, di errori, di rinascita. C’è stato un momento preciso in cui hai capito che eri pronto a tornare?
Si, dopo i mille messaggi e commenti che ho ricevuto in seguito all’uscita di Incompleta di cui ti parlavo sopra. Tutto completamenti inaspettato. Parlo di una dolorosa perdita, di un amico che se n’è andato. Ero sicuro che per quanto tramettesse emozionalità fosse molto legata a me e al mio vissuto per cui non trovasse molti consensi. Del resto, l’ho scritta per me in primis, in modo molto egoistico se vuoi, per omaggiare il mio grande amico scomparso.
Ecco, dopo Incompleta ho capito che c’è un pubblico ampio che è disposto ad ascoltare rap, classico? Boombap? Chiamalo come vuoi! A patto però che racconti storie, emozioni, riflessioni in cui si può rispecchiare. Questa per me è stata la scintilla e mi sono convinto di fare un piccolo ma spero rilevante lavoro in tale senso.


Se questo disco fosse un film, quale sarebbe?
Un film non lo so. I miei precedenti dischi si chiamano “Pulp Fiction” e “Giovani, Carini, Disoccupati” quindi sarei stato molto facilitato in questa domanda. Questo potrei dirti che visto il nome potrebbe rifarsi alla serie “Lucifer”, direi che le contraddizioni del protagonista ben si sposano alla linea del disco. Io però al contrario di lui non vado in giro alla ricerca di assassini o cattivi vari. Custodisco i miei demoni dentro di me e cerco di farli lavorare nella giusta direzione.

Condividi sui social
Continua a leggere

News

La forza di un legame che finisce e la fragilità di ”quello che non so”, il nuovo singolo di ioemeg

Pubblicato

il

La forza di un legame che finisce e la fragilità di quello che non so, il nuovo singolo di ioemeg, in uscita il 24 ottobre per Honiro Label.

Le parole possono diventare carezze e pugnali, allo stesso tempo, dando ad un rapporto un colore differente, una sfumatura in continuo divenire. L’uno cerca di intuire ciò che si cela nell’altro, anche i minimi gesti che danno un segnale di quello che sta per succedere. Ma, alla fine, rimane solamente l’ansia dell’incertezza, l’angoscia di una fine o di come l’amore può proseguire. Agli occhi della logica ciò che non si conosce fa paura, soprattutto quando si lascia andare un pezzo di noi, ma i sentimenti e le sensazioni direzionano sempre scelte che vale la pena compiere.

’quello che non so’’ è una storia che finisce o qualcuno che se ne va, mentre resta un vuoto pieno di presenze: oggetti, gesti, ricordi che continuano a parlare. Chi custodisce le tracce degli altri scopre che ciò che conta non è ciò che resta fuori, ma ciò che vive dentro. Nel brano cerco di dare voce a una generazione fragile, riflessiva e resiliente, capace di trasformare la perdita in consapevolezza e la nostalgia in forza. E forse il mettersi a nudo che tanto spaventa diventa una salvezza’’ – ci racconta l’artista.

Condividi sui social
Continua a leggere

Trending

Copyright Honiro.it 2018 | HONIRO SRL - P.iva : 12208631007 - Sede legale : Via del mandrione, 105 - 00181 Roma | Powered by Dam Company