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SACE ci racconta il suo nuovo album ispirato a Maradona: “Dobbiamo ritrovare la capacità di sognare”
FLOW DE D10S è il nuovo album del rapper SACE, disponibile su tutte le principali piattaforme digitali da venerdì 20 maggio.
FLOW DE D10S di SACE, ideato da Diemond ed in parte co-prodotto da MDM, è composto da 10 tracce dalla durata di 1 minuto, un breve ma intenso viaggio tra suoni street e rap. Ancora una volta, in FLOW DE D10S SACE, utilizza la musica come puro sfogo artistico e creativo dimostrando un’ulteriore sfaccettatura del suo particolare stile optando per delle vere e proprie “short tracks”, unendo urban ed elettronica con sonorità ricercate e rime dirette e decise.
Chi meglio di Sace poteva raccontarci “FLOW DE D10S“? Noi di Honiro Journal lo abbiamo intervistato!

FLOW DE D10S è composto da 10 tracce dalla durata di 1 minuto, una decisione che rende il progetto unico. Come mai questa scelta stilistica?
Inizialmente la scelta è stata molto naturale. Tempo fa infatti ho preparato dei freestyle che, una volta pubblicati su instragram, hanno riscontrato un buon feedback. Con Diemond, il produttore che mi segue, abbiamo quindi deciso di sviluppare un intero progetto in questo modo. Questa struttura così particolare vuole essere una critica ad un mercato dove ormai c’è spesso solo musica istantanea, fulminea, brani dove metà degli ascoltatori nemmeno arrivano alla seconda strofa, dall’altro c’era in me l’intento di creare una sorta di loop, in molti infatti mi scrivono che finita una traccia subito la riascoltano.
Questa scelta stilistica vuole sottolineare soprattutto come gli artisti ormai non dipendano più dalla loro ispirazione ma dalle logiche di mercato, che impongono di rispettare sempre più canoni. Facendo musica da tanti anni personalmente ero abituato a ritmi completamente diversi. Questo album vuole quindi essere una giostra tra quello che era il passato e ciò che invece stiamo musicalmente vivendo ora.
Hai usato un’espressione particolarmente vera, oggi spesso le cose sono istantanee, momentanee. Tu invece cosa vuoi che rimanga a chi ascolta la tua musica?
Vorrei che il disco per l’ascoltatore fosse un play infinito, un loop appunto. Questo progetto nasce dalla voglia di portare un live diverso. In soli dieci minuti c’è la possibilità di ascoltare dieci tracce differenti tra loro, è quindi un ventaglio di sfumature improntato sulla versatilità.
Il tuo nuovo progetto musicale si ispira alla figura di Diego Armando Maradona, a partire dal titolo, ma anche nell’uso frequente del numero 10. Cosa ti ha ispirato così tanto di questa figura? Come mai ci sei particolarmente legato?
Maradona è una figura che mi accompagna fin da bambino, quando ero piccolo, un po’ come tutti, avevo il sogno di giocare a calcio. Ciò che mi ha da sempre ispirato e affascinato particolarmente di lui è stato il suo modo di stare in campo. Ho sempre ritenuto che fosse, allo stesso tempo, genio e sregolatezza. Nel disco, in ogni traccia, c’è sempre una diversità, metriche differenti. Metaforicamente è come se fossi in campo a giocare la mia partita e mi destreggiassi tra le barre. Proprio dall’essere ispirato dalla sua figura nasce poi l’idea di articolare la tracklist in dieci tracce da un minuto.

“Nessuno dice quello che pensa”
La sincerità secondo te è un valore che ultimamente si è perso o si sta perdendo? Come mai secondo te siamo arrivati al punto in cui nessuno dice ciò che pensa? è invece la musica un tuo modo per esprimere ciò che pensi veramente?
A livello personale credo che dire tutto ciò che si pensa sia rischioso. Ci si può ritrovare spesso contro tutti e a volte addirittura a dover affrontare battaglie contro noi stessi. Si è sempre pensato che, alla fine, sia meglio dire ciò che mette tutti d’accordo, per non rimanere esclusi o non sentirsi diversi. Questo è un ragionamento che onestamente non ho mai condiviso, ho spesso preferito essere sincero e accettare quello che, talvolta, è il prezzo da pagare.
La musica per me rappresenta una valvola di sfogo. Con questa passione quindi colgo l’occasione per far trasparire quelli che sono i miei veri pensieri, anche se magari poi nella vita di tutti i giorni sono una persona più tranquilla e più pacata.
“Giovani senza futuro vivono in un film”
Come ti immagini un tuo futuro? Per i giovani al giorno d’oggi, con l’incertezza di questo periodo, c’è difficoltà a vivere il proprio futuro. Come possiamo invece tornare a sognare un domani?
Ho scritto questa frase perché spesso mi rendo conto di essere circondato da una gioventù che si idealizza in personaggi che non esistono, ma soprattutto che basa il suo intero futuro su questo. Credo che uscire da un loop di monotonia sia difficile, soprattutto se non si ha una passione, un impiego, o qualcuno che ti spinga a fare qualcosa di costruttivo per il tuo futuro.
Quando ero piccolo, ricordo benissimo che in classe ognuno di noi sognava di fare o diventare moltissime cose nella vita, si pensava anche ai mestieri più originali o più assurdi. Adesso invece, spesso, i ragazzi impiegano il loro tempo in nulla e, rispetto questo fatto, non hanno aiutato tante cose che sono andate in voga ultimamente, a partire da alcuni concetti veicolati da serie tv e film. Se dall’esterno non arriva la spinta per ricominciare dobbiamo cercarla dentro di noi, dobbiamo ritrovare la capacità di sognare. “ME”, ovvero mio progetto artistico precedente, era dedicato interamente ai giovani e voleva spronarli a sfruttare al meglio le loro potenzialità, che sono tante. Quando ascolto alcuni discorsi in cui si dice “che il mondo è lasciato a generazioni inconcludenti come la nostra” non sono per niente d’accordo, bisognerebbe infatti comprendere che spesso e volentieri noi giovani non siamo nella condizione di fare qualcosa.
Come è quando ti sei appassionato a questo genere stilistico? Da cosa è nata la passione per la musica?
Inizialmente suonavo la batteria, sono cresciuto in un contesto familiare dove l’arte è fondamentale quindi era inevitabile il mio coinvolgimento. Dopo 10 anni ho lasciato la batteria per iniziare a suonare il pianoforte. Il mondo dell’hip hop l’ho scoperto grazie alla passione per i graffiti, da lì è subentrato il rap e da ascoltatore ho iniziato a scrivere le prime strofe per esprimere il mio vissuto personale. Ho cominciato un po’ per sfida e un po’ per raccontarmi, dopo poco ho compreso che scrivere mi faceva sentire davvero bene e quindi ho capito che dovevo continuare.
“Per far apparire tutto quello che in realtà non è”, quanto è importante invece per te apparire proprio per quello che si è, quanto è importante essere autentici?
Essere autentici è l’unica cosa che permette di differenziarsi dal resto del mondo musicale quando il mercato va in una sola direzione. E, a mio parere, non c’è cosa più sbagliata che imitare sempre e solo qualcun altro. Quando non si trova un sound personale, esclusivo, bisogna imparare ad essere noi stessi anche nei vari sound.
Spesso ricevo messaggi in cui chi mi segue afferma che io abbia una coerenza nella scrittura, nonostante io scriva su vari stili, e questo credo sia molto importante anche per chi muove i primi passi nel mondo della musica. Trovare la propria strada è questione di tempo. Anche qui ci sarebbe un parallelismo con i graffiti: all’inizio il proprio stile non è riconoscibile, ma più passa il tempo, più ci si applica e più emerge la propria, vera, personalità.
C’è qualcosa che vorresti che i lettori di Honiro Journal sapessero di questo tuo nuovo progetto o della tua musica?
Consiglierei di ascoltare inizialmente il progetto nella tracklist in cui è stato creato. Dopo averlo assimilato in quest’ordine però, direi anche di incastrare le tracce come meglio si preferisce. Questo album è stato pensato per essere esattamente come un puzzle, ognuno può assemblarlo a suo piacimento in modo da, dopo averlo ascoltato e vissuto, renderlo proprio!
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In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di ”canditi”, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre
In un mondo che ha perso la sua bussola basterebbero un po’ di canditi, il nuovo singolo di Parrelle in uscita il 5 dicembre per Luppolo Dischi e Honiro Label.
Tutto scorre ad una velocità sempre più incalzante e perdersi nel frastuono è un attimo; perdere il senso di umanità, in una realtà che è svuotata di tutto ciò che è umano. Tuttavia, tra le false righe di un tempo incerto, ci rimane un’unica scelta possibile: provare a stupirci di nuovo, far ritornare la semplicità delle parole e delle azioni una sana abitudine. L’amore è amore, un abbraccio è un abbraccio, e il resto è solo un insieme di dettagli.
“L’amore è in via d’estinzione, un po’ come quei dinosauri che studiavamo a scuola e che un po’ mettevano paura. Sarebbe bello, però, non aver paura di resistere e custodire ancora la pazienza dei piccoli gesti, delle piccole cose: togliere ad uno ad uno dei ‘canditi’ da un panettone, pur di rendere felice chi si ama. Ecco, questo è il senso più intimo e dolce della canzone: per quanto il mondo giri nello stesso verso, e non possiamo cambiarlo, ad ogni modo, direzioniamo la nostra serenità’’ – ci racconta l’artista.
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Banshee: il primo disco insieme di Giovane Feddini e Flesha
Con BANSHEE, Giovane Feddini e Flesha firmano il loro primo disco insieme, un progetto che nasce dall’urgenza di trasformare un periodo difficile in un linguaggio nuovo. Il titolo richiama la figura della Banshee, creatura mitologica che annuncia un cambiamento drastico con il suo grido: perfetta metafora per un disco che vibra di transizione, rottura e rinascita.
BANSHEE è il secondo capitolo della trilogia iniziata da Feddini con SIRENE, ma qui accade qualcosa di fondamentale: per la prima volta, al suo immaginario si intreccia quello di Flesha.
Se SIRENE era uno spazio personale, più luminoso e disteso, costruito su un’estetica intima e solitaria, BANSHEE ne rappresenta la controparte scura. L’ingresso di Flesha cambia la prospettiva, porta un altro respiro, un’altra energia, una densità diversa. Il risultato è un disco che non somma due mondi: li fa collidere, e da quella collisione nasce una terza identità.
Anche la copertina segue questo cambio di paradigma: una figura femminile che emerge dal bosco, sospesa tra visione e realtà, un’immagine che introduce immediatamente un tono più istintivo, inquieto, corporeo. È il primo passo dentro un territorio più notturno rispetto al capitolo precedente.
Il cuore di BANSHEE è la sua sincerità. Sette brani in cui i due rapper affrontano famiglia, rapporti che vacillano, difficoltà nel trovare una propria posizione nel mondo, e quell’autocelebrazione che non è vanità ma necessità: un promemoria di valore personale nei momenti in cui tutto sembra sgonfiarsi. È un disco che non vuole mostrarsi forte: vuole mostrarsi vero.
Sul piano sonoro, il progetto guarda con precisione alla New York dei primi 2000: trombe sporche, beat ruvidi, quell’atmosfera a metà tra marciapiede e soul che ha definito un’epoca. Tutto il disco è prodotto da Flesha, con arrangiamenti di Dok The Beatmaker, in un equilibrio perfettamente calibrato fra nostalgia e identità contemporanea.
BANSHEE : suoni ruvidi, parole vere, nessuna maschera
Se SIRENE era un respiro lungo, BANSHEE è quel momento in cui il respiro ti manca ma finalmente capisci perché: stai cambiando pelle. È un disco che nasce nel buio ma non ci rimane nemmeno un secondo di troppo. Feddini e Flesha costruiscono una narrazione che non si accontenta di raccontare una risalita: la pretende, la esige, la impone.
Dentro questo disco convivono due percorsi che arrivano da lontano. Flesha — che ha attraversato più di vent’anni di scena, mutazioni, generazioni, stili — porta qui tutto ciò che ha imparato senza mai diventare nostalgico. È solido, consapevole, senza bisogno di dimostrare niente. Le sue produzioni danno a BANSHEE una struttura che non cede, un peso specifico che senti fin da subito.
Feddini è il contraltare perfetto: impulsivo, diretto, viscerale. Tutta la sua storia — dalle battle alla parentesi in major, dal ritorno all’indipendenza fino all’ingresso nei Graveyard Duppies — arriva qui distillata, affinata, priva di fronzoli. Il suo modo di scrivere è immagini, istinto, immediatezza. Il suo modo di stare nel beat è riconoscibile dal primo secondo.
Il punto d’incontro tra i due non è un compromesso: è un terreno nuovo, che non esisteva prima di questo disco. BANSHEE non chiede il permesso di essere ascoltato. Ti viene addosso, ti scuote, e quando finisce ti accorgi che qualcosa si è spostato.

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Afu-Ra presenta ”The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito”. Un ponte tra New York e l’Italia
Afu-Ra non ha bisogno di presentazioni. Membro storico della Gang Starr Foundation, voce riconoscibile ovunque e custode di una tradizione che mescola spiritualità, tecnica e consapevolezza, oggi sorprende tutti scegliendo l’Italia come cuore pulsante del suo nuovo progetto: The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito.
L’artista racconta che questa direzione è nata “in modo naturale”, lavorando fianco a fianco con il collettivo italiano Smooke Out, che nel tempo è diventato una vera famiglia. Per Afu-Ra, l’Italia rappresentava un debito creativo mai realmente esplorato: “Mi supportate da sempre. Non avevo ancora fatto un progetto interamente per voi, con i vostri produttori, i vostri artisti, sulla vostra terra. Adesso era il momento.”
E infatti l’EP è un crocevia di talenti. Tra i produttori e gli artisti coinvolti spiccano nomi come DJ Jad (Articolo 31), Inoki, Bunna (Afriche Unite), Smooke Out, Maury B, Moder, Ladycat, MC Shark, Principe, Eugy (Bull Brigade), Kiffa, Dope One, Gianni KG, 1_44_98, gli scratch di Dj Zarra, Zorlak con produzioni firmate anche da DJ Trashnikov, Bella Espo, Fuso e Smooth e, nel brano Fort of Rebellion, le chitarre di Luca Morellato
Un cast multiforme che permette all’EP di spaziare tra hip hop, reggae, elettronica, rock, atmosfere classiche e venature sperimentali, mantenendo però la cifra spirituale e viscerale che da sempre contraddistingue Afu-Ra.
Il titolo racchiude l’essenza del progetto: The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito è la somma delle due anime dell’artista — la ricerca interiore del monaco e la forza istintiva del lupo. È una metafora di equilibrio, vulnerabilità e protezione. “Siamo tutti un po’ monaci e un po’ lupi”, racconta Afu-Ra. “L’Italia stessa ha questo doppio volto: spirituale e selvaggia. È per questo che qui mi sento a casa.”
Più che competere con la sua storia passata — con brani entrati nell’enciclopedia dell’hip hop — Afu-Ra preferisce definire questo EP come un atto d’amore: una scelta di gratitudine, non di confronto.
Un progetto che parla al pubblico italiano, pensato per ispirare e per restituire qualcosa a chi lo ha accompagnato per una vita intera.
Vinili e merch: Un mondo che fa oltre al disco.
Per Afu-Ra The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito non è solo un EP: è un oggetto, un’esperienza, un gesto di presenza fisica. Non stupisce quindi che tutta la parte del merch sia stata pensata come un’estensione naturale del progetto, quasi un rituale da vivere con le mani, con il respiro, con il corpo.
La prima cosa che colpisce è la scelta dei vinili. Afu-Ra non si è limitato a una semplice versione standard: ha voluto due identità visive, due anime che dialogano tra loro proprio come il monaco e il lupo del titolo. Da una parte un vinile nero, solido, essenziale, con quella profondità quasi meditativa tipica del suo immaginario. Dall’altra un vinile ambra, luminoso, caldo, più istintivo. Si possono acquistare separatamente oppure come coppia, e visti insieme sembrano già raccontare una storia prima ancora di metterli sul piatto.
Ma il cuore vero del merch è il Meet & Greet Experience Package, che non è “merchandising” nel senso tradizionale: è un piccolo rito. Chi lo acquista non trova solo gadget o collezionabili, ma entra in un momento personale con Afu-Ra: una lezione di respirazione asiatica, praticata dal vivo, il pomeriggio prima del live o la mattina successiva. È un frammento del suo percorso spirituale condiviso in modo diretto, un modo per capire da vicino l’origine delle energie che hanno dato forma all’EP.
Dentro il pacchetto ci sono anche oggetti fisici pensati come tappe di questo percorso:
un vinile rosso in edizione speciale, il CD, una shopper con grafiche dedicate, e una t-shirt del progetto. Tutto coordinato, tutto legato al concept, tutto costruito perché chi lo prende possa portarsi a casa un pezzo concreto dell’universo di The Monk and The Wolf – Sulla via dello Spirito.
È un modo di riportare la musica alla sua dimensione più umana: non solo streaming, ma contatto, atmosfera, presenza. E Afu-Ra, con la calma del monaco e la determinazione del lupo, ha deciso di offrirlo proprio qui, in Italia.

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