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“XX Fatto”: il nuovo album di Ganji Killah è un Romanzo di (de)formazione in un paese allo sbando

“XX Fatto” è il nuovo album di Ganji Killah, disponibile dal 16 marzo su Spotify, Amazon Music, Apple Music e tutte le maggiori piattaforme di streaming digitale, fuori per Urban Pusher.
Se è vero che ci sono ombre che coprono e ombre che nascondono, “XX Fatto”, il nuovo lavoro di Ganji Killah, colpisce per essere un album in scala di grigio.
Il quinto album dell’artista è un progetto particolarmente intenso, a cominciare dal titolo, che rimanda a “X-Fatto”, il tagliente mixtape del 2010, di cui è una sorta di sequel spirituale. Il progetto si compone di 10 tracce dal gusto agrodolce, mixate da T-Kay, membro del collettivo Numa Crew. Al centro del disco c’ è il tema del tempo che passa, reso attraverso un esame a tutto tondo di una versione 2.0 di Ganji Killah: un esame di coscienza che una inizia dall’uomo e finisce con l’artista. A differenza del mixtape, “XX Fatto” spiazza l’ascoltatore col suo essere volutamente ed amabilmente contraddittorio. Pur essendo rap allo stato puro – alternando uno stile di scrittura che combina una dose massiccia di ironia a una concretezza che appartiene solamente alla strada -, le liriche tradiscono un chiaro richiamo ad un’ideale assoluto di integrità, quella che appartiene alle scene dall’anima hard core. Proprio come per il post-punk degli anni ’80, quello di gruppi come i CCCP, qui produzioni dal respiro internazionale firmate da T-Kay, Hypergrade e Digi diventano il tappeto su cui raccontare storie di una provincia italiana. Storie che, in un modo o nell’altro, accorpano più generazioni, dal nord al sud dello stivale.
In “XX Fatto” Ganji Killah non vuole intrattenere, bensì guidare l’ascoltatore in un percorso volto alla scoperta di sé stesso e, se necessario, confondendo le idee. Il rapper lo fa attraverso il potere del codice: da quelli del mondo delle serie Netflix a quello della criminalitàà organizzata, passando per i linguaggi di trap e club. Sempre, però, con quello spirito leggero e cinicamente iconoclasta di chi preferirebbe morire piuttosto che prendersi troppo sul serio. Questo messaggio è chiaramente espresso in “Ganja Music 3”, il primo singolo estratto dal disco, che colma il gap temporale che separa il disco dal mixtape, filtrandolo attraverso il tema dell’antiproibizionismo, da sempre caro al rapper.

La parola chiave dell’album è “concretezza”. Dalle vicende alla “Only Built For Cuban Linx” di “2007”, raccontate dalla viva voce dei protagonisti – il rapper Angleri sta ancora scontando una condanna per i fatti narrati -, alle difficoltàà connesse alla necessitàà di sapersi reinventare nel mondo del lavoro raccontate in “Ganjozzi”. Perché, in fondo, crescere significa maturare la consapevolezza che la vita non sia in bianco e nero e che dietro la smaccata spacconeria – ai tempi del primo “X-Fatto” si sarebbe parlato di “swag” – delle storie da Killer MC raccontate con i soci Daninjaz e Yodaman, si possano celare anche i momenti cupi, quelli dei blitz della polizia che ti fa irruzione in casa. Fatti che lasciano il segno e che alla fine porteranno l’artista ad intraprendere la via della redenzione, quella del Pusher Fortunato. Una rivoluzione interiore; il primo raggio di sole che squarcia la notte.

“XX Fatto” è stato mixato e masterizzato da T-Kay. Il progetto grafico è a cura di Banning Peter, mentre il video di “Ganja Music 3” porta la firma di Julien Vennucchi per Methodvisuals,
“Don’t call it a comeback. “XX Fatto” è un inciso, un salto temporale di dieci anni dal quasi omonimo mixtape che traghetta l’ascoltatore in un presente distopico. Potremmo sintetizzarlo come “Il rap al tempo della crisi”, quella profonda, non solo economica, politica o morale, ma anche e soprattutto di identità. Anche a causa della carica edonistica che pervade il nostro rapporto malato con la tecnologia. “XX Fatto”è, in sostanza, un romanzo di (de)formazione ambientato in un Paese allo sbando” – Ganji Killah
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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.
Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.
The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.
Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.
Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.
Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.
C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.
Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.
C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.

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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata ”Calma”, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno

Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata Calma, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno per Honiro Label.
Come scriveva il buon Pascal, il divertissement ci distrae dalla fatica di vivere il mondo, dalla noia asfissiante e da quelle domande che sanno inglobare i pensieri in una matrioska infinita e spesso fuorviante. Quindi, da qui nasce il desiderio di rimanere dentro la frenesia, che, allo stesso tempo, logora ogni parte della nostra anima. Tra sonorità pop e folk, l’artista compie un delicato viaggio di crescita in cui non si cerca necessariamente una soluzione del paradosso, ma di trovare nella baraonda uno spiraglio di serenità.‘’Ho scritto ‘’Calma’’ volendo comunicare il mio bisogno di essere sempre attivo, fare qualcosa, tenere la mente e il corpo mai fermi, perché anche un breve momento di nulla porta la mia testa a fare pensieri infiniti in loop, che non finiscono mai. Però, allo stesso tempo, vorrei respirare. Vivo dentro un paradosso dal quale non riesco ad uscire, dove rimango con lo stesso caos da cui vorrei scappare’’ – ci racconta l’artista.
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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e ”zero ore di sonno”, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno

Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e zero ore di sonno, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno per Honiro Label e Luppolo Dischi.
Un percorso che non è mai a senso unico, tra la vita di tutti i giorni che teletrasporta le nostre emozioni da un estremo all’altro e il desiderio di andare oltre, immedesimarsi in un dopo che ancora non vediamo, ma che ci spinge sempre a migliorarci, a crescere. Con atmosfere teen pop e una penna marcatamente gen z, sedici riesce a mettere a nudo non solo le sfide che si affrontano nel ‘’diventare grandi’’, ma anche quell’energia che riesce a rendere ogni esperienza unica nel suo genere, che dà la forza di conquistare il mondo.
““0 ore di sonno” è il manifesto della mia età, del mio stile di vita, e della mia musica. Giorni che si mescolano alle notti, ore passate a scrivere canzoni, a vivere, a rincorrere emozioni. Alla mia età ci sono giorni in cui non si dorme, e altri in cui si dorme di giorno per recuperare, perché la notte è troppo piena di idee, pensieri, storie da raccontare. Da una parte racconto l’ansia del futuro, dall’altra la voglia di prendersi il mondo. Abbiamo tutto il tempo e il dovere di farlo. – ci racconta l’artista.
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