Intervista
Drimer presenta il nuovo album Crashtest:” Un mix di emozioni che spero possa arrivare all’ascoltatore!”

Drimer ha rilasciato Crashtest, un nuovissimo progetto tutto da ascoltare! In onore di questa occasione, noi di Honiro Journal abbiamo scambiato una lunghissima chiacchierata con l’artista!
Ciao Drimer, quando hai iniziato a muovere i primi passi in questo mondo?
Ciao ragazzi! Mi sono avvicinato al rap intorno ai 12-13 anni. Erano gli anni di Applausi per Fibra e Dentro alla Scatola, le due hit dell’epoca che per prime mi fecero interessare al genere. La spinta finale, paradossalmente, è arrivata invece dall’ambiente famigliare: la maggiore delle mie sorelle, adolescente all’epoca, era un grandissima fan di Eminem. Costretto a vederne il film, 8 Mile, mi innamorai definitivamente e iniziai a scrivere le mie prime rime e – scoperto si potesse fare anche in italiano – i miei primi freestyle. Da lì, con i primi brani registrati negli home studio di qualche amico e soprattutto con le prime battle di freestyle, ho iniziato il mio percorso.
“Restare solo” è un singolo contenuto anche nel tuo nuovo album, tratta un argomento molto particolare come quello della solitudine. Come sei riuscito a costruire una traccia simile?
Abbiamo abbozzato Restare Solo durante la primissima session dell’album, addirittura nel Dicembre del 2019. Io e Ric ci siamo ritrovati negli studi dell’Accademia del Suono di Bologna, dove con i ragazzi del gruppo Deamante abbiamo prodotto le prime bozze di strumentali. Tra queste c’era proprio Restare Solo, nella quale non a caso si possono sentire la voce e la chitarra di Simone Saba e Dessa, rispettivamente il cantante e il chitarrista del gruppo. L’atmosfera del beat mi aveva da subito catturato per la sua malinconia: le parole, il giro e la melodia del ritornello sono uscite istantaneamente e le abbiamo registrate già allora. Il resto del pezzo, invece, l’ho scritto nei mesi successivi, quelli del lockdown soprattutto.
Io il CoVid, per fortuna, non l’ho sperimentato sulla mia pelle, ma l’ho comunque vissuto completamente da solo, chiuso nel mio monolocale a Milano con tutti gli affetti lontani. Ciò mi ha portato a riflettere molto sulla solitudine in generale, e su tutti quei rapporti che, negli anni, per varie cause si sono interrotti. Restare Solo è stata la canzone in cui ho potuto sfogare tutte le ansie e la malinconia che queste riflessioni mi hanno dato. Ci è però piaciuta l’idea di mantenere un piglio movimentato e attivo, nel pezzo: l’intenzione finale, insomma, è stata quella di cantare cose tristi ma facendo ballare chi ascoltasse, tipo Alors on Danse.

Drimer ha rilasciato Crashtest, l’album ricco di novità e dal sound particolare
A proposito di album, il 21 Maggio sarà fuori Crashtest! Raccontaci un po’ la storia di questo nuovo progetto.
Ho iniziato a scrivere e pensare Crashtest verso la fine del 2019, pochi mesi dopo l’uscita del mio album La Prova Vivente. Il momento era propizio, e io che non ho mai fatto passare troppo tempo tra un progetto e l’altro volevo subito rimettermi all’opera per partorire un nuovo lavoro. All’inizio dell’anno scorso avevo già diversi brani per le mani – molti dei quali, anche se con diverse rivisitazioni, sono effettivamente rientrati in Crashtest, ma poi è arrivato il CoVid. Come credo sia accaduto per tutti, si è trattato di un imprevisto enorme, per via del quale i lavori hanno subito un rallentamento. Alla fine, nonostante le intenzioni iniziali, il disco è quindi uscito a due anni di distanza. Ciononostante, credo che io e Ric siamo riusciti a sfruttare positivamente la cosa. Questo tempo in più ci ha dato la possibilità di perfezionare il nostro lavoro, e alla fine il concept dell’album è venuto fuori proprio in conseguenza alla pandemia. Se con Inception, il mio primo album, avevo creato il sogno per me e per i miei ascoltatori, e con La Prova Vivente l’avevo vissuto, Crashtest è un po’ il racconto dell’impatto di quel sogno con la realtà, anche della pandemia. Dentro ci sono due anni davvero strani, pieni di risultati che non ho potuto festeggiare e di occasioni mancate per cause spesso da me indipendenti: spero quindi che il racconto di tutte le emozioni provate in questo periodo possa arrivare a chi l’ascolterà.

I tuoi precedenti album sono stati prodotti interamente da Ric de Large. Questa volta, anche se solo per due brani, hai deciso di coinvolgere anche altri produttori. Com’è stato confrontarsi con loro? E com’è farlo da ormai così tanto tempo con Ric de Large?
Cosa che non avevo mai fatto prima, durante la lavorazione dell’album ho contattato alcuni produttori per dei beat. Sentivo che, per la creazione di alcune tracce che avevo in mente, collaborare con qualcuno di “esterno” avrebbe potuto aiutare. Essendo tuttavia uno che tende a collaborare molto poco sui suoi album, anche i produttori i cui beat ho finito per utilizzare sono stati appunto due soltanto, oltre ovviamente a Ric de Large: James Logan e No Label. Il primo, fortissimo producer del centro Italia, ha realizzato la strumentale di Scusa. Volevo un brano dal sapore moderno ma su cui rappare di brutto, e il suo beat (il cui nome ha peraltro dato il titolo al brano) era perfetto. L’altro producer, il padovano No Label, a sua volta un artista Pluggers, è un musicista molto particolare, il cui suono ha “sporcato” il disco in senso ovviamente positivo: Lex Luthor, che ha prodotto, è una delle tracce più sincere dell’album e tra quelle che preferisco.
Quanto a Ric, essendo ormai al terzo album insieme, la sinergia è totale: al netto dei problemi che la pandemia e il lavoro di entrambi possano aver dato, ogni volta che abbiamo avuto l’occasione di stare in studio insieme abbiamo realizzato qualcosa che poi è finito nel disco. Entrambi sappiamo ciò che l’altro può dare, e di disco in disco evolviamo sempre più proprio perché entrambi apprezziamo sperimentare, uscire dalla zona di comfort, superarci. Crashtest suona esattamente così.
Definire il mio sound risulta difficile!
Quale singolo di Crashtest, secondo te, rappresenta al meglio il tuo sound? Quale, invece, credi possa essere quello che arriverà per primo dritto negli ascolti degli amanti della scena?
Definire il mio sound, credetemi, mi risulta davvero difficile. La quantità di suoni, stili e mood che con Ric riusciamo fortunatamente a raggiungere e creare fa sì che in ogni nostro progetto convivano tante anime diverse. Se dovessi scegliere un brano che mi rappresenti più come artista, comunque, sceglierei La Differenza con Clementino: la sua atmosfera nostalgica ma incoraggiante, il racconto del passato che si fa stimolo verso il futuro, il suono moderno e però allo stesso tempo fortemente ispirato al rap di un tempo sono tutte caratteristiche che tornano spesso nei miei brani.
Per quanto riguarda la canzone che potrebbe arrivare prima delle altre agli amanti della scena, anche qui le risposte potrebbero essere molteplici a seconda dei gusti: tra tutti i brani, però, credo che Scusa soddisferà molto quelli in cerca di rap e barre pesanti, mentre altre canzoni come Italia Marocco cattureranno l’attenzione degli ascoltatori maggiormente attratti dal suono e dagli stili più moderni.

“Il mio lessico è ricercato perché ti uccide”, così canti in Alarm. Più o meno quanto dura il processo creativo di un tuo brano? Dall’idea, passando per la stesura del testo e poi l’uscita….
Innanzitutto, per me è fondamentale il beat. Non sono mai riuscito a scrivere senza una base di riferimento, e tendo più a farmi guidare dalla strumentale piuttosto che a chiederne un tipo specifico per un pezzo che magari ho già in mente. Ci possono essere delle indicazioni o delle ispirazioni di base, ma poi sono le note e soprattutto l’atmosfera a muovere la mia penna. Una volta approcciata la scrittura, il tempo che impiego a chiudere il brano varia molto a seconda del tipo di canzone: per fare un esempio, in Crashtest convivono pezzi come Restare Solo e ‘020 Bonnie & Clyde, che ho più volte rivisitato lavorandoli mesi, e pezzi come Italia Marocco, che non ho proprio scritto (l’abbiamo fatta in freestyle). In generale, comunque, tendo a non impiegare troppo tempo per scrivere proprio perché mi piace la spontaneità nei brani che realizzo. C’è, d’altra parte, molto più lavoro dal punto di vista audio: dall’arrangiamento al master, passando per il mix, rompo davvero un sacco i coglioni ecco. Ciò avviene perché voglio che il prodotto finale non cambi nemmeno di una virgola rispetto a come ce l’ho in mente, così da far passare senza sbavature il messaggio che vi ho lasciato. Per sorridere con un aneddoto che può far capire che intendo, chiudo l’intervista ricordando quella mattina in cui, pochi giorni prima della consegna di Alarm appunto, costrinsi Ric ad aprirmi lo studio per registrare una “t”. Sì, una lettera, perché è “gilet” e non “gilé”.
Drimer ha rilasciato Crashtest, dimostrando di sapere quello che realmente vuole! A noi non resta che fargli i migliori auguri per il futuro, nel mentre avete ascoltato l’album? Che ne pensate?
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