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“NOMADE”, il nuovo singolo di GRID è un inno alla libertà
Prosegue inarrestabile il successo di Grid, la nuova rivelazione del pop al femminile italiano. Dopo un 2021 in cui ha incantato pubblico e critica, prima attraverso la sensualità della sua voce in “Intimo Glamour” e poi con la delicatezza e l’intensità del suo universo interpretativo in “Neve In Tasca”, Grid torna in radio e nei digital store con “Nomade” (Cosmophonix Artist Development/Altafonte). Il brano punta i riflettori su una nuova sfumatura della sua essenza artistica.
Un unico sostantivo per descrivere un intero universo, fortemente personale ma al contempo profondamente collettivo e condivisibile. Perché infondo, ciascuno di noi è un individuo “che pascola, che va errando per mutare pascoli”, rivoluzionando vicendevolmente, durante e mediante il cammino, se stesso.

Impreziosito dall’immancabile e raffinata veste sonora cucita ad hoc dalla Casa di Produzione mantovana multiplatino, “Nomade” è un inno alla libertà di viaggiare in se stessi per raggiungere le mete più inesplorate della propria natura interiore. Riappropriandosi quindi di un’identità lontana da condizionamenti e influssi sociali, completamente autonoma e sovrana di se stessa.
Il testo del pezzo è un’elegante pergamena di indipendenza senza tempo scritta dall’abilità autorale di Stefano Paviani. Il brano segue le linee, dinamiche e frizzanti, del carisma di Grid, che dà voce al suo estro policromatico e caleidoscopico.

«“Nomade” non è il classico brano estivo, nonostante rimanga nella mente sin dal primo ascolto, grazie ad un mood coinvolgente, ballabile ed energico. Ho scelto il titolo “Nomade” perché è un aggettivo capace di rappresentarmi alla perfezione. Sono un’anima libera, che adora viaggiare, sperimentare, scoprire, analizzare e conoscere nuove culture. Sono una ragazza che non è mai restata ferma a se stessa. Ho sempre cercato di guardarmi intorno, di cogliere il meglio da ogni circostanza e da ogni persona».
Racconta l’artista.
Un’anima libera, come quella della protagonista del racconto, che, consapevole del proprio fascino e del proprio spirito cosmopolita e avventuriero, vive alla giornata. Ma non perché incapace di pensare al futuro o perché il domani la spaventi, bensì, perché ha smesso di badare, di preoccuparsi, sia del giudizio del mondo che la circonda, sia di tutti quei timori a cui non può porre rimedio, quelle domande a cui nessuno di noi sa e può dare risposte immediate; quesiti che si svelano a noi soltanto assaporando pienamente ogni istante che ci viene donato, al massimo della nostra linfa vitale. Una ragazza che ha «bisogno di cambiare quando chiama il vento», per rinnovare ed evolvere se stessa, quotidianamente.

Una giovane donna sfuggente. Una donna che più si sente stretta, ingabbiata, reclusa e messa all’angolo, più fugge, perché conscia della sua autodeterminazione. Deve essere lei e soltanto lei ad impugnare le redini della propria vita, scegliendo il luogo e la persona a cui legarsi, senza imposizioni.
«Credo che questo pezzo sia il perfetto seguito delle mie precedenti release, da “Testacoda” a “Neve In Tasca”, passando per “Intimo Glamour”. Penso di evidenziare, di mettere in luce, una mia nuova sfaccettatura ad ogni pubblicazione. Come ciascuno di noi, sono un essere poliedrico. Grid e Fabiana sono la stessa persona, ma la stessa persona è ricca di sfaccettature, di cromie, di nuance. Con i miei brani cerco sempre di sottolineare questa meravigliosa complessità dell’essere umano. Credo sia di fondamentale importanza rendersi conto che possiamo essere chi vogliamo. Tenendo però sempre a mente di rimanere fedeli a quella parte di noi, autentica e genuina, su cui si articolano tutte le altre. Essere nomade è anche questo, è viaggiare per ogni singola parte di noi. Soffermandoci, quanto basta, ad esplorare quelle ancora ignote per cercare di comprenderle ove possibile e, ove non lo è, accettarle, accettarsi»
Prosegue poi Grid.
Altro aspetto sostanziale del pezzo, è l’enfatizzazione del fatto che essere nomadi non collimi con l’assenza di radici, ma, al contrario, si identifichi con la totale consapevole del luogo da cui si proviene, una coscienza profonda da cui scaturisce la piena libertà di esplorare nuovi orizzonti, perché è solo ricordando da dove si proviene, con il cuore aperto ad esperienze e culture differenti, che è davvero possibile sentirsi cittadini del mondo.
«Essere nomadi significa svestirsi dalla corazza delle imposizioni e dal velo del giudizio. Significa affrontare ogni singolo giorno come una nuova e meravigliosa scoperta. Spero che il mio messaggio possa portare serenità e leggerezza nel cuore di molti. Mi auguro che, ascoltando il singolo, il nomade che vive in ciascuno di noi possa risvegliarsi. Per consentirci così di scoprire tutta la meraviglia che ci portiamo dentro»
Conclude la poliedrica cantante padovana dall’animo multietnico.
Il brano è accompagnato dal videoclip ufficiale, diretto da Davide Fantuzzi in collaborazione con Maicol Comastri e Giorgia Cassi sotto la supervisione di Peter Marvu per Eyesjuice. Girato tra le splendide spiagge di Livorno con la partecipazione di Mattia Paolucci e del meraviglioso corpo di ballo guidato da Vittoria Chapkis, è stato presentato in anteprima nazionale su Sky TG24.
Trasversale, suggestiva e inconfondibile, Grid riconferma il suo talento e la duttilità della sua Arte dando voce ad un nero su bianco capace di esaltare ed enfatizzare i colori più nascosti, ma al tempo stesso intensi e vivaci, del meraviglioso dipinto di ognuno di noi.
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”Scrivo per capirmi oltre che per sfogarmi”. Il racconto di ”Occhi Lucidi” di Amalia
C’è un pop che non si limita a intrattenere, ma racconta le trasformazioni interiori di chi lo scrive. Occhi Lucidi di Amalia è proprio questo: un disco pulsante, attraversato dalle emozioni che hanno segnato gli ultimi anni del suo percorso artistico e di crescita personale.
Brano dopo brano, Amalia costruisce un mosaico di suoni e colori che restituisce tutte le sfumature della sua storia. L’album completa il cammino iniziato con i due EP precedenti, intrecciando luci e ombre in un unico viaggio emotivo: un racconto di cadute, consapevolezze e rinascite.
Con questa nuova raccolta – impreziosita dall’inedito Occhi Lucidi – l’artista mette in scena la tensione continua tra la voglia di migliorarsi e quella forza oscura che tenta di trascinarla giù. È proprio in questo equilibrio instabile che si rivela la sua verità più autentica: un pop intenso, emotivo, magnetico.
Abbiamo incontrato Amalia per farci raccontare più da vicino il mondo che vive dentro questo nuovo lavoro discografico.
«Occhi Lucidi» è descritto come un manifesto di pop inquinato, per svelarsi passo dopo passo. Cosa intendi con “inquinato” e come hai lasciato che lo “svelarsi” si manifestasse nel passaggio dalla leggerezza alla profondità nel disco?
È inquinato perchè è un pop che racconta tutte quelle tonalità che involontariamente mi hanno colorato da quando sono nata. L’inquinamento è nei suoni: fin da piccola ho ascoltato tantissima musica diversa e non mi sono mai riconosciuta totalmente in nessun genere preciso, li abbracciavo tutti senza sentire un senso di appartenenza assoluto. Quando ho scritto questo album, di matrice pop, ho visto riemergere, man mano che scrivevo, tutti quei colori musicali che mi avevano abitato per un lungo o un breve periodo. Ho vissuto in America dove ho approfondito i mondi dell’R&B e del gospel e ci sono tracce – da “Canto di sirena” a “Ultimo giro di giostra” – in cui emergono questi tratti. Le altre tracce del disco invece appartengono più al mondo dell’elettronica e in altre ancora emergono riferimenti agli artisti che ascoltavo in casa. Quest’album condensa al suo interno i miei due EP “Pace libera Tutti” e “Giocattoli Rotti” che rappresentano due lati della stessa medaglia, le luci e le ombre.
Il primo contiene brani dalle sonorità leggere, r&b, soul, più ballerecce e a tratti serene, per preparare l’ascoltatore alla seconda parte dell’album, dove ci si inoltra all’interno di quei sentieri più irti e ombrosi, più cupi e bui, dove si adagiano i brani e le paure più profonde.
Hai raccontato che dopo anni di rifugio in un mondo “ideale”, hai vissuto una relazione in cui ti sei specchiata, hai capito che “quel modo di vivere era falso e triste” e hai finalmente aperto gli occhi. La scrittura dei brani ha influenzato questo risveglio? Quale canzone senti incarnare più fortemente quel momento?
Con la scrittura ho un rapporto molto profondo e importante: scrivo per capirmi oltre che per sfogarmi, per respirare e fare luce, per mettere chiarezza nella testa. Molto spesso quando scrivo e rileggo, capisco i miei stati d’animo e i miei sentimenti verso l’argomento di cui parlo, questa comprensione avviene, a volte, solo dopo che mi sono riletta tramite i miei testi. Sicuramente il brano che ha incarnato di più questo risveglio è “Giocattoli Rotti”: brano in cui prendo consapevolezza del fatto che sono stata accanto ad una persona che viveva una vita finta e mi sono accorta a mia volta, di fare anche io spesso lo stesso gioco, di chiudere gli occhi davanti ai problemi, di fingere che non ci siano ostacoli e che sia sempre tutto perfetto.

Il titolo «Occhi Lucidi» rappresenta il simbolo di questo risveglio: quali sono state le emozioni più intense che hai dovuto guardare in faccia, e come hai scelto di trasformarle in musica?
L’emozione più grande che ho dovuto affrontare e che mi ha cambiato, è stata il prendere consapevolezza del fatto che non va tutto bene, che a volte è complesso, che siamo pieni di sogni e pieni di ostacoli da dover scavalcare. Cancellavo e bypassavo gli eventi brutti, quelli tristi, quelli che mi facevano stare troppo male. Il mio inconscio poi li metabolizzava tramite la scrittura e la musica, però era come se ripetessi a me stessa che scrivevo favole, che quelle cose non mi erano successe davvero. Che era tutta una finzione e che in realtà andava tutto bene.
Il disco unisce diverse anime: atmosfere luminose come in “Canto di Sirena” e “Fake Diamanti”, poi zone più intime e cupe come “Giocattoli Rotti”. Come hai trovato il punto d’incontro tra queste polarità emotive? In che modo la musica ti ha aiutato a dar loro una forma?
Ho sempre voluto scrivere un album e volevo racchiudere in esso ogni parte di me a cui volevo garantire una cassa di risonanza. Ho deciso di iniziare questo viaggio in cui mi prendevo per mano da sola registrando una seduta dallo psicologo, che pian piano portava me e l’ascoltatore dentro questo viaggio in cui prima iniziavo aprendomi e parlando d’amore, poi guardavo in faccia le cose e aprivo piccoli cassetti dentro di me con ferite che non erano mai state chiuse, dall’assenza di mio padre, alla scomparsa di mia sorella, al dover fronteggiare questa vita, piena di alti e di bassi.
Nella raccolta, la scrittura sembra muoversi tra spontaneità e consapevolezza, con testi che raccontano molto senza mai diventare espliciti. Come nascono i tuoi brani e quanto contano per te la produzione e il suono nel dare forza al messaggio?
La nascita dei miei brani non segue un iter preciso. I miei brani sono molto legati alla scrittura, scrivo tanto, di tutto, di ogni emozione che sento, spesso scrivo e so già che dopo le parole arriverà la musica, perchè sono parole precise che vogliono uno specifico suono che ho già in mente mentre le scrivo. Altre volte mi trovo a cantare brani che non esistono e capisco che sono cose nuove che mi stanno uscendo dalla testa, così mi metto a registrarle con il cellulare, qualsiasi cosa esse siano, un testo, una melodia, un qualcosa di embrionale e poi in un secondo momento lo sviluppo.
Le produzioni contano altrettanto: a volte trovano subito delle parole pronte ad accompagnarle, altre volte le lascio fermentare nella testa per un po’.
Per “Pace libera tutti”, ad esempio, il produttore mi aveva inviato una base che continuava a girarmi in testa e non trovava un senso di appartenenza; un giorno mi ricordo proprio che ho preso e scritto il brano, come mi fossi sentita finalmente pronta a parlare di mio padre.
“+mio” è nata in studio con Jack Joe Vannini, completamente random, non doveva nascere, eravamo in pausa. Il pianoforte mi ha chiamato a sé e sono nati gli accordi e le parole con una spontaneità immensa. Anche per “Alice” e “Giocattoli Rotti” è stato lo stesso, mentre per “Canto di sirena”, “Stanotte” e “Pace libera tutti”, avevo ricevuto delle basi da Endi Misano, uno dei miei produttori e ci ho scritto sopra successivamente.
I brani contenuti nell’album sono nati tutti in modo diverso e sono legata al processo di crescita di ognuno di essi.

Ogni brano sembra raccontare un frammento diverso di te, ma insieme formano un percorso coerente. C’è un filo conduttore che lega le canzoni, qualcosa che hai scoperto solo a disco finito — magari una verità che non sapevi di star raccontando?
Penso di aver trovato la forza e la consapevolezza di riconoscermi, di vedermi e riuscire a specchiarmi e guardarmi in tutte quelle imperfezioni che ho sempre provato a nascondere. Quelle fragilità le ho rese punti di forza, ho mostrato a me stessa che la mia ingenuità era usata per proteggermi, ho iniziato a guardarmi per quella che sono realmente senza scappare.
Guardando avanti: «Occhi Lucidi» rappresenta per te il compimento di un racconto cominciato con gli EP precedenti. Quale sarà ora il passo successivo, cosa desideri esplorare dopo questo momento di verità e trasformazione?
Sto già scrivendo cose nuove, forse ancora più vere e un po’ più crude. Ho iniziato pian piano a svelarmi perchè avevo bisogno di uscire alla scoperta in modo delicato e “Occhi Lucidi” è l’album che volevo fare uscire, contiene tutto quello che volevo dire in questi anni e tramite cui mi approcci in modo delicato, quasi per non disturbare. Ora mi sento tanto più forte e tanto più decisa in tutto. Sono fortunata perchè ho accanto persone che mi ascoltano, capiscono le mie idee e dove voglio arrivare. Già ho la testa su cose nuove e non vedo l’ora che inizino i lavori.

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Tra i dilemmi e la paura del vuoto, ”Mi consolo, mi confido, mi innamoro”, il primo EP di Trilussa inuscita il 21 novembre
Tra i dilemmi e la paura del vuoto, Mi consolo, mi confido, mi innamoro, il primo EP di Trilussa in uscita il 21 novembre per Honiro Label.
Una preghiera in tre azioni non rivolta ad un’entità, non proiettata a un contesto ultraterreno, ma a se stesso, a Marco, a quel ragazzo che vive l’autunno dentro sé, senza pretese e con pensieri che scorrono alla velocità della luce, che invoca pietà, lentezza. Nel mondo di oggi, che non ruota più intorno alle certezze, ma all’accadimento di fatti in preda al caos e al suo buio, non sono le risposte precise, ma la semplicità delle cose quotidiane a cambiare la direzione, a rivoluzionare, anche nel piccolo, una porzione di vita che ai nostri occhi diventa qualcosa di più, qualcosa di inedito. E se c’è una speranza – premesso che sia necessario averla, non è in un futuro che non c’è e nemmeno in un passato che non è più concreto, ma nell’onda dell’eterno presente.
Tracklist:
- Chissenefrega
- Viale Gottardo
- Roma s’addorme
- Tuo no
- Quante volte
‘’Mi consolo, mi confido, mi innamoro’’ è il perfetto incontro tra elementi fondamentali: la mia musica, i miei dubbi e le mie risposte mancanti. Come se mi trovassi in un pub chiuso, d’autunno, a dover pensare al dopo, al nuovo che mi spaventa e crea in me una certa tensione; e mi consolo scrivendo, confido i miei dubbi con chi ho accanto, per poi, alla fine, innamorarmi, che è la cosa più semplice che accade quando ti metti a nudo. Cerco di ripetermi che la risposta è nella semplicità’’. – ci racconta l’artista.
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FUTURO, i consigli della settimana di Honiro – week #22
La ventiduesima settimana di FUTURO, con la diatriba tra l’incertezza e lo spudorato bisogno di risposte, la cui risoluzione sta nel nostro senso di pace. Protagonisti della cover digitale Kaput e Francesca Michielin.
BALLAVI – KAPUT, FRANCESCA MICHIELIN
Voci complementari, in perfetta simbiosi, che esprimono con lucidità, poesia ed emotività il limbo relazionale tra l’ansia della conclusione e la distrazione nel vivere sensazioni e momenti fugaci, che diventano degli analgesici per il cuore. Spesso l’equilibrio non è nella logica delle risposte, ma nell’incertezza attorno.
DEAD END – SARA BARONI
Suoni d’oltroceano, senza tempo e esenza spazio, che sradicano l’anima nel corpo di chi ascolta, per poi rimetterla al suo posto, senza pieghe, con rispetto e una stravolgente gentilezza. Ogni traccia è un capitolo di un romanzo senza pause, la cui chiave di lettura sta negli occhi di chi guarda la vita, nel bene o nel male.
SP1 – LUCA RE
Freschezza e introspezione sono gli ingredienti di una lettera profonda, sentita, al luogo che da sempre lo ha visto senza filtri, senza veli, inseguendo ciò che più lo rende se stesso e felice, tra dubbi e speranze, tra consapevolezza e ambizione. E, alla fine, non si scorda mai il calore di chi ha sempre creduto in te.
LITTLE RAT – BIRTHH
Un ritorno atteso, in una chiave inedita che racchiude la freschezza e poetica di sempre, e un racconto contemporaneo e universale: ancor prima di essere un luogo, la casa è una direzione, una traiettoria verso cui tendiamo e dalla quale assorbiamo la pace tanto desiderata.
SCUSA MAMMA – SELTSAM
Non solo un atto d’amore nei confronti di una figura importante, la madre, ma anche uno sguardo genuino nei confronti di una vita che procede velocemente, che ci vede affrontare momenti altalenanti nel complesso mondo degli adulti. Alla fine, ciò che ci salva è poter tornare tra le braccia di chi ci conosce davvero.
RAGNATELA – CENERI
Il tatto e la sensibilità che contraddistinguono ceneri diventano protagonisti di una nuova narrazione toccante e nella quale immedesimarsi: in una realtà fatta di forti, la vulnerabilità, per quanto complessa, è sinonimo di umanità. E, nella sua ‘’ragnatela’’, ci rende più vivi, più veri.
SCAFFALE – NICCO
A volte la quotidianità da cui spesso fuggiamo racchiude sorprese, elementi che la cambiano radicalmente e regalano entusiasmo nella routine. Tuttavia, quegli stessi elementi sanno essere sfuggenti. Tra sonorità itpop e un linguaggio fresco, attuale, le parole diventano elogio di una pratica sempre più difficile: stupirsi.
NATURA (BRUCIA LE FERITE) – NANA X
Consapevolezza e riconciliazione con se stessi fanno da sfondo ad un canto libero, sonorità che sperimentano spazi e possibilità senza confini, in un’espressione unica. In un mondo che entra dentro di noi, è solo riappropriandosi della natura a cui si appartiene che si compie una rivoluzione.
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