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Murubutu racconta il rap con il suo nuovo libro illustrato

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Il primo libro di Murubutu, uno dei migliori storyteller della scena rap italiana, arriva il 6 febbraio in libreria per BeccoGiallo, casa editrice che dopo il recente successo del fumetto dedicato ai Pinguini Tattici Nucleari (tre ristampe in tre mesi) prosegue così il suo viaggio a fumetti nella musica. 

Il libro è disegnato da Ernesto Anderle, fenomeno del web con le pagine Roby il Pettirosso e Vincent Van Love, che dopo aver impreziosito i live di Murubutu con i live paintings si è dedicato a trasformare in RAPconti illustrati le sue canzoni più significative.

La sua musica è stata definita “rap di ispirazione letteraria” o “letteraturap” proprio per il suo stile, unico e inimitabile, di miscelare il rap, la letteratura, la saggistica e la storia: una caratteristica che ha reso Murubutu uno dei più apprezzati e riconoscibili storyteller della scena rap italiana. Ecco perché se c’era un artista musicale che meritava di essere raccontato anche attraverso un libro, ed in particolare un libro illustrato, questo era proprio Alessio Mariani in arte Murubutu.

L’idea è venuta a BeccoGiallo, casa editrice che, dopo il recente successo ottenuto dal libro Pinguini Tattici Nucleari a fumetti (alla terza ristampa in tre mesi), prosegue il suo particolare racconto della nuova scena musicale italiana con il libro Murubutu – RAPconti illustrati, dal 6 febbraio in tutte le librerie.

La firma sul volume è dell’illustratore Ernesto Anderle, già autore per BeccoGiallo dei volumi Vincent Van Love ispirato al pittore Van Gogh e Ridammi la mano dedicato a Fabrizio De Andrè. Questo nuovo volume dedicato a Murubutu è la ciliegina sulla torta di una collaborazione già in atto tra i due artisti, visto che da tempo Anderle impreziosisce con live paintings i concerti del rapper.

Le oltre 150 pagine che compongono il libro offrono al lettore, ed in particolare ai fans dell’artista, la possibilità di immergersi nelle storie cantate da Murubutu attraverso una nuova prospettiva e un’inusuale dimensione. Sedici le canzoni illustrate da Anderle – La collina dei pioppi, Anna e Marzio, I marinai tornano tardi, Mara e il maestrale, La notte di San Lorenzo, Nyx, Franz e Milena, Wordsworth, La vita dopo la notte, La notte di San Bartolomeo, La stella e il marinaio, Ancora buonanotte, Luomo senza sonno, Le notti bianche, Le invasioni barbariche e Grecale -, alcune sviluppate in lunghe strisce a fumetti, altre condensate in poche o addirittura in un’unica, significativa vignetta.

“La prima volta che Ernesto mi ha fatto vedere le sue tavole – racconta Murubutu – mi ha

colpito la sua sensibilità e l’intensità con cui aveva rappresentato le mie canzoni. Era riuscito a disegnare luoghi e personaggi proprio come li avevo pensati! Aveva colto la mia intenzione narrativa”. Il rapper spiega poi il senso dei live paintings di Anderle che accompagneranno anche i prossimi concerti: “Proprio come nel passato, quando si utilizzavano immagini disegnate per accompagnare nelle piazze le narrazioni musicate, in questo show proveremo a rievocare la figura del cantastorie e le sue dinamiche sostituendo agli stornelli il rap e alle illustrazioni il disegno digitale. Mezzi diversi ma con un fine comune al passato: unire parole, note ed illustrazioni per raccontare trame ed emozioni”.

“Lavorare al libro di Murubutu – commenta a sua volta l’illustratore Ernesto Anderle – è stato un percorso emozionante: ascoltare e illustrare i suoi brani mi hanno fatto sentire un viaggiatore, un esploratore di altri tempi, in terre lontane. E’ un viaggio accompagnato dal valore storico in cui le vicende dei personaggi di Murubutu sono state ambientate: dai confini estremi dell’impero romano alle città distrutte nel dopoguerra”. Poi, rispetto al binomio tra musica e illustrazioni: “La poetica di Murubutu si è intrecciata con estrema sintonia con la poetica delle mie immagini perché il loro punto di incontro è stata la natura, elemento cardine della mia arte. In quest’epoca dove le grandi catastrofi umane e naturali vengono sintetizzate con una foto fatta col cellulare, non c’è più spazio né il tempo di fantasticare su ciò che è avvenuto realmente, impedendone l’immedesimazione. E’ per questo che le persone ascoltano Murubutu: per prendersi il tempo di ascoltare un fatto umano mentre si trasforma in leggenda”.

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“Guernica” è un suono che graffia: Pretty Riky e The Musher tra caos, analogico e verità

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In un panorama musicale dove l’estetica spesso prevale sull’urgenza espressiva, Guernica è un disco che va in controtendenza: sporco, viscerale, artigianale. Firmato da Pretty Riky e The Musher, l’album nasce da una ricerca sonora istintiva ma consapevole, dove le macchine analogiche, il sampling e l’imperfezione diventano strumenti narrativi. Nessuna rincorsa al trend, nessuna patina levigata: solo suoni vissuti, tagliati a orecchio e cuciti con mani che sanno da dove vengono.
Abbiamo incontrato i due artisti per parlare di produzione, coerenza creativa, strumenti, influenze e del valore – oggi raro – di costruire un disco che non ha paura di sembrare ruvido. Perché Guernica non cerca scorciatoie: preferisce lasciare cicatrici sonore.

Le produzioni del disco hanno un’identità forte, analogica, quasi ruvida. Che tipo di ricerca sonora c’è stata dietro Guernica?
È stata una ricerca istintiva, ma precisa. Non volevamo un disco “liscio” — volevamo qualcosa di umano, che suonasse vissuto. Come un muro scrostato. Abbiamo lavorato su texture, layering sporchi, atmosfere a volte malinconiche. Cercavamo suoni imperfetti, ma capaci di raccontare. Suoni Hi-Fi che sembrassero low-life. Allo stesso tempo, abbiamo voluto includere anche momenti più energici e sognanti, per restituire quella tensione costante tra caos e bellezza.

The Musher, il tuo stile è molto riconoscibile. Come riesci a rimanere fedele a una visione mentre evolvi?
Per me la coerenza non è staticità. È come camminare su una linea curva: cambia il paesaggio, ma sai sempre da dove vieni. Ho una sensibilità per certi suoni — la polvere, il rumore, il vintage — ma ogni volta provo a sfidarmi. Mi piace prendere un campione, tagliarlo, sporcarlo, ricomporlo. Renderlo mio. È un processo creativo ma anche molto giocoso. Le nuove sonorità mi intrigano, ma cerco sempre di partire da un punto ben definito: le mie radici sono nel jazz, nel soul, nel blues, nella black music. È da lì che esploro il resto.

Pretty Riky, dal 2018 produci anche i tuoi beat. Com’è stato lasciare la produzione completamente a un altro artista per questo disco?
a dire il vero lasciare le produzioni in mano a The Musher è stato stimolante… era un periodo che non scrivevo più rap, non producevo più hip hop ed ero lontano da qualsivoglia concetto di scena… Diciamo che è stato anche grazie a The Musher se sono rientrato nel gioco del rap.

Che ruolo ha avuto la strumentazione analogica (SP-404, Akai, groovebox) nel plasmare l’atmosfera dell’album?
Il Korg Electribe e l’SP mi hanno accompagnato nella quotidianità. Questo disco è nato nei momenti normali: per conciliare il sonno, tra una forchettata di pasta al pesto e l’altra, sul balcone. La base di Più Ecologico, ad esempio, l’ho prodotta su una panchina a Olux, in mezzo alla natura, senza schermi. Quando arriva lo stimolo giusto, e viene dall’esterno, la musica si scrive quasi da sola. Ovviamente poi il lavoro al computer ha il suo peso, ma per chi, come me, ama l’analogico, il campionare da vinile e choppare a orecchio è una parte fondamentale. Trovo che avere tutto a portata di clic possa rendere sterile la fase iniziale della creazione.
Ci sono giganti come J Dilla, Madlib, The Alchemist e 9th Wonder che hanno reso i campionatori veri strumenti musicali. È quella la scuola che sento più mia.

Il disco alterna momenti molto densi ad altri rarefatti. Come avete costruito il ritmo narrativo senza sacrificare la coerenza?
Il disco alterna momenti densi e altri più rarefatti, senza perdere coerenza. Ci sono brani classicamente rap e altri con sonorità più morbide, che ti avvolgono. Parte in modo violento, poi si rilassa, diventa scuro e sperimentale, per poi aprirsi nel finale. È un viaggio emotivo, ma con una direzione ben precisa.

C’è un suono, un dettaglio o una scelta tecnica in particolare che vi ha fatto dire: “questo è Guernica”?
L’atmosfera finale ce l’ha suggerito. Anche la stessa stesura di alcuni brani. È stato un disco che si è evoluto nel tempo. Aggiungendo e togliendo elementi. Rendendo questo disco molto prezioso con ogni traccia che ha una sua storia e nel suo insieme venne fuori Guernica.

Quanto è difficile oggi proporre un sound “sporco” e fuori dai trend senza scendere a compromessi?
Sicuramente non è un disco pensato per l’industria pop. Ma il panorama sta cambiando. La musica alternativa ha sempre più ascoltatori, anche se è ancora spesso costretta a rientrare in standard sonori troppo puliti.
Detto questo, ci sono artisti che hanno sovvertito le regole — penso a Tyler The Creator, Lil Yachty , ma anche ad altri che disco dopo disco stanno riscrivendo il pop da dentro. È ovvio: se vuoi arrivare su certi palchi, qualche compromesso ci vuole. Ma non devi perdere l’anima.

C’è un artista o un disco a cui avete guardato come ispirazione, anche solo emotiva?
Assolutamente. L.A. Salami è stata una delle prime ispirazioni, per quel suo modo di fondere folk e rap in modo sincero. Poi Saba, e produttori come Kenny Segal, Lil Ugly Mane che lavorano con un suono rarefatto, underground, ma pieno di atmosfera.


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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata ”Calma”, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno

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Il racconto di una corsa affannosa verso la tanta agognata Calma, il nuovo brano di Alessandro, in uscita il 13 giugno per Honiro Label

Come scriveva il buon Pascal, il divertissement ci distrae dalla fatica di vivere il mondo, dalla noia asfissiante e da quelle domande che sanno inglobare i pensieri in una matrioska infinita e spesso fuorviante. Quindi, da qui nasce il desiderio di rimanere dentro la frenesia, che, allo stesso tempo, logora ogni parte della nostra anima. Tra sonorità pop e folk, l’artista compie un delicato viaggio di crescita in cui non si cerca necessariamente una soluzione del paradosso, ma di trovare nella baraonda uno spiraglio di serenità.‘’Ho scritto ‘’Calma’’ volendo comunicare il mio bisogno di essere sempre attivo, fare qualcosa, tenere la mente e il corpo mai fermi, perché anche un breve momento di nulla porta la mia testa a fare pensieri infiniti in loop, che non finiscono mai. Però, allo stesso tempo, vorrei respirare. Vivo dentro un paradosso dal quale non riesco ad uscire, dove rimango con lo stesso caos da cui vorrei scappare’’ – ci racconta l’artista.

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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e ”zero ore di sonno”, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno

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Sognando ad occhi aperti con tanta voglia di futuro e zero ore di sonno, il primo EP di sedici, in uscita il 13 giugno per Honiro Label e Luppolo Dischi.

Un percorso che non è mai a senso unico, tra la vita di tutti i giorni che teletrasporta le nostre emozioni da un estremo all’altro e il desiderio di andare oltre, immedesimarsi in un dopo che ancora non vediamo, ma che ci spinge sempre a migliorarci, a crescere. Con atmosfere teen pop e una penna marcatamente gen z, sedici riesce a mettere a nudo non solo le sfide che si affrontano nel ‘’diventare grandi’’, ma anche quell’energia che riesce a rendere ogni esperienza unica nel suo genere, che dà la forza di conquistare il mondo.

“0 ore di sonno” è il manifesto della mia età, del mio stile di vita, e della mia musica. Giorni che si mescolano alle notti, ore passate a scrivere canzoni, a vivere, a rincorrere emozioni. Alla mia età ci sono giorni in cui non si dorme, e altri in cui si dorme di giorno per recuperare, perché la notte è troppo piena di idee, pensieri, storie da raccontare. Da una parte racconto l’ansia del futuro, dall’altra la voglia di prendersi il mondo. Abbiamo tutto il tempo e il dovere di farlo. – ci racconta l’artista.

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