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FRIZ CI RACCONTA IL SUO ALBUM “FALAFEL NOSTALGIA”: “desideravo racchiudere tutte le sfumature del mio universo artistico in un unico progetto”

“Falafel Nostalgia” è questo il titolo del nuovo album di Friz per Vulcano, un disco composto da dieci tracce, mood e sound completamente diversi tra loro che però, insieme, danno vita ad un progetto unico nel suo genere. Il rapper ha infatti deciso di unire il suo background di matrice principalmente urban con molte altre influenze stilistiche che hanno portato alla stesura dei brani come fossero un vero e proprio flusso di coscienza. Non manca di certo la parte emotiva, che si articola tra nostalgia, riflessività e speranza per il domani.
Chi meglio di Friz poteva raccontarci questo album? Noi di Honiro Journal lo abbiamo intervistato!

Volendo partire proprio dal titolo di questo progetto, cos’è per te la nostalgia? Come la vivi? Come mai l’esigenza e il desiderio di volerla raccontare in un album?
Sicuramente all’interno del disco e di ogni singolo brano è molto presente questo colore, questa nostalgia che citi. Poi devo dire che, secondo me, l’accostamento di queste due parole richiamino, sotto alcuni punti di vista, un immaginario quasi cinematografico. Il titolo del progetto inoltre vuole racchiudere l’intera atmosfera dell’album.
Nel comunicato stampa si legge che con questo album continui a reinterpretare la tua esperienza, tra ambizione e desiderio di fuggire da alcune imposizioni. Come credi si possa ritrovare un aspetto importante come l’ambizione al giorno d’oggi in cui, potremmo dire, si è un po’ persa?
Bella domanda, onestamente credo non sia facile. Penso che si debba capire anche cosa ognuno di noi intenda come ambizione, secondo me esistono diversi tipi di ambizione, perché in fondo ognuno di noi ha obiettivi soggettivi e differenti. In questo caso, l’ambizione nel pubblicare un disco credo sia il riuscire ad esaudire il desiderio di comunicare un messaggio ben preciso, e magari anche di far in modo che l’ascoltatore entri in empatia con le tracce. La mia scrittura è molto personale, cerco spesso di parlare di ciò che percepisco o che vedo, ovviamente questo aspetto è accostato alla dote terapeutica della musica e alla spensieratezza del processo creativo.
“Se avessi avuto un po’ più numeri e meno poesia… magari sarei un grande”. Credi che i numeri stiano oscurando la poesia della musica?
Mi dispiace dirlo, ma purtroppo credo che in alcuni casi sia vero. Penso che la musica sia lo specchio della società e del periodo che stiamo vivendo perciò lo trovo, non dico naturale, ma comunque amaramente coerente con questo presente. Questa mia frase potrebbe anche avvolgere altre situazioni al di là degli stream, è sicuramente una riflessione che ho fatto ad alta voce.
Il disco si articola tra rap, hip hop, diverse sfumature urban e RnB. Da dove arriva la volontà di mischiare tutte queste influenze?
Questa impronta stilistica arriva e cresce man mano, ho scritto molti brani prima di selezionare quelli che poi sarebbero andati a comporre l’album. All’interno del disco ci sono dieci tracce, tutte diverse tra loro ma anche tutte legate da uno stesso flusso di coscienza. Ho scelto di spaziare così tanto tra i generi perché volevo che questo progetto restituisse un’immagine completa della mia personalità artistica e della mia musica. Il mio background arriva sicuramente dal rap ma mi piace anche molto il jazz e molti altri stili e influenze.
“Perdiamo l’essenza immersi nella società dell’apparenza” è una frase molto bella contenuta all’interno di quest’album. Come pensi potremmo tentare di far tornare l’essenza al primo posto?
Ci credo molto in questa frase, purtroppo penso che sia sotto gli occhi di tutti il fatto che siamo immersi in una società che punta moltissimo sull’apparenza, anche tramite i social. E’ difficile rispondere, sicuramente però lavorare su noi stessi e sulla quotidianità può aiutare, anche magari iniziando a creare musica non per l’aspettativa legata ai numeri, alle cifre e alla classifica.
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Ci sono canzoni che non si limitano a suonare bene, ma ti restano dentro, ti fanno riflettere, ti fanno sentire meno sol*. “Mille Volte”, il nuovo singolo delle EMSAISI

Ci sono canzoni che non si limitano a suonare bene, ma ti restano dentro, ti fanno riflettere, ti fanno sentire meno sol*. “Mille Volte”, il nuovo singolo delle EMSAISI, in uscita venerdì 31 gennaio per Spaghetti Unplugged e ADA Music Italy, è una di quelle canzoni.
Con delicatezza e profondità, le EMSAISI ci portano in un mondo fatto di emozioni sincere e pensieri non detti, affrontando una realtà che troppe donne conoscono bene: la difficoltà di sentirsi sicure nello spazio pubblico. “Mille Volte” è una confessione, ma anche una dichiarazione di forza. È il racconto di un’esperienza personale che diventa universale, di una solitudine che si dissolve quando ci si riconosce parte di qualcosa di più grande.
“Come nuovo singolo abbiamo scelto un pezzo che rivolge lo sguardo verso chi siamo state e alle noi che stiamo diventando. Sentiamo di camminare al passo con il nostro progetto, che stiamo amando tanto”
Il testo è un alternarsi di ombre e luci, come i pensieri che ci accompagnano nei momenti più difficili. “Ho già fatto mille passi, tu non mi raggiungi”, canta il trio romano, mescolando una voglia di fuga a un’irresistibile determinazione a restare. Ogni verso è un passo avanti, ogni nota un invito a guardarsi dentro e a non cedere.
Le sonorità soft pop del brano abbracciano l’ascoltatore, creando un’atmosfera intima ma potente, perfetta per amplificare un messaggio che parla al cuore e alla mente. È una musica che consola, ma non si accontenta di farlo: vuole scuotere, far riflettere, ricordarci che siamo più forti insieme.

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A odio e invidia rispondo con” Bidibambombom”, intervista a E.L.F.O.

E.L.F.O., rapper di Reggio Calabria attivo dal 1998 e da anni ormai con base a Ferrara, aveva già sorpreso il pubblico nell’aprile 2024 con la pubblicazione del suo secondo disco solista dal titolo Dream.
Il disco, fuori per l’etichetta ravennate PMS Studio e distribuito da Virgin Music Group, con le sue undici tracce Hip Hop è stato menzionato dai più importanti siti di settore e ha ottenuto ottimi risultati anche dal punto di vista della promozione radiofonica.
A distanza di mesi, esce a sorpresa un nuovo brano di E.L.F.O.: BIDIBAMBOMBOM. Il singolo, prodotto da Raffaele Montanari per PMS Studio, esce sempre per PMS con distribuzione Virgin Music.
BIDIBAMBOMBOM apre il 2025 con ironia e rappresenta una vera e propria contro-risposta di E.L.F.O. nei confronti della società giudicante e nei confronti dei microsistemi che intossicano il mercato musicale.
In questa intervista abbiamo cercato di capire il significato del titolo e come è nato il brano.

Prima di parlare del nuovo singolo, a distanza di mesi, come è andato il disco Dream? Ti ha dato soddisfazioni o qualcosa poteva andare meglio?
Dream è andato forte! Molto forte! Ci sono tante cose in ballo ancora legate al disco. Vediamo come va. Chiaramente un artista si aspetta sempre di più. Come mi disse un giorno Francesco Carlo “ ti devi meravigliare quando fai il disco d’oro! Tu hai sempre fatto buona musica.” Quindi proviamo a fare meglio no?
BIDIBAMBOMBOM. Questo è il titolo del tuo nuovo pezzo. Come mai questa scelta? C’è qualcosa di provocatorio o legato al tema del brano?
Ma il titolo richiama il ritornello con un tono sarcastico Bidibambombom. C’è un’immagine nel video che dice sott’inteso “Suka”. E ‘ la prima volta che uso termini appropriati alla situazione. Nella mia vita ho ricevuto molto odio e per fortuna anche tantissimo affetto. La gente ti odia semplicemente perché sei allegro non sanno cosa puoi nascondere, i dolori che si sono stratificati dentro di te. Ci hanno provato per l’ennesima volta dopo l’uscita di Dream. Mi sono trovato a non dormire di notte per una cosa che ha del surreale (va fa beni si rici a Riggiu) e questa è la mia risposta ”Bidibambombom”.
Di cosa parli quindi in BIDIBAMBOMBOM?
Parlo di quello che avviene naturalmente ogni giorno: invidia, odio gratuito. Tutte componenti che formano o sformano la società di adesso chiaramente in chiave ironica. Quest’estate, come ormai da anni, ho fatto un camp con bimbi che hanno un po’ di difficoltà sociali, un po’ come ero stato io da piccolo. C’erano degli aiutanti che mi hanno fatto sentire trap tutto il mese dicendomi “senti che rime” come se mi stessero descrivendo Dante Alighieri, allora ho scritto qualcosa di prettamente ironico con un po’ di messaggi diretti.
Un aneddoto sul video?
Abbiamo fatto le scene del combattimento ed il regista continuava a farcene fare una dopo l’altra. Dopo due ore, credevo di sciogliermi, ero disintegrato. Con me c’era Buggy campione italiano Iaksa, uno dei miei allievi della squadra di Ferrara Fighters team.
Al di là dell’aspetto discografico, stai lavorando ad altri progetti?
Assolutamente sì! Sto scrivendo un libro, alcuni testi per dei concorrenti di amici e altre cose molto carine che però non posso anticipare.
Propositi del 2025?
Fare buna musica e tanti live che sono la mia anima.
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Torna Livrea con ”Mistiche Vibre”, un omaggio a Neffa e alla forza autentica della musica

La musica vera nasce da momenti irripetibili, da connessioni profonde tra anime affini che si fondono in suoni capaci di sfidare il tempo. È da questa visione che prende forma la versione di “Mistiche Vibre” (Zona Neutrale / Takabisha Dischi “Talento Liquido” / Believe) firmata da LIVREA, un omaggio rispettoso e audace al capolavoro di Neffa, trasformato in un viaggio emozionale.
Tutto è iniziato durante un viaggio in auto verso il conservatorio di Rovigo, in un febbraio sorprendentemente caldo. Quel tragitto tra le lande del Polesine ha acceso l’intuizione di riarrangiare il brano, inizialmente pensato per i live. Ma la scintilla è diventata fuoco: il pezzo ha preso vita in studio, arricchendosi di sfumature e significati, fino a diventare una pietra angolare del nuovo progetto di LIVREA, “Diario di scavo”.
Questa nuova versione di “Mistiche Vibre” è il frutto di un’esperienza collettiva. Grazie alla produzione di Duck Chagall, il brano è stato costruito interamente attraverso una presa diretta in studio, dove Livrea, accompagnata da Pietro Girardi, Amedeo Abdul Jabbar, Davide Lorenzetti e Giovanni Sempreboni, ha dato vita a ore di sperimentazione musicale. È così che, strato dopo strato, sono nati pattern ritmici e armonici capaci di esplorare nuove dimensioni, rendendo protagonisti i musicisti e le loro emozioni.
Il risultato è un brano che trascende i generi: un mix sofisticato di nu soul contemporaneo, tromboni jazz che ruggiscono come barriti di elefanti e voci che evocano richiami arcaici. Ogni nota risuona di autenticità, come un tessuto di seta cucito addosso.
Attraverso una resa vocale che vibra di una sensibilità interpretativa unica, LIVREA riesce a catturare un’umanità frammentata, sospesa tra conflitto e possibilità di rinascita. Ogni sfumatura della sua voce e ogni scelta musicale sembrano scavare nelle emozioni più crude e reali, per poi lasciar emergere una speranza luminosa. È come osservare una pietra grezza, che grazie al tempo e alla cura si rivela brillante e preziosa, pronta a riflettere luce e significato.

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